"Liberalismo e Cattolicesimo. I mercanti del tempio" di Roberto Marchesini

E' possibile essere contemporaneamente cattolici e liberali?

E’ una delle tante domande che si pone lo psicologo Roberto Marchesini nel suo recente testo, “Liberalismo e Cattolicesimo. I mercanti del tempio”. Pubblicato da Sugarcoedizioni (2021; pag. 195, e.18,00) Sono compatibili, cattolicesimo e liberalismo? Quali sono i punti di contatto, e quali le differenze tra queste due filosofie? Quale può essere il giudizio della Chiesa sul liberalismo e sulla sua versione economica, il liberismo?

Ancora è più preciso Marchesini: cos’è il liberalismo? Difesa della libertà personale, della proprietà privata, anti-statalismo, concorrenza, bene comune, tolleranza, sussidiarietà? Oppure c’è dell’altro?

La risposta cercheremo di averla leggendo il libro.

Durante la guerra fredda l’ideologia liberale e il cattolicesimo hanno avviato un processo di avvicinamento in funzione anti-sovietica. Ora a trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, questa alleanza ha ancora senso? Si chiede Marchesini.

L’ideologia che ha vinto il confronto con il comunismo e che, dopo la “cortina di ferro” sembrava destinata a governare il mondo, pare aver perso gran parte del suo fascino. Liberato da quello che sembrava essere il suo antagonista, il comunismo marxista, il liberalismo ha mostrato ai popoli un volto meno amichevole e invitante, sempre più simile a quello dell’antico avversario.

Francesco Borgonovo, vice direttore de La Verità, in un articolo fa riferimento ad una intervista rilasciata nel 2006 da Aleksandr Solzhenitsyn, premio Nobel per la letteratura disse: “i diritti umani illimitati, senza alcun freno morale, sono proprio quelli di cui godeva il nostro antenato delle caverne quando niente gli impediva di sottrarre una preda succulenta al cacciatore più fortunato, magari accoppandolo con il randello”. Cin queste parole il grande scrittore intendeva rimarcare la necessità di una “posizione terza”. Naturalmente scrive Borgonovo, “nessuna nostalgia dell’Unione sovietica che lo aveva spedito nel gulag, ma neppure adesione fanatica e acritica al modello euroatlantico di democrazia liberale”. (F. Borgonovo, Francesco condanna l’abbuffata di missili ma stavolta i media spengono i microfoni, 25.3.22, La Verità).

Il giornalista continua con la citazione di Solzhenitsyn: “l’attuale democrazia occidentale versa in una crisi grave ed è difficile prevedere come ne uscirà. Per noi invece la giusta via non è ricalcare modelli altrui ma, senza allontanarci dai principi democratici essenziali, perseguire il benessere fisico e morale del popolo”.

Naturalmente fa notare Borgonovo, che questo benessere soprattutto morale, passava inevitabilmente, per la difesa dei valori tradizionali, per la conservazione della fede, per la coscienza della ‘differenza’ e dell’originalità russa.

Del resto, il premio Nobel aveva approfondito questo tema nel celebre discorso all’università di Harward, il cui senso era: rigettiamo il comunismo, ma non per buttarci fra le braccia di un sistema solo apparentemente libero e puro.

Probabilmente precisa Borgonovo, per via di queste idee poco utili alla propaganda sulla “fine della storia”, Solzhenitsyn fu sostanzialmente dimenticato in Occidente pochi anni dopo la sua uscita dall’Unione sovietica.

Le riflessioni dell’indimenticabile dissidente ci dovrebbero servire di lezione, dimostrando che la ricerca di una “terza via” è possibile e forse addirittura doveroso intraprenderla. Ecco il libro di Marchesini aiuta a capire come l’altro sistema, oltre a quello socialista totalitario, può arrivare a diventare anch’esso totalitario, nonostante il nome.

