Un mondo che cambia
Tank tedesco Leopard 2

Non appena un anno fa la Storia è venuta a bussare alla porte degli europei dormienti. Il sogno della Post Storia è finito. Non si vive di sola economia, ma di Imperio!

Coloro che pensavano che il mondo del dopoguerra fredda si sarebbe trasformato in un’unica democrazia liberale globale funzionante e basata su regole condivise probabilmente non avevano pensato abbastanza a lungo: erano euforicamente ottimisti, disattenti in modo opportunistico o semplicemente non avevano capito bene che la storia non era affatto finita.

La storia non si ripete mai identica a sé stessa, tuttavia, si ripete. I mali di sempre come guerre e conflitti, dispute territoriali, violenza, autoritarismo, politiche aggressive lesive degli interessi altrui da parte di stati o attori non statuali, come imprese, o in modo ostentato, gruppi terroristici, si ripetono.

Soprattutto, il campo delle relazioni internazionali, della politica estera, e nei rapporti di forza tra le parti costituiscono un terreno complesso, in cui entrano in gioco interessi materiali, economici, ragioni psicologiche, avidità, scarsa lungimiranza, cinismo e molto altro, mettendo in discussione e in contraddizione i principi ispiratori delle stesse relazioni internazionali.

Se l'economia è sul banco degli imputati per non aver previsto la crisi finanziaria del 2008, che dire allora delle pretese della geopolitica di spiegare e interpretare il mondo disordinato di oggi?

All’inizio dell’anno scorso la Storia è venuta a bussare alle porte di chi l’aveva chiusa e relegata ai musei. Convinti che lo Spazio Schengen e la comunità europea fosse l’ultimo stadio definitivo della storia umana. Pensando che ormai i rapporti fra stati si incentrassero esclusivamente su PIL e pareggio di bilancio, ci siamo dimenticarti di essere colonia Usa. E che se all’egemone di turno gli va di sacrificare la vita e la serenità di qualche milione di europei, abbiamo scoperto che può farlo tranquillamente, agendo indisturbato e con il beneplacito di una classe politica accomodante e con il sostegno della propaganda giornalistica.

Noi di Civico20News abbiamo invece cercato di essere obbiettivi, cercando di andare al di là delle singole partigianerie, e provando ad analizzare la realtà dei fatti nella loro intrinseca complessità.

Il mondo di oggi è in continuo cambiamento, e il conflitto russo-ucraino è lì a ricordarcelo costantemente; con il suo modo nuovo di fare guerra, alternando tecnologia e droni d’avanguardia con metodi da primo Novecento. In questa guerra ibrida e nel marasma informativo più totale la confusione regna sovrana. Persino gli analisti più raffinati stentano a comprendere la complessità della strategia russa. Da un lato si fa accenno, propagandisticamente, ad una ipotetica pazzia di Putin, o ad una totale impreparazione russa alla guerra. Dall’altra si fa leva sul sensazionalismo e sulla grande controffensiva ucraina. Come se non fosse evidente ai più che Kiev se privata dell’aiuto occidentale sarebbe crollata già dalla primavera scorsa.

Ora, in tutto questo ci troviamo dinanzi ad un bivio: escalation o trattato bilaterale con un soggetto terzo neutrale.

La prima domanda da porsi è chi potrebbe essere l’attore terzo meno coinvolto. Sul piano internazionale la Cina, per esempio, ha tutto l’interesse che il conflitto prosegua. Una Russia e un’America indebolita conviene a Pechino più che mai. Specie dopo la crisi pandemica e l’arresto economico che ha avuto ultimamente. Idem dicasi della Turchia, la quale, pur mantenendo buoni rapporti con Mosca, cerca di vendere armi e droni all’Ucraina per lucrare il più possibile dal conflitto. Israele, nonostante il suo forte legame con la Russia, è palesemente filobritannica, ancor più che filoamericana. Difficilmente Tel Aviv si schiererà in un campo neutro. Per quanto non apprezzi fino in fondo la linea condotta da Zelensky. Lo stesso Pentagono inizia ad essere stanco, tuttavia, non cederà facilmente il terreno ai russi. Troppe le terre strategiche comprese, e l’America non si può permettere di vedersi ridotta la propria egemonia in Europa, specie sul Mar Nero, dove l’unica nazione Nato un minimo consistente rimarrebbe la Romania. La Turchia, seppur NATO, sarebbe una potenza regionale avversa, la quale si spartirebbe il Mar Nero con la Russia. Tagliando così fuori ogni potenza occidentale.

Chiaramente, nonostante i folli auspici di chi vorrebbe la “testa di Putin”; gli Usa non desiderano minimamente che Mosca capitoli del tutto. La presenza russa, magari indebolita dalle sanzioni e del conflitto in corso, risulterebbe comunque fondamentale per la presenza americana sul Continente.

Il Pentagono giustifica, infatti, la sua presenza proprio grazie alla possibile minaccia russa. Una minaccia che dal dopoguerra ad oggi ha avuto solo un piccolo stop. Ora, la guerra da fredda rischia di diventare bollente.

L’unica possibilità di fermare una possibile escalation è una pace giusta e concreta, senza vinti né vincitori, in cui, eventualmente, tutti sono pronti a “perdere la faccia”. Questo però ad oggi risulta impossibile. Troppo c’è in gioco. La sopravvivenza di imperi e di nazioni che si giocano il tutto per tutto, per procura e per il dominio di un mondo nuovo. Un mondo, appunto, che cambia.

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Articolo pubblicato il 10/02/2023