Riccardo Gualino il magnifico sognatore - Il personaggio
Riccardo Gualino (Felice Casorati)

Una sintetica riflessione su questa eccezionale figura (di Riccardo Manzini)

Un obiettivo che si è sempre presentato difficile, se non arbitrario, è quello di stilare una graduatoria di merito per personaggi che, nel loro percorso umano e professionale, hanno dimostrato eccezionali capacità intellettuali, imprenditoriali, di mecenatismo e di filantropia...

Tuttavia, tenendo conto di questa premessa limitativa, ci sembra impossibile non includere in questo “aureo contenitore” il personaggio Riccardo Gualino (Biella, 25 marzo 1879 – Firenze, 6 giugno 1964) mirabilmente riassumibile nel trinomio particolare di persona “eclettica, poliedrica e imprevedibile”.

Riccardo Gualino resta una figura che ha attraversato con intelligenza, audacia e con impressionate determinazione innovativa e visionaria la fine dell’Ottocento e la prima metà del tumultuoso Novecento, creando le premesse per una nuova rivoluzione imprenditoriale e industriale. Una vita contrassegnata da una attività avventurosa e frenetica in tanti campi dell’agire umano, dimostrando sempre una vivacità nell’interpretare con anticipo e realizzare riposte concrete alle nuove esigenze dei ceti sociali emergenti

Ci giunge in merito un primo articolo relativo a “Il magnifico sognatore Riccardo Gualino”, del dottor Riccardo Manzini, medico chirurgo ed egittologo di lungo corso, ma anche attento osservatore di importanti personaggi, ormai consacrati nella storia, che hanno lasciato una incancellabile eredità culturale nella società contemporanea.

Nel ringraziare l’Autore, per la sua precedente e attuale collaborazione, auguriamo buona lettura (m. b.).

 

Il magnifico sognatore Riccardo Gualino

1) il personaggio

 

Tra i grandi nomi della storia dell’imprenditoria italiana che ebbero una visione non solamente finalizzata al guadagno, come Olivetti, Crespi, Leumann e pochi altri, spicca la figura di Riccardo Gualino per la geniale creatività professionale molto in anticipo sui tempi e per la sua passione per la cultura che volle anche diffondere impegnando ingenti patrimoni, ma soprattutto per la quasi radicale damnatio memoriae cui fu soggetto e che perdura tuttora.

Se infatti l’operato di quegli imprenditori è stato al più solamente dimenticato dalla società italiana, quello che stupisce della parabola di questo personaggio cui l’economia e la cultura italiana devono molto è invece l’accanito silenzio ed il persistere del connotato totalmente negativo creato dal Fascismo che lo condannò su pressione di altri imprenditori la cui fama era stata offuscata da questa geniale meteora.

In ambito imprenditoriale è innegabile la sua versatilità e genialità nell’aver creato e dato impulso ad alcune delle maggiori imprese italiane che aprirono la strada in settori non ancora percorsi o ai quali diede nuovo vigore (slide 1) quali la seta artificiale, cementifici, imprese di navigazione, la cantieristica, aziende chimiche, l’industria del cuoio rigenerato, quella idroelettrica, la produzione cinematografica, l’editoria ed industrie alimentari.

In questi ambiti creò colossi come la Snia Viscosa, la Rumianca, la Venchi Unica, la Salpa, la Lux Film o quello che oggi è l’Italcementi, oltre a molte altre che hanno costituito altrettanti capisaldi dell’economia nazionale del secolo scorso. Ebbe un ruolo molto importante anche nello sviluppo della FIAT di cui divenne anche vicepresidente e poi amministratore delegato, tanto che negli anni 20 a Torino, in Italia e nel mondo Riccardo Gualino era quasi sinonimo di potere assoluto. A suo merito va per altro ascritto che, come gli altri tre imprenditori citati, ricercò sempre uno sviluppo armonico di un’imprenditoria rispettosa del sociale (slide 2).

Per avere un’idea dell’importanza imprenditoriale di Gualino basti pensare che all’epoca cercarono una collaborazione con le sue aziende Giovanni Agnelli, Ansaldo, Piaggio, la Cinzano, la Tobler, la Florio e moltissimi gruppi industriali e finanziari mondiali (Chamberlain).

