L'aiuto della Bielorussia
Carro armato bielorusso al confine con l'Ucraina

La Russia Bianca aiuta la Grande Russia. Come nella prima fase del conflitto Minsk si rende disponibile ad aiutare Mosca.

Nei giorni in cui Kiev fu messa sotto attacco, importanti novità sono arrivate da Minsk, capitale della Russia Bianca. Il presidente bielorusso Alexandar Lukashenko ha infatti parlato della possibilità di un attacco ucraino contro il suo Paese e della decisione di schierare pattuglie formate da truppe russe e bielorusse al confine.

A Minsk il presidente Lukashenko ha riunito nelle scorse ore il consiglio di sicurezza. È proprio in questa sede che ha accusato l'Ucraina di voler pianificare un attacco contro il territorio bielorusso. A riferirlo è stata l'agenzia Belta. In particolare, il principale alleato di Putin ha parlato di un “progressivo deterioramento della situazione alle frontiere occidentali dell'Unione”.

L'Unione a cui far riferimento è quella tra Russia e Bielorussia, Paesi legati da un trattato di collaborazione in ambito economico e militare. In questo contesto, Lukashenko ha quindi predisposto l'attivazione della procedura secondo cui, tra le altre cose, è previsto il dispiegamento comune di truppe di Minsk e di Mosca.

Nonostante la mancanza di un'effettiva unione politica, va precisato che l'Unione Russia-Bielorussia ha persino una cittadinanza comune: i cittadini russi e bielorussi hanno conservato i passaporti dei rispettivi stati; e possono lavorare e risiedere in entrambi i paesi senza l'obbligo dei visti previsto per i cittadini stranieri.

Questo rende sia sul piano geopolitico che militare la Bielorussia totalmente legata al Cremlino.

L'area individuata è per l'appunto quella delle frontiere occidentali dell'Unione, corrispondente all'area dei confini tra Bielorussia e Ucraina. “Devo informarvi - ha chiarito Lukashenko nei giorni scorsi - che la formazione di questo raggruppamento è già iniziata”. Dunque, stando alle parole del presidente bielorusso, truppe di Minsk e truppe di Mosca si starebbero già posizionando lungo i confini con l'Ucraina, riproponendo così il posizionamento militare che precedette l’invasione dell’Ucraina.

Nell’incontro a San Pietroburgo con il presidente della Russia Vladimir Putin in occasione del suo compleanno, il “padre venerato” Lukashenko ha sottolineato la necessità di adottare congrue contromisure nel caso di dispiegamento di armi nucleari degli Stati Uniti in Polonia. Il leader bielorusso ha lasciato intendere che Minsk è disposta a ospitare a sua volta ordigni atomici della Russia. Da settimane l’alfiere di Putin mette in guardia Mosca dall’assertività politico-militare di Varsavia, che secondo lui starebbe concentrando un numero crescente di forze al confine e ha effettivamente sollecitato i propri cittadini a lasciare la Bielorussia.

La richiesta di Minsk potrebbe essere accolta con soddisfazione da Mosca, che sta studiando come ottimizzare nei prossimi mesi il dispiegamento di centinaia di migliaia di uomini mobilitati e impegnati in queste settimane in addestramenti intensivi. Trasferire parte delle truppe nel “cuneo bielorusso”, magari le meno avvezze al combattimento, è un modo per la Russia di rinnovare la pressione militare sui confini settentrionali del paese aggredito. Gran parte dei successi ucraini sul campo del mese di settembre è dovuta al trasferimento nell’oblast’ di Kharkiv e nel Donbas di truppe precedentemente stanziate attorno alla capitale Kiev, procacciando così la superiorità numerica di uomini e mezzi necessaria alla buona riuscita della controffensiva; Mosca potrebbe ora spaventare i decisori militari ucraini dove saranno per forza più sguarniti. Dunque, inducendo le truppe di Kiev a ripiegare parzialmente verso nord, allentando la vittoriosa progressione verso il bacino del Donec e sull’estuario del Dnepr.

Coinvolgere maggiormente il territorio della Russia Bianca nell’origine degli attacchi al suolo ucraino servirebbe non solo a riprendere in mano l’iniziativa bellica, ma anche a distruggere in modo più efficiente e capillare le infrastrutture energetiche e idriche dell’Ucraina alle porte della stagione fredda. Gli attacchi con missili terra-terra e aria-terra nonché con droni kamikaze di produzione iraniana dal territorio bielorusso sono un chiaro intento di spegnere la luce del paese aggredito, spingendo la cittadinanza ad abbandonare i grandi centri urbani non riscaldabili durante l’inverno ed eventualmente sfollare verso l’Europa occidentale.

Il territorio della Bielorussia costituisce inoltre un’ottima piattaforma per il lancio di missili tattici a configurazione nucleare verso le regioni centro-occidentali dell’Ucraina. Quelle meno abitate da russi etnici, più distanti geograficamente dalle zone russofone del sud e i cui venti spirano generalmente verso ovest. Il recente aggiornamento dei cacciabombardieri Su-24 della Bielorussia affinché possano trasportare bombe atomiche di produzione russa risponde a questa esigenza geostrategica.

L’integrazione della Bielorussia nel sistema militare dell’Unione statale e la sua nuclearizzazione rappresentano per la Russia uno strumento per dissuadere il blocco euroatlantico da azioni militari di caratura maggiore rispetto all’invio di armi a Kiev. La “linea rossa” putiniana sull’istmo d’Europa, che divide Occidente e Russkij mir (mondo russo) fendendo l’Ucraina mitteleuropea, può sempre divenire incandescente e radioattiva all’evenienza.

Gli Stati Uniti hanno colto il messaggio e cercano di intavolare con la Russia negoziati sotterranei. La convenzionalizzazione dell’arma atomica in conflitti regionali non conviene a nessuno, soprattutto a chi ha un vasto impero da difendere.

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Articolo pubblicato il 14/10/2022