La vera guerra è nel Pacifico

In Asia si giocherebbe la vera partita per il dominio globale

Correva il mese di maggio, anno 2021. L’Economist dedicava la sua copertina a Taiwan, definendolo “il luogo più pericoloso del pianeta Terra”.

E non si sbagliava più di tanto. Presi dai luccichii televisivi e mediatici, siamo tutti legati alla questione che più ci riguarda da vicino: l’Ucraina. Dimenticandoci della reale questione internazionale: l’Isola di Formosa.

La Repubblica di Cina, nota a tutti come Taiwan, è simbolicamente una spina nel fianco di Pechino. Emblema del mancato risorgimento della “Cina rossa”.

Ma per capire il presente bisogna fare un piccolo tuffo nella storia. Nel 1949, al termine di una estenuante guerra civile contro i nazionalisti del Kuomintang, Mao Zedong fondò la “nuova Cina”, la Repubblica Popolare Cinese. Agli sconfitti, guidati dal generale Chiang Kai-shek, non rimase altro da fare che fuggire a Taiwan. Da quel momento in poi nacque la Repubblica di Cina, Taiwan appunto. Lo Stato nascituro si proclamò indipendente ma, in contemporanea, fu considerato da Pechino parte integrante del proprio territorio.

L’isoletta posta davanti allo stretto di Formosa è infatti ancora oggi uno dei temi più caldi degli ultimi tempi. Il dominio di Taipei rappresenterebbe infatti per Beijing non solo una svolta simbolica, ma anche strategica e militare.

Le numerose conoscenze tecnologiche sarebbero solo uno degli aspetti di interesse cinese verso l’Isola. L’altro aspetto riguarda il dominio dei mari e la sfida che il Presidente cinese Xi vuole lanciare agli americani e al mondo intero.

Nell’ultimo congresso del Partito comunista avrebbe infatti annunciato che la potenza cinese dovrà superare gli Usa entro e non oltre il 2049. C’è ancora un po’ di tempo, si potrebbe pensare. Si, ma l’spetto più agghiacciante è che a detta di Xi la potenza cinese per affermarsi deve passare per forza da Taiwan, entro pochi anni.

Questo stato di cose implica una reale sfida di una potenza a tutto tondo, non interessata solo a “fare a affari con noi”, come si illudono alcuni osservatori europei, imbevuti di economicismo antistorico. La Repubblica Popolare per affermarsi sta investendo notevolmente sulla flotta oltre che sui missili ipersonici, ad imitazione e superamento di quelli russi.

Dopo diverse schermaglie e provocazioni diplomatiche i cinesi sarebbero passati ai fatti. Già da qualche anno, infatti, numerose esercitazioni diplomatiche vengono effettuate superando i confini marittimi di diversi stati filoamericani: dal Giappone alla Sud Corea, passando proprio per Taiwan. Altre operazioni speciali di prova sarebbero addirittura delle vere e proprie simulazioni di invasione dell’isola.

Ma la temperatura si è fatta incandescente soprattutto in questi ultimi mesi.

La tensione è infatti salita alle stelle proprio a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina. Che, a detta di vari analisti, potrebbe rappresentare l’antipasto di un durissimo scontro tra Stati Uniti e Cina proprio per il controllo di Taiwan, (per inciso riconosciuto come Paese sovrano da pochissimi e ininfluenti Stati ad eccezione del Vaticano). Certo è che in base alla gestione della questione taiwanese non è da escludere l’ombra di un conflitto tra le due superpotenze globali. Oramai siamo abituati alle guerre “per procura”. Un’ipotetica guerra potrebbe così estendersi su larga scala, fino a coinvolgere altri attori e dare vita ad un pericoloso effetto domino mondiale.

Insomma, il tema di Formosa è serio, e il pericolo che si corre lo è ancora di più.

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Articolo pubblicato il 11/07/2022