Ma fu anche un grande mecenate ed amante della cultura, nel cui ambito svolse un ruolo preminente assumendo come consigliere il critico e storico Lionello Venturi, tramite il quale scoprì e sostenne artisti come Felice Casorati (slide 3), i Sei di Torino (Boswell, Chessa, Galante, Levi, Menzio e Paulucci), De Pisis, Mafai, Scipione, Manzù, Morandi, Carrà, De Chirico e molti altri.

Con grande impegno economico acquistò, ristrutturò (con un allestimento affidato a Chessa) e gestì a proprie spese il Teatro di Torino (slide 4) per “sollevare e modernizzare la cultura torinese” e donare ai torinesi una visione più internazionale a prezzi abbordabili facendo conoscere il progresso artistico oltre i confini.

A tal fine richiamò a Torino (slide 5) grandi letterati, musicisti, famosi danzatori quali i Balletti Russi di Diaghilev o Loïe Fuller (slide 6), ma presentò anche danze etniche, esibizioni di cori nazionali ed internazionali (Coro Russo dello Stato), ed organizzò innovative serate jazz, di musica d’avanguardia ed una Pantomima futurista di Prampolini.

La sua sincera passione per la cultura volle soddisfarla anche nella sua villa di via Galliari dove fece costruire un piccolo teatro privato progettato e decorato da Casorati (slide 7) oltre ad una villa in collina (non completata) destinata ad ospitare studi ed abitazioni per artisti ed allestire esposizioni (slide 8), e culminò con la donazione alla città di Torino della collezione che ancora oggi costituisce una delle raccolte più preziose della Galleria Sabauda (slide 9).

Egli trascorse la sua vita imprenditoriale in perenne stato di eccitazione creativa e le sue idee vulcaniche precorsero costantemente i tempi, ma urtarono sempre contro i medesimi due ostacoli: la sua visione del mondo troppo radicalmente innovativa e le riserve dei suoi associati, raramente disposti come lui ad impegnarsi anche con capitali propri in nuove iniziative, cui conseguirono continui e rilevanti alti e bassi del suo ingentissimo patrimonio.

Con la sua fulminea ascesa si procurò infatti numerosi nemici e molte invidie, ma raggiunse le più alte vette della potenza finanziaria mondiale per poi rovinare vertiginosamente di colpo ai limiti della bancarotta personale. Con incredibile audacia e genialità riuscì però sempre a risorgere ai fasti precedenti con una lungimiranza, una fermezza, una decisione ed una freddezza che gli venne riconosciuta anche dai detrattori.

Il suo crollo sociale e finanziario (1930) fu dovuto alle distanze che aveva sempre tenuto dal Fascismo sebbene questo l’avesse fino allora portato ad emblema dell’industriale italiano, come è testimoniato dalla sua lettera a Mussolini del 1927 in cui criticava apertamente le scelte economiche del Governo, che gli causò l’isolamento da parte degli industriali e finanzieri italiani allineati con il Regime. In particolare, un ruolo preminente in tale vicenda sembra averlo avuto il senatore Agnelli, forse perché aspettava dal 1921 l’occasione di punirlo per lo “sgarbo” di essere stato per poco tempo “padrone della sua FIAT”.

In tale occasione non ebbe infatti alcun sostegno dagli altri grandi imprenditori italiani (Pesenti, Perrone, Agnelli, Ansaldo, Piaggio, Falk ecc.) i quali, sebbene ne avessero cercato sovente la partecipazione, lo avevano sempre tenuto lontano dal “salotto bene” per snobismo, forse perché la sua fortuna economica era stata costruita dal nulla e non proveniva come le loro dagli immensi patrimoni di famiglia.

A dimostrazione di questa ostilità si pensi che a salvarlo dal crollo finanziario del 1930 sarebbe bastato un intervento di liquidità di entità inferiore a quella che era stata e venne successivamente attuata in moltissimi altri casi.

Probabilmente il suo disegno creativo non era solamente in enorme anticipo rispetto ai tempi, ma la sua visione del mondo poteva anche essere condivisa teoricamente ma nella pratica era del tutto utopica, come dimostrano alcuni suoi brani: “...se l’umanità potesse lavorare in pace, senza restrizioni, eccessiva burocrazia ed infiniti perditempo, raggiungerebbe una prosperità mai vista...” e poi ancora “...abbia il Governo coraggio, non affligga i cittadini ed i produttori con leggi spogliatrici e di scarsa efficacia collettiva. Ricordi che il benessere di uno Stato proviene da quello della sua società e che è fondamentale che si crei per i cittadini la gioia del lavoro affinché questo sia competitivo”.

