Quando erano gli americani a voler invadere Taiwan

Pechino riuscirà ad annettere la ribelle Repubblica di Cina? Lezioni dalla storia circa la presa dell'Isola di Formosa.

Estate del 1944, Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno ormai riguadagnato il vantaggio nel teatro del Pacifico dopo l’occupazione delle Marianne e di Palau. Come prossima mossa per colpire il Giappone gli americani vagliano l’invasione di Taiwan, scartata poi in favore delle Filippine. I soli preparativi di quel piano mai realizzato – si sarebbe chiamata Operazione Causeway – lasciano intendere che si sarebbe trattata di uno dei teatri più sanguinosi del conflitto.

Per prendere l’isola gli Stati Uniti pianificano di approntare una forza di 400mila uomini, circa 4mila navi, supportati da migliaia di aeroplani. I quadri Usa mettono in conto di schierare una forza grande tre volte quella della guarnigione in difesa. Dopo alcuni giorni di bombardamenti, gli americani sarebbero sbarcati a Sud-ovest, risalendo l’isola di Formosa dal basso.

Circa 150mila soldati americani sarebbero morti durante l’occupazione di Taiwan, difesa da circa 100mila uomini dell’esercito imperiale nipponico. Grazie ad una strategia di difesa in profondità, alla possibilità di usare le montagne per bersagliare gli attaccanti e all’utilizzo di truppe locali, sarebbe stata una conquista molto costosa. Possibilità legate alla geografia dell’isola, dunque ancora attuali.

Se oggi la Cina decidesse di invadere Taiwan, le prime fasi dell’operazione potrebbero essere simili, con il tentativo di isolarla completamente. Un altro problema comune sarebbe la possibilità di fare arrivare sull’Isola abbastanza mezzi e uomini una volta che i difensori decidano di sabotarne i porti. Gli Usa stimarono almeno 90 giorni di combattimenti. Oggi le operazioni si svolgerebbero più rapidamente, ma i costi sarebbe ugualmente pesanti.

Diversi strateghi indicano come ancora corretto il rapporto tra truppe in attacco e in difesa adottato dagli americani (altri lo peggiorano, fino a dieci attaccanti per difensore). Di fronte all’attuale potenziale difensivo di Taiwan (170mila uomini e circa un milione di riservisti) non è esagerato dire che la Cina continentale avrebbe bisogno di una quantità di uomini compresa tra il milione e i 2 milioni di militari (mettendo in conto che non tutto il personale taiwanese sarebbe impiegato per compiti esplicitamente difensivi).

Nel frattempo, però, in questi ultimi tempi, la Cina punta sui droni navali per contendere il primato americano. Una settimana fa, all’Air show di Zhuhai, la Repubblica popolare ha presentato alcuni dei suoi progetti in questo ambito. La Cina sviluppa questo tipo di veicoli da anni, ma molto raramente vengono diffuse informazioni ufficiali.

Ultimamente, a rubare le scene è stato l’Haishen 6000, un drone sottomarino da circa 3 tonnellate, che può operare a una profondità massima di 6mila metri e un altro veicolo, nome in codice Ea63, che può aiutare le navi a rilevare mine o altre minacce. Sono state presentate anche due vere e proprie navi senza pilota, L30 Watcher e M75 Protector. Si tratta di imbarcazioni piccole, lunghe meno di dieci metri, pensate per il pattugliamento costiero e i compiti di supporto.

A luglio scorso, una serie di foto satellitari di Maxar della base cinese di Hainan, la più importante della marina cinese, ritraevano due oggetti che per molti analisti sono due droni sottomarini. Uno in particolare è di dimensioni notevoli, con una lunghezza stimata di 16 metri.

In questo modo Pechino potrebbe sfidare gli Usa e Taiwan per il primato nel Pacifico. Fondamentale per qualunque potenza che intenda sfidare direttamente l’egemonia americana.

La Cina non insiste sulle capacità offensive di questi droni, presentandole come semplici capacità di supporto. Si tratta di asset che tuttavia possono diventare delle pericolosissime armi di offesa. Una volta sviluppati nella loro versione disarmata, è molto facile che da questi ne derivino versioni armate, che possono essere realizzate con la semplice aggiunta di una testata esplosiva, anche nucleare, una filosofia simile a quella del siluro nucleare “poseidon” sviluppato dalla Russia.

Nei conflitti della nostra Era non è inusuale fare largo utilizzo di strumenti o mezzi civili trasformati in ambito militare. Specie con l’ausilio di APR caricate di esplosivi.

Basti ricordare, ad esempio, come ad inizio novembre le forze armate di Kiev hanno attaccato la base navale di Sebastopoli, facendo largo uso di piccole barche civili cariche di esplosivo, le quali venivano guidate da remoto. L’attacco, secondo le fonti russe, sarebbe stato orchestrato e pianificato con l’aiuto dei militari britannici. Da evidenziare come la realizzazione di questi droni suicidi navali sia costata poche decine di migliaia di euro, molto di meno rispetto alle infrastrutture che avrebbero potuto danneggiare.

Questi fatti ci danno l’idea di come un conflitto potrebbe intensificarsi partendo anche solo da strumenti o tecnologie previste per uso civile.

La Cina in questo non fa eccezione. Noi di Civico20news continueremo a seguire tutti gli sviluppi inerenti alla delicata situazione nel Pacifico, la quale, lo ricordiamo, potrebbe suscitare un’escalation ben superiore a quella russo-ucraina.

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Articolo pubblicato il 30/11/2022