L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Giancarlo Guerreri: il Bene e il Male osservati da differenti punti di vista

L’Uomo e la Natura possiedono visioni completamente diverse, se non addirittura antitetiche

Non esiste una coppia di opposti più famosa di Bene e Male.

Eppure non sembra esistere una definizione oggettiva dei due termini che soddisfi ogni particolare situazione, relazione o ambito dei rapporti tra esseri naturali, uomo compreso.

La dimensione etica che attribuiamo soprattutto alle attività umane, siano esse scelte o interpretazioni dei nostri comportamenti, viene, forse involontariamente, declinata anche nell’ambito della natura.

Resteremo alquanto sorpresi scoprendo che proprio in natura le cosiddette regole etiche sembrano sfuggire ai nostri canoni, proponendo eccezioni alquanto sconcertanti, da un punto di vista ovviamente umano.

Siamo, infatti, usi a proiettare sentimenti o visioni morali nella sfera degli animali domestici, oppure applichiamo i nostri giudizi etici a qualunque tipo di comportamento animale che possa, in qualche misura, stimolare sentimenti di protezione, cure parentali o spirito di abnegazione.

Sentiamo spesso parlare di una Natura buona o crudele, di una Natura maligna o materna. Descriviamo casi nei quali le madri di moltissime specie di animali superiori si prendono cura della propria prole, o la difendono a costo della stessa vita. Al tempo stesso conosciamo numerosi esempi di atti “crudeli” che  testimoniano i rapporti tra prede e predatori.

Sono fatti reali e facilmente osservabili che, tuttavia, rischiano di farci cadere nell’inevitabile equivoco di “umanizzare” tutto ciò che sembri riflettere comportamenti simili ai nostri.

La Natura, secondo le osservazioni di Charles Darwin, persegue l’obbiettivo di concedere la Vita, e quindi l’affermazione sul nostro Pianeta, solo a quegli esseri che si dimostrino adatti a vivere e riprodursi in un preciso ambiente.

La brutalità di questa dichiarazione non contiene alcuna concessione a quel concetto di “bene” che dovrebbe essere incluso nel termine Etica, intesa in senso aristotelico. La Natura agisce con delle leggi declinate dalla Selezione Naturale, quindi, in termini strettamente naturalistici, in Natura il “Bene” è la capacità di affermare e diffondere il patrimonio genetico della Specie d’appartenenza.

Alcuni esempi di quanto il “Bene” inteso in senso naturale sia lontano da una visione umana.

La vespa vasaio, prima paralizza piccoli ragni, quindi li inserisce dentro i nidi cilindrici fatti d’argilla e inietta nel loro corpo, vivo ma immobile, le proprie larve affinché se ne nutrano. La vespa agisce secondo la propria “natura”, ovvero secondo le caratteristiche comportamentali della propria specie. Il suo compito è quello di promuovere la diffusione della sua discendenza, anche a prezzo di compiere delle azioni disdicevoli ai nostri occhi.

Nel caso dei leoni accade una cosa ancora più incredibile: quando un maschio incontra una leonessa con dei piccoli, figli di un diverso padre, uccide i leoncini per indurre la femmina ad un nuovo estro venereo che gli permetterà di creare una nuova nidiata e di affermare se stesso attraverso i geni della propria discendenza.

A questo punto risulta necessario creare un netto “distinguo” tra l’applicazione del concetto di Etica nell’Uomo e nelle altre Specie di animali.

Una ulteriore osservazione potrebbe, secondo alcuni studiosi, riguardare il libero arbitrio: essere dominati dagli istinti, significa assumere dei comportamenti che non sono condizionati da leggi appartenenti ad alcun Codice morale.

Di questo aspetto abbiamo già parlato in precedenti editoriali, in relazione con le proposte del fisico italiano Federico Faggin.

In altre parole, l’etica dei comportamenti deve essere correlata alla possibilità di scelte autonome, ovvero alla capacità razionale di decidere l’idoneità di determinate azioni.

Se tali azioni sono determinate solamente da una causa esterna, la cui natura non risulti essere determinata in modo sicuro, significa che siamo vincolati ad un agito completamente istintivo, senza poter utilizzare la parte razionale del nostro cervello, quella della Corteccia, nella quale vengono elaborati i concetti superiori.

Potremmo sicuramente affermare che anche nell’uomo siano presenti dei comportamenti che non vengono “filtrati” da elaborazioni cerebrali, ma che risultano essere assolutamente istintivi.

Stiamo naturalmente parlando di situazioni di grave pericolo di vita che potrebbero mettere in dubbio la sopravvivenza del singolo o di un gruppo.

