Iscrizione misteriosa… … dal primo millennio ai giorni nostri di Micaela Balice

L’ignoranza è la notte dell’intelletto, senza luna né stelle. (proverbio italiano)

Il quadrato magico detto SATOR è un’antica iscrizione latina composta da cinque parole (SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS) che danno luogo a un palindromo, ovvero si possono leggere da sinistra a destra, dall’alto al basso e contemporaneamente da destra a sinistra, dal basso verso l’alto.

 

Nelle forme quadrata o rettangolare è visibile su numerosi reperti archeologici, i più antichi dei quali risalgono al primo secolo dopo Cristo e sono stati rinvenuti a Pompei.

 

Ne sono stati rinvenuti esempi a Roma, nei sotterranei della basilica di Santa Maria Maggiore, nelle rovine romane di Cirencester (l’antica Corinium) in Inghilterra, nel castello di Rochemaure (Rhône-Alpes), a Oppède in Vaucluse, a Le Puy-en-Velay, nella corte della Cappella di Saint-Claire, sulla parete del Duomo cittadino di fronte al Palazzo Arcivescovile a Siena, sulla facciata della Chiesa di Santa Lucia a Magliano de’ Marsi, nella Certosa di Trisulti a Collepardo, a Santiago di Compostela in Spagna, nelle rovine della fortezza romana di Aquincum in Ungheria, a Riva San Vitale in Svizzera, solo per citarne alcune.

 

Nella Collegiata di Sant’Orso ad Aosta la forma del SATOR è presente in uno splendido mosaico proprio presso l’altare.

La sua forma è circolare e sempre palindroma. Inoltre è scritta in modo speculare come se mezza frase si riflettesse nell’altra metà e a fare da specchio ci fosse un asse immaginario che passa tra la croce inscritta in cima e la N di TENET che è al suo opposto.

 

Gran parte di queste iscrizioni risalgono al primo millennio, da quelli ritrovati a Pompei fino al mosaico di Aosta databile attorno al 1000 dopo Cristo.

 

Le speculazioni sul significato di questo gioco di parole sono state molte e hanno disturbato misteri esoterici, Dio ovviamente e il Pater Noster.

Online è possibile trovare diversi articoli di vari autori, così come nelle riviste relative a tale argomento.

 

Tralasciando molte di queste interpretazioni, mi piacerebbe portare l’attenzione su un percorso interpretativo meno elaborato, forse, ma più vicino al mondo agrario e contadino di cui abbiamo finora parlato.

 

Se si fa una traduzione letterale dell’iscrizione dalla lingua latina si ottiene la seguente frase: il seminatore (SATOR) AREPO (non traducibile in latino) tiene o governa (TENET) il lavoro (OPERA) delle ruote (ROTAS).

 

Ovviamente una lettura cristiano-cattolica di tale iscrizione viene spontanea e immediata in quanto la scritta si trova sovente in chiese e luoghi di culto.

Pertanto il seminatore diventa il Dio Creatore che regge l’opera delle sfere celesti. Ma AREPO non torna da nessuna parte.

 

Un’interessante lettura arriva dal seguente suggerimento.

AREPO pare che sia una parola di origine celtica riferita all’aratro chiamato in Gallia “arepos”.

 

Come propone Federica Pagliari in un articolo apparso sul sito del Centro di Ricerca PRISTEM dell’Università Bocconi di Milano: niente di più facile che il celtico “arepos” sia stato corrotto nel latino “AREPO”.

Come controprova dalle pagine di una Bibbia greca del XIV sec. balzò fuori una traduzione del Sator dove la parola AREPO corrispondeva al greco “aratron”.

Intendendo allora AREPO come ablativo di strumento si potrebbe tradurre: “Il seminatore (il contadino), con il suo carro, tiene con cura le ruote”.

 

E ci avviciniamo così a qualcosa di meno sacro e più quotidiano, legato alla vita agraria delle comunità pagane e contadine: il contadino si prende cura delle ruote del suo aratro.

 

Ma perché dedicargli mosaici e iscrizioni di tale bellezza e mistero?

 

Credo che questa semplice nota possa invece nascondere un messaggio più profondo.

