Torino. Il 10 aprile del 1973, veniva inaugurato il nuovo Teatro Regio

Un evento fondamentale nella storia della città!

Sono trascorsi cinquant’anni dall’inaugurazione de risorto Teatro Regio. Domani iniziano ufficialmente i festeggiamenti: la Mole Antonelliana si colorerà di rosso e sulla sua facciata sarà proiettata l’immagine creata appositamente per “Regio 50”.

Sabato 15 e domenica 16 aprile si entra nel vivo con le due giornate di apertura straordinaria del Teatro, Alla scoperta del Regio di Mollino.

Gratuitamente si potrà visitare il Teatro, ascoltare le voci degli Artisti del Regio Ensemble e del Coro di voci bianche del Regio, assistere alla prova d’assieme e al Concerto dedicato alle sinfonie e ai cori verdiani con lOrchestra e il Coro del Teatro Regio diretti da Riccardo Bisatti.

Sarà inoltre possibile guardare lo speciale tv realizzato da Rai Cultura: “Regio50”.

Le origini del Teatro sono ben più antiche e risalgono all’inizio del XVIII secolo quando il re di Sardegna Vittorio Amedeo II decise di commissionare a Filippo Juvarra, architetto insigne, la progettazione e la costruzione di un nuovo grande teatro nell’ambito del più generale riassetto urbano della Piazza Castello.

Fu Carlo Emanuele III (incoronato re nel 1730) a perfezionare l’intento.  In seguito alla morte di Juvarra, scelse di affidare il progetto all’architetto Benedetto Alfieri con la richiesta di progettare un teatro di grande prestigio.

Il «Regio Teatro» di Torino, edificato nel tempo record di due anni, venne inaugurato il 26 dicembre del 1740 con l’Arsace di Francesco Feo, diventando subito un punto di riferimento internazionale per la capienza – circa 2.500 posti tra platea e cinque ordini di palchetti –, le magnifiche decorazioni della sala fra le quali spiccava la volta dipinta da Sebastiano Galeotti, gli imponenti scenari e le attrezzature tecniche, nonché la qualità delle rappresentazioni.

Ogni stagione aveva inizio il 26 dicembre, si concludeva con la fine del Carnevale e comprendeva due nuove opere serie composte appositamente per il Teatro: nel corso del XVIII secolo scrissero per il Regio celebri compositori italiani tra i quali Galuppi, Jommelli, Cimarosa, Paisiello, oltre ad autori stranieri come Gluch, Johann Christian Bach e Hasse.

Vi cantarono inoltre i più celebri castrati e prime donne dell’epoca, contribuendo in modo determinante al successo degli spettacoli. Non minore interesse suscitavano i danzatori, che si esibivano nei due balli entr’acte e nell’azione coreografica finale che corredavano ogni opera.

In seguito a cinque anni di chiusura (1792/1797) il Regio cambia nome più volte, rispecchiando gli eventi storici: nel 1798 diviene Teatro Nazionale, nel 1801 Grand Théâtre des Arts e nel 1804 Théâtre Impérial.

Nel clima moralizzatore degli anni repubblicani è abolito il gioco d’azzardo e viene proibito l’ingaggio dei castrati (che torneranno in epoca imperiale).

In repertorio continuano a esserci opere italiane, con libretti rimaneggiati più o meno superficialmente in senso giacobino. Napoleone presenzia agli spettacoli in tre occasioni e giungono a Torino interpreti di prima grandezza, come il soprano Isabella Colbran , il tenore Nicola Tacchinardi e il coreografo Salvatore Viganò.

Con la Restaurazione, il teatro rientra in possesso dei Savoia. All’epoca di Re Carlo Felice, grande appassionato di musica, calcano le scene del Regio virtuosi come Giuditta Pasta e Domenico Donzelli.

Sotto Re Carlo Alberto la sala riceve un’impronta neoclassica (sottolineata dai lavori di rifacimento affidati a Ernesto Mellano e Pelagio Palagi.

Alla metà del secolo vengono introdotte alcune novità nella programmazione: si passa alla stagione di Carnevale-Quaresima, articolata in cinque o più opere, ora prevalentemente di repertorio (e non più scritte appositamente per il Teatro).

Inoltre a partire dal Barbiere di Siviglia rossiniano (1855), il Regio si apre allopera buffa.

Un nuovo restauro, realizzato da Angelo Moja nel 1861, cancella le modifiche palagiane conferendo alla sala una veste “neobarocca”.

Nella notte tra l’8 e il 9 febbraio 1936 il Teatro viene distrutto da un violento incendio: saranno necessari quasi quarant’anni per la sua ricostruzione.

Dopo l’incendio del 1936, si pone il problema di stabilire a chi affidare il progetto di ricostruzione del Teatro. Il bando di concorso, pubblicato nel 1937, viene vinto dagli architetti Aldo Morbelli e Robaldo Morozzo della Rocca.

Il loro progetto, tuttavia, non si sarebbe mai concretizzato.

Nel 1965, uno dei più autorevoli sindaci di Torino, il professor Giuseppe Grosso, amante della lirica, coinvