Sciacallaggio anche per le Marche

Manovra poco intelligente visto che nella fattispecie i cambiamenti del clima c’entrano nulla

Anche questa volta così come per la Marmolada la sinistra e certo ecoterrorismo fanno opera di sciacallaggio. Ha questa idea Riccardo Cascioli, direttore de Lanuovabq.it. e peraltro autore insieme ad Antonio Gaspari di due pamphlet molto critici nei confronti di certo ambientalismo: “Le bugie degli ambientalisti” e “Catastrofismo e fine dei tempi”, editi da Piemme. Cascioli chiama in causa il segretario Pd che inveisce contro la destra “negazionista climatica”, dopo l’alluvione nelle Marche.

“Se si istituisse, il segretario del PD vincerebbe a mani basse il Premio Sciacallo, visto il tentativo di speculare sui morti e sul dramma di tanta gente per guadagnare qualche voto domenica prossima. Ma è anche uno sciacallo ben poco intelligente, visto che nella fattispecie i cambiamenti del clima c’entrano nulla e c’entrano invece gli amministratori del territorio in una Regione che dal 2000 al 2020 è sempre stata guidata dalla sinistra o, meglio, dal suo partito”. (Riccardo Cascioli, Alluvione nelle Marche: sono impazziti i governanti non il clima, 20.9.22, lanuovabq.it).

Cascioli fa riferimento al fiume Misa, responsabile della tragedia, ma questo è noto da molto tempo visto che già nel 1986 erano stati stanziati miliardi per metterne in sicurezza gli argini, secondo la ricostruzione del Corriere.it. Addirittura in questo territorio ci sono stati Tredici alluvioni rovinose in un secolo, l’ultima nel 2014.

Dal 1986 nulla è stato fatto e solo nel febbraio scorso, su spinta dei sindaci locali, è stato iniziato qualche lavoro di arginatura: nulla in confronto alla necessaria costruzione di invasi per impedire effetti disastrosi in caso di piogge torrenziali come quelle di giovedì scorso. Ma intoppi burocratici e rivendicazioni ambientaliste hanno bloccato ogni tentativo di neutralizzare la pericolosità del Misa, con i risultati che sono sotto i nostri occhi.

Secondo il geologo Vincenzo Catenacci il territorio italiano è in una situazione drammaticamente precaria. Ben 4.568 comuni italiani su 8mila risultano interessati da fenomeni di dissesto idrogeologico, con migliaia di morti e numerose alluvioni.

«Il cambiamento climatico non c’entra nulla – dice il professor Uberto Crescenti, già presidente della Società Geologica Italiana – questi fenomeni sono sempre accaduti, basti ricordare le tragedie del 1951, con precipitazioni mostruose prima in Sardegna, poi in Sicilia e Calabria e ancora nel Polesine, o ancora l’alluvione di Firenze nel 1966». Il problema è che da queste tragedie non si è mai voluto imparare:

«Non si fa la manutenzione del territorio, quei lavori di prevenzione che possono minimizzare le conseguenze di questi eventi; e si continua a realizzare infrastrutture, aree industriali e complessi abitativi in territori fragili; i fiumi, ad esempio, hanno bisogno di spazio, hanno necessità di espandersi», dice ancora il professor Crescenti. E oltretutto si distraggono anche le già scarse risorse destinate alla protezione dell’ambiente:

«È stato smantellato anche il Corpo Forestale dello Stato, dal 2017 assorbito dall’arma dei Carabinieri»; e il Corpo Forestale svolgeva un lavoro di difesa del patrimonio agro-forestale e di controllo del territorio soprattutto nelle aree rurali e montane.

Se si vogliono evitare tragedie come quella che ha investito le Marche bisogna fare esattamente il contrario di quanto vorrebbe Letta: l’Italia già spende oltre un miliardo di euro l’anno per la lotta ai fantomatici cambiamenti climatici; basterebbe spostare questa spesa nel controllo, manutenzione e tutela del territorio per rimettere in sesto l’Italia e affrontare anche gli eventi metereologici estremi con maggiore tranquillità.

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 23/09/2022