Ma Gualino è stato anche uno dei maggiori e più lungimiranti finanzieri del suo tempo: il suo tentativo di rendere indipendenti le sue attività dai finanziamenti bancari acquisendo direttamente alcuni istituti (e provocando in tal modo l’ostilità di quel mondo che si sentì minacciato) costituì infatti una grandiosa intuizione che precorse i tempi di circa 50 anni e che infatti, per ironia, fu motivo nel 1981 e nel 1987 dei premi Nobel rispettivamente agli economisti americani Tobin e Solow.

Forse l’unico dei meriti che viene tuttora riconosciuto a Gualino fu quindi di aver posto per la prima volta, con una visione avveniristica, il problema dell’indipendenza dell’impresa dalle banche (slide 10) e dalla parzialità della Banca d’Italia. Per tale ragione si impegnò anche in imprese finanziarie fondando la Banca Agricola Italiana, poi confluita a costituire l’Istituto San Paolo, e dando grande impulso al Credito Italiano di cui divenne Consigliere d’Amministrazione.

La sua abilità imprenditoriale fu di riuscire a coinvolgere spesso i creditori nelle sue nuove attività, che essendo generalmente molto vantaggiose (quanto meno nei primi tempi) procuravano quasi sempre ampi profitti. Tutto questo fermento di attività economica fu comunque attuato tenendo sempre presente la salvaguardia degli operatori delle sue imprese, ritenendo che un lavoratore felice e protetto fosse molto più produttivo di uno gravato da preoccupazioni.

Certamente questa sua attenzione per l’aspetto sociale non fu altruistico; ma bisogna pensare che negli stessi anni Ford, e quasi tutti gli altri industriali, non si preoccupava del benessere dei propri dipendenti ma solamente della loro tranquillità sociale.

Per comprendere la grandezza e l’unicità di questo imprenditore, riconosciuto anche a livello mondiale come uno dei maggiori e più versatili innovatori del suo tempo, bisogna far mente locale a quella che era la società mondiale tra fine ‘800 ed i primi decenni del ‘900, in cui il mondo europeo si era definito nelle sue diversità economiche e geografiche a seguito di eventi bellici ed iniziava a doversi confrontare con l’espansionismo politico ed economico degli Stati Uniti.

Riassumendo brevemente quell’ambiente in cui operò Gualino basti pensare che non esisteva alcuna tutela sindacale, né contrattuale, né sanitaria del lavoro, che le ore lavorative (slide 11) si aggiravano tra le 8 e le 10 al giorno, che in fabbrica e nelle miniere si lavorava dai 10 anni di età e che fino allora nessuno si era minimamente preoccupato delle condizioni di vita dei lavoratori.

Gualino seppe quindi cavalcare con grande perspicacia e profitto la nascente industrializzazione italiana sbocciata nel periodo giolittiano, partecipando a svilupparla tumultuosamente fino alla rivalutazione della lira al termine degli anni ‘20. Per avere un’idea della vulcanica abilità imprenditoriale di Gualino e dei livelli economici raggiunti è significativo confrontare la rapidità e l’entità stimata dei suoi redditi da impresa con quelli di Giovanni Agnelli (erede di un ingente patrimonio familiare) nel primo decennio del XX secolo (slide 12).

Sono quindi comprensibili gli stati d’animo degli industriali, dei finanzieri e dei politici (sebbene molti abbiano usufruito della sua ascesa rimanendo dietro le quinte) quando in questo quadro proruppe la figura di questo colosso dell’imprenditoria che cercò di sconvolgere, uscendone infine relativamente sconfitto, la realtà economica, finanziaria, l’arte, la cultura e per certi versi anche la Società, non solo italiana.

Poiché le sue multiformi attività imprenditoriali, finanziarie, artistiche e sociali si intersecarono costantemente con la sua vita, credo che il miglior modo di rendergli omaggio, o quanto meno di poterlo valutare per quanto ha effettivamente fatto, sia di seguire la complessa e romanzesca storia della sua vita che verrà riassunta in successivi articoli.

Riccardo Manzini

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Articolo pubblicato il 17/06/2022