Il pensiero liberale, scrive Stefano Fontana nella introduzione “ha una dimensione filosofica, una teologica, una politica e una economica”, in pratica riguarda tutti gli aspetti della vita. Naturalmente la chiave di lettura per capirlo rimane quella filosofica, dato che il pensiero parte dal razionalismo di Cartesio. Il razionalismo per Fontana è il padre non solo dell’assolutismo moderno, ma anche del totalitarismo, di tutti i totalitarismi, anche quelli in versione democratica, che si fondano sul relativismo, dove non esiste nessuna Verità. La libertà viene prima della Verità, pertanto la dignità dell’uomo consiste nella sua libertà senza restrizioni.

Nella prefazione Marchesini cerca di fare qualche chiarimento sul significato che ha in Italia il termine “liberale”: “sta per destra”; negli Usa, “liberal”, sta per sinistra.

Nello stesso tempo Marchesini chiarisce cosa intende lui per “destra” e per “sinistra”, si fa aiutare dal professore Plinio Correa de Oliveira, studioso del fenomeno rivoluzionario. E qui cita il celebre testo, “Rivoluzione e Controrivoluzione”, dove lo studioso brasiliano, definisce la Rivoluzione come un processo a due velocità. Una rapida, l’altra molto lenta. Bene la “sinistra”, è la rivoluzione a velocità rapida; la “destra” a velocità lenta. Pertanto il liberalismo è una rivoluzione lenta e pertanto secondo de Oliveira, è destinata al successo.

Marchesini conclude che il contro-rivoluzionario non è il liberalista, né il nazional-socialista e nemmeno il fascista (ammesso che al giorno d’oggi sia possibile esserlo). Il contro-rivoluzionario non è un conservatore e non è nemmeno un reazionario, non si tratta di idealizzare un passato, potrebbe essere un tradizionalista. In breve per Marchesini il contro-rivoluzionario, è chi si oppone alla rivoluzione, cioè alla ribellione contro il logos. L’unico controrivoluzionario è il cattolico, perché il logos, facendosi carne, ha fondato la Chiesa cattolica.

Nel I capitolo, Marchesini spiega che cosa non è il Liberalismo. A questo proposito cita il sociologo americano Rodney Stark, poi Michael Novak. Prende in esame il concetto di Stato “liberale”, del principale teorico John Locke, quindi il neo-liberismo, l’ordo-liberismo. Per vedere l’essenza del liberalismo occorre rivolgersi altrove afferma Marchesini. Bisogna partire da una piccola storia, che comincia a Firenze nel Medioevo, per poi passare in Inghilterra, a Londra con lo scisma anglicano.

Siamo al 2° capitolo, dove il nostro autore descrive come nasce il capitalismo e il riferimento filosofico è Francis Bacon con la sua opera utopica “La nuova Atlantide”, poi proseguita dal suo segretario Thomas Hobbes. Poi Marchesini prende in esame tutti protagonisti di questa esperienza filosofica del liberalismo inglese, a partire da Locke, Newton, Hume, Malthus, Darwin, Huxley. In queste pagine di storia filosofica – scrive Marchesini, si incontrano diversi aspetti, l’usura, la magia, l’alchimia, l’astrologia.

E poi ci sono adulteri, scismi, espropriazioni di beni della Chiesa, rivoluzioni, pirateria, imperialismo, colonialismo, eugenetica. Tutto questo per il professore “è una conseguenza del liberalismo, non ne costituisce l’essenza. Per compiere tutti questi delitti, i liberali hanno dovuto rifiutare la legge naturale e le sue manifestazioni, le leggi morali e religiose”. Inoltre, per raggiungere questi obiettivi questi filosofi hanno dovuto abbracciare il protestantesimo, deridendo la metafisica, insultando Aristotele. “Hanno creato dal nulla una nuova filosofia che giustificasse le loro azioni; ne hanno fatto lo strumento per costruire un Mondo nuovo che fosse a loro gusto. In poche parole, hanno rifiutato il logos.