 

Dalla conquista romana in poi le popolazioni native rurali e pagane sono state laicizzate prima e cattolicizzate poi attraverso un colonialismo spietato; a queste sono stati imposti nuovi usi e costumi facendo tabula rasa del vecchio sapere. Quello che andava via via pericolosamente perdendosi era quindi una conoscenza millenaria, considerata sempre di più eretica.

 

A tal fine diventava fortemente necessario mantenerla viva ma in modo nascosto, attraverso enigmi, sotterfugi e segreti, quelli di cui le chiese romaniche che ne testimoniarono il passaggio sono le custodi.

 

Il calcolo del tempo con la rotazione dei pianeti, del sole e della luna hanno permesso alle nostre comunità di evolversi, di diventare civili, di convivere con la natura altrimenti apparentemente caotica e aleatoria.

 

I calendari sono cultura, spiritualità, scansione della vita nell’armonia con la terra ed i suoi cicli: tutto questo sapere stava per essere cancellato con ripetuti e aggressivi colpi di spugna e da un intervento politico e religioso che tentava di colonizzare i pagani* (gli abitanti dei villaggi agrari) con sempre maggiore incisività, massificando la conoscenza per facilitare la gestione di ampi territori.

 

Ecco che il memento potrebbe allora essere: “il seminatore (il contadino) con l’aratro (ovvero con la coltivazione) tiene, governa (conosce) il movimento delle sfere nel cielo (le ruote celesti)”.

 

È colui o colei che sa quando arriva davvero la primavera, quando è ora di seminare, di raccogliere, di conservare: solo mantenendo questa conoscenza astronomica, astrologica e pagana che l’umanità potrà ancora continuare a sfamarsi trovando il compromesso con la natura.

 

Il SATOR di Aosta regala anche un altro indizio che conduce verso questa direzione: all’interno del cerchio con l’iscrizione vi è un uomo che domina un leone aprendone le fauci. Questo disegno si ritiene che ritragga il biblico Sansone ma la stessa iconografia rappresentava il pagano e greco Eracle che sconfisse il leone di Nemea, dal vello magico e imbattibile.

 

E fin qui potrebbero essere solo questioni interpretative se non che nel mito greco, Zeus in ricordo di tale leone appartenuto a Era, dopo la morte lo immortala nel cielo nella costellazione corrispondente: quella del Leone, appunto.

 

La costellazione del Leone nel cerchio zodiacale che ospita il passaggio apparente delle sfere (ROTAS) del nostro sistema solare, è quella che quando si vede sorgere a est dopo il tramonto indica l’arrivo della primavera.

 

Tale costellazione si trova sotto quella dell’Orsa Maggiore e il mosaico del SATOR è nella collegiata dedicata al santo il cui nome è Orso e il cui giorno commemorativo è il 2 di febbraio, la Candelora.

 

Mi sembra oramai chiaro che siamo di fronte a un rimando simbolico alla conoscenza relativa dell’orologio cosmico, una sapienza pagana che non doveva essere dimenticata, nonostante i tempi.

 

Erano infatti le comunità contadine a tenere la conoscenza arcaica del ciclo del Tempo, quello vero, quello Sacro, quello che ci permette la sopravvivenza sul pianeta: e nelle ere di oscurantismo dove la fede cieca verso qualcosa (che sia un dio o un concetto matematico) non lascia spazio a nient’altro ma tenta di bruciare la differenza e il pensiero libero, ecco che il mito e il simbolo sono l’unico linguaggio per enigmi che i saggi posso utilizzare.

 

Per non dimenticare e per non cadere nell’ignoranza.

 

Micaela Balice è pedagogista, naturopata, fioriterapeuta nonché libera ricercatrice del linguaggio arcaico e simbolico.

Co-ideatrice e docente della Scuola di Medicina Popolare Italiana. Inoltre è docente di Fiori di Bach presso la Scuola di Metaerboristeria di Firenze.

È poetessa e autrice del libro “Lunarium” (Casa editrice Indipendently published) da cui è tratto l’articolo.

 

www.micaelabalice.com

micaelabalice.com@gmail.com

 

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Articolo pubblicato il 13/09/2022