Le azioni che sono analizzate e filtrate dalle valutazioni etiche non riguardano i comportamenti che possono salvarci la vita in situazioni estreme, se qualcuno tentasse di uccidermi non mi chiederei se è bene o male opporre una difesa moderata o calibrata alle intenzioni dell’aggressore … Mi difenderei e basta, a qualunque costo.

Molto si è scritto sugli atti di cannibalismo tra uomini che si nutrono di consimili. Non mi riferisco tanto alle motivazioni sociali e religiose di popolazioni con sistemi culturali molto diversi dai nostri, ma piuttosto ad un noto fatto di cronaca che riguardò un gruppo di passeggeri sopravvissuto, sulle Ande, ad un atterraggio di fortuna.

Era il 13 ottobre 1972 quando un Fokker F27 per un errore del pilota si schiantò sulla Cordigliera delle Ande, in territorio argentino. Come molti si ricorderanno alcuni passeggeri sopravvissuti superarono un drammatico tabù e si nutrirono di parti di passeggeri deceduti.

Come riportano le cronache:

“Non fu una decisione facile, né immediata: se all'inizio tale pensiero fu solo di qualcuno, a poco a poco la discussione si allargò a tutto il gruppo. Quando tutti i sopravvissuti ne parlarono apertamente, la discussione si protrasse dalla mattina fino al pomeriggio inoltrato, dibattendo tra questioni morali, religiose e laiche, fino a quando alcuni di loro riuscirono a reprimere la ripugnanza e a sormontare un tabù primitivo. A poco a poco, nelle ore successive quasi tutti accettarono di rompere tale tabù, esclusivamente per spirito di sopravvivenza”

Fonte:  https://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_aereo_delle_Ande

Vi furono molte prevedibili polemiche, che tuttavia si esaurirono di fronte alla drammatica alternativa di dover affrontare una morte per fame. Le situazioni limite non rispondono alle normali convenzioni etiche.

Negli animali questi dubbi non sono conosciuti e tutti i comportamenti sono di natura istintiva: non esisterebbe, infatti, la possibilità di elaborare tutta una serie di considerazioni di natura superiore, per il semplice fatto che non esiste un luogo fisico sviluppato come quello umano, in grado di compiere tali elaborazioni: la Corteccia cerebrale.

Alcuni dubbi su quanto appena affermato sorgono osservando il comportamento di animali molto vicini geneticamente agli esseri umani che sembrano assumere da questi ultimi una serie di comportamenti molto simili.

Mi riferisco in particolare ai Bonobo (Pan paniscus), ovvero gli Scimpanzé pigmei, che possiedono un patrimonio genetico che differisce da quello umano solo per l’1%. Questi animali, che vivono in un’area della Repubblica Democratica del Congo, studiati soprattutto in cattività per problemi legati all’instabilità politica di quella zona, manifestano alcuni comportamenti che gli etologi considerano simili a quelli dell’Uomo.

L’etologo Frans B.M. de Waal, in un suo saggio “Sesso e società dei Bonobo”, esprime la convinzione che questi animali possano essere capaci di esprimere empatia, altruismo, compassione, pazienza, sensibilità e gentilezza. Secondo lo studioso l’origine di questi comportamenti sarebbe da ricercarsi nella propensione dei Bonobo a praticare una forma di sesso non solo riproduttivo, anche di natura omosessuale: il sesso ricreativo.

Questi comportamenti, molto umani, sono da mettere in relazione con l’ incremento non solo dimensionale del cervello e creano la base biologica sulla quale si innesterà il cosiddetto sviluppo culturale.

Non risulta affatto chiaro in quale preciso momento si attuò il “miracolo intellettuale” che determinò la rapida esplosione culturale iniziata circa 10.000 anni fa in Turchia a Göbekli Tepe.

Risulterebbe invece probabile che l’inizio della consapevolezza umana abbia affinato le espressioni mentali, introducendo una primitiva forma di codice etico in grado di modulare e regolamentare il comportamento umano.

Göbekli Tepe anticipò di poco l’esplosione culturale della Mesopotamia, dove presumibilmente ebbe origine quello scollamento drastico con il passato, inteso come fine del Mesolitico e inizio del Neolitico.

Recentemente, nel 2017, venne ritrovata nei pressi di Albenga in Provincia di Savona, una straordinaria sepoltura di bambina neonata, che sembra anticipare le nostre conoscenze relative all’evoluzione culturale dell’Uomo.

La recente scoperta del sito ligure, come dimostrato dai recenti studi condotti dal Prof. Marco Paesani, dimostra che circa 10.000 anni fa nella società del Mesolitico anche le femmine più giovani erano considerate persone a pieno titolo, degne di una precisa forma di ritualità funebre.