Marchesini sentenzia è questo il liberalismo, “il padre di ogni altra rivoluzione: quella protestante, quella illuminista, quella marxista”. Perché per affermarsi il Liberalismo, ha dovuto distruggere tutto un mondo costruito in armonia con il logos. E qui Marchesini cita l’enciclica “Immortale Dei” del Pontefice Leone XIII, per descrivere il mondo che ha distrutto le teorie liberali. Quel mondo, “in cui la filosofia del Vangelo governava la società…”.

Il 3° capitolo (Il Magistero e il Liberalismo) ci offre una analisi sintetica dove emerge innanzitutto una straordinaria compattezza nel magistero pontificio, a partire da Leone XIII nei confronti del liberalismo filosofico ed economico e delle sue appendici. Nei documenti del magistero dei Papi, secondo Marchesini, risulta “una granitica coerenza del Magistero pontificio nella critica al liberalismo, sia dal punto di vista filosofico che economico”. In un certo senso sembra che in quasi due secoli i papi confermano quanto scrive Michael Novak: “[…] il sistema politico del capitalismo democratico non può, per principio, essere un sistema cristiano”.

A questo punto il testo passa in rassegna i vari corollari del liberalismo confrontandoli con l’insegnamento della Chiesa. C’è una netta contrapposizione tra i due sistemi e non può esserci nessuna conciliazione. Non si comprende scrive il nostro autore, come si possa opporre ai “nuovi diritti” (aborto, divorzio, matrimoni gay, fecondazione artificiale, maternità surrogata…) e allo stesso tempo approvare il liberalismo sul quale si fondano?

IL 4° capitolo, il libro cerca di approfondire la cosiddetta “scuola economica francescana”, che secondo alcuni rappresenta la perfetta sintonia tra il liberalismo e il cattolicesimo. Ma alla fine, appare l’esatto contrario. L’artefice di questa teoria, dichiarata eretica, è Pietro di Giovanni Olivi, un frate, uno dei peggiori eretici della storia della Chiesa.

Il 5° capitolo si occupa della distinzione tra i due liberalismi, uno cattivo e uno buono, quello insulare inglese e quello continentale, francese. Di solito scrive Marchesini per giustificare questa distinzione si si fa riferimento a Edmund Burke, al suo testo, “Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia”, nella quale Burke esprime la sua avversione. Non sto qui ad analizzare la questione, vi lascio alla lettura del libro. Certamente esistono, tra il liberalismo anglosassone e quello continentale, alcune differenze, così come esistono tra i vari autori, è stato sempre così per ogni scuola filosofica. Interessante da leggere tutto l’ultimo capitolo (“Scilla o Cariddi”).

Uno degli argomenti dei cosiddetti catto-liberali è che l’alternativa al socialismo è il liberismo. Se sei anti-comunista devi essere liberista. Un’altra posizione è impossibile. Attenzione però qui Marchesini precisa che la Dottrina Sociale della Chiesa non è una terza via, tra il capitalismo liberista e il collettivismo marxista e non è neanche una ideologia, essa è una categoria a sé. Il Magistero insegna per esempio che il socialismo è una conseguenza del capitalismo, lo afferma Leone XIII nell’enciclica Rerum Novarum.

Mentre il pensatore cattolico spagnolo Juan Donoso Cortes, nel suo libro, intitolato, “Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo”, scrive chiaramente che il socialismo è una conseguenza del liberalismo. “La scuola liberale, altro non ha fatto che porre certe premesse che hanno dato le conseguenze socialiste”. Sostanzialmente il socialismo spinge alle estreme conseguenze ciò che nel liberalismo è semplicemente in embrione.

Ritornando al dualismo, liberalismo e comunismo, come proposto nel libro di Francis Fukuyama, “La fine della Storia e l’ultimo uomo” con la vittoria del primo sul secondo, tra bene e male. E’ uno schema che possiamo anche rifiutare, non è uno schema di pensiero cristiano.

Il testo si conclude con due appendici (I protagonisti), quelli che meglio rappresentano l’idea della compatibilità tra liberalismo e cattolicesimo. E (L’Americanesimo), una corrente di liberalismo in cui si ritorna alle dottrine protestanti.

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 28/03/2022