Ipotizzare una precisa relazione tra manifestazioni culturali come l’inumazione, la cura e gli ornamenti con i quali si impreziosivano le salme, e la sensibilità di queste popolazioni verso forme intellettuali riconducibili ad un concetto di Etica, non è sicuramente né semplice né immediato.

Se da un lato abbiamo operato una distinzione tra gli aspetti istintuali riscontrati tra le varie specie di animali e la presenza, nel caso dell’Uomo, di un cosiddetto libero arbitrio, dovremo anche notare che il concetto di Morale, intesa come declinazione di norme e comportamenti indirizzati verso il “bene”, non presenta dei concetti statici, ma si evolve secondo modelli culturali che cambiano con velocità esponenziali.

L’Etica, dal canto suo, si sforza di interpretare i codici morali, adattandoli alle varie situazioni, per cercare e trovare delle spiegazioni logiche e razionali.

La Morale non ha una valenza assoluta. I medesimi comportamenti umani possono essere giudicati in modo assai differente in Paesi diversi o in momenti storici diversi, nell’ambito dello stesso luogo geografico.

Queste differenze sono dovute sia alle varie ideologie religiose che alle filosofie comportamentali condivise dalle molteplici popolazioni.

In altre parole ogni popolo condivide una particolare serie di miti e di credo che costituiscono la propria Weltanschauung, o visione del mondo.

La rappresentazione del Cosmo è alla base dei vari codici morali che determinano i dogmi religiosi, le scelte etiche, filosofiche e politiche. Si tratta quindi di pure rappresentazioni intellettuali che soggiacciono alle idee che in quel momento storico risultino essere dominanti.

Secondo questa ipotesi non esiste, o non sembra esistere un’ Etica comune che possa fungere da collante universale per unire tutti i popoli, ma un insieme disomogeneo di vari codici che declinano differenti regole e differenti visioni.

Gli esempi si possono sprecare.

Consideriamo la figura della Donna nelle varie parti del Globo o della Donna attraverso il tempo nell’ambito dello stesso luogo geografico.

Oppure consideriamo gli atteggiamenti di tolleranza o di ostilità verso determinate categorie, che ancora oggi vedono negati diritti basilari.

Ci troviamo di fronte ad un insieme polimorfo di interpretazioni soggettive che vorrebbero imporre la propria verità per renderla oggettiva.

In Natura la differenziazione dei vari patrimoni genetici è sempre stata considerata un grande vantaggio evolutivo, l’ambiente tende a modificarsi rapidamente e costantemente e individui che presentino differenze genetiche potranno adattarsi o estinguersi in base alle loro caratteristiche fenotipiche.

Tornando sul Piano dell’Uomo, vorrei prendere in considerazione un testo che fece molto scalpore quando venne pubblicato nel 1976: il gene egoista di Richard Dawkins.

“Noi siamo macchine da sopravvivenza-robot semoventi programmati ciecamente per preservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni”

(Richard Dawkins, Il gene egoista, Prefazione, 1976)

Dawkins sostiene che non siano le Specie a determinare i processi evolutivi, bensì i piccoli frammenti di DNA in grado di codificare le Proteine, i geni. Si tratta di una visione particolare dell’evoluzione darwiniana che non entra necessariamente in conflitto con i processi della Selezione Naturale.

Dawkins si spinge ancora più avanti, e questo aspetto riguarda direttamente il tema che stiamo trattando: esistono delle ipotetiche “unità di pensiero” che chiama “memi” che al pari dei geni entrano in competizione le une con le altre.

Da un lato i geni diventano oggetto della pressione selettiva, nel senso che sintetizzando differenti proteine  andranno a costituire il “soma” dell’individuo o la produzione di strutture atte allo sviluppo del metabolismo, favorendo o meno l’adattamento ai cambiamenti ambientali, quindi la vita stessa dell’individuo.

I memi saranno le idee espresse da un singolo e proposte ad un gruppo che potranno entrare in conflitto con altre idee, proposte e accettate in precedenza. I memi si comporteranno come i geni e cercheranno di imporsi per prendere il predominio all’interno di un gruppo e modificarne l’idea del mondo.

Pensiamo, per fare un esempio, alle guerre di religione. Dettagli di tipo dogmatico che risultano essere ininfluenti ad una analisi critica, diventano cause di guerre fratricide che seminano sangue e morte per interminabili periodi.

Molti altri esempi di diatribe ideologiche costellano la storia dell’Uomo, imponendo memi (idee) con la violenza dei fatti e delle parole, senza voler comprendere che si tratti solo di impostazioni della Mente che di fatto mente.

Dawkins spiega chiaramente che le piante, gli animali e i geni non hanno consapevolezza delle proprie scelte, ma il loro comportamento può essere dannoso o favorevole in funzione della risposta ambientale, o, ovviamente culturale.

Lo studioso afferma che l’altruismo individuale, molto spesso presente in natura, come nel caso di madri che difendono fino alla morte i propri cuccioli, altro non è che una forma di affermazione dei geni della specie. La madre sacrifica se stessa per amore dei propri geni affinché possano perpetuare la propria esistenza attraverso la prole.

Mente cinica della vita, potremmo pensare agli animali che vivono in grandi colonie, all’interno delle quali troviamo delle forme di specializzazione molto raffinate. Nei formicai possiamo identificare individui con ruoli differenti, soldati, operaie, fuchi, maschi e la regina. Ogni membro del formicaio si comporta “pensando” al bene dell’intera struttura, sacrificandosi se il caso, pur di favorire lo sviluppo delle larve e la tutela della formica regina.

Il formicaio dovrebbe essere percepito come un unico individuo, formato da “unità biologiche” separate dal corpo ma completamente organizzate per favorire il benessere, lo sviluppo e la proliferazione della colonia.

In questo caso specifico non può esistere, per i singoli, la capacità di scelte egoistiche o non condizionate. Vita, sviluppo e morte fanno parte di un Progetto che agisce in favore della collettività.

Nella dimensione umana non troveremo quasi mai delle espressioni di questo tipo.

Nella dimensione umana, tranne eccezioni rarissime, gli individui sono culturalmente divisi in gruppi religiosi, politici, famigliari, sportivi o parte di associazioni di vario genere. I singoli individui si riconoscono nei gruppi d’appartenenza e tendono a relazionarsi e/o favorire soggetti che condividano gli stessi ambienti. In molti casi gli individui che non appartengono a quello specifico Clan culturale sono considerati avversari o concorrenti e percepiti come totalmente estranei.

Come si è visto nel caso di comportamenti altruistici di alcuni animali, anche nell’uomo le azioni sono finalizzate, se non esclusivamente al proprio benessere, unicamente a quello della famiglia o del gruppo sociale di appartenenza.  

Come si è detto nel caso dell’Uomo entrano in gioco sia le motivazioni genetiche, quindi lo sviluppo e l’affermazione della propria famiglia biologica, sia le motivazioni intellettuali, i vari gruppi politici, religiosi, sportivi, culturali… confermando sia l’attenzione alla diffusione dei geni che dei memi.

All’uomo manca una visione ecologica che possa indirizzare le proprie scelte verso comportamenti differenti da quelli prettamente egoistici.

Per poter risolvere i veri, grandi problemi di natura ambientale sarebbe necessario anteporre ai propri interessi personali o a quelli del gruppo di appartenenza (Città, Regione, Nazione, Gruppi di Nazioni), gli interessi della salvaguardia ambientale che dovrebbero coincidere con quelli dell’umanità.

Neppure la più ingenua delle teorie ambientaliste che proponesse una tale soluzione, potrebbe risultare credibile.

Se considerassimo, infatti, che la Politica, la cultura (con la “c” minuscola), la diffusione capillare di memi istituzionali, nonché gli aspetti temporali di molte Religioni, sono completamente gestite dal potere economico, ci potremmo accorgere di quanto sia utopistico e poco credibile prendere in seria considerazione programmi che possano favorire l’Ambiente a scapito dell’ interesse economico di una potente minoranza.

Lo sviluppo di OGM sta modificando radicalmente le coltivazioni, riducendo la biodiversità e immettendo nell’ambiente geni che non hanno subito il lungo e naturale processo previsto dalla Selezione Naturale ed il cui impatto ecologico risulta essere ovviamente imprevedibile.

L’economia detta le proprie leggi, il potere stabilisce sia gli investimenti che le scelte politiche e la demagogia offre “gentili e convincenti” giustificazioni tramite i mass media.

Da queste poche considerazioni si evince che parlare di Etica riferita all’Ambiente risulti essere per lo meno ridicolo.

Se come affermano molti saggi le azioni comportano sempre delle reazioni di compensazione, ci sarà solo da attendere una lenta e inesorabile “risposta” da parte di una Natura che non si cura minimamente di questa specie che da qualche secolo ha iniziato a fare danni.

L’Etica ha cambiato volto ed ora parla a nome di piccoli gruppi che stanno condizionando ogni scelta possibile, camuffandosi con l’abito del perbenismo e dell’interesse collettivo.

Temo fortemente che il tempo per cambiare sia terminato e che non resti che attendere i risultati di queste scelte scellerate.

Terminerei questa breve serie di riflessioni sull’Etica, citando Marco Tullio Cicerone:  Mala tempora currunt sed peiora parantur, (corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori).

 

    Civico20News

Giancarlo Guerreri

      Editorialista

 

 

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Articolo pubblicato il 12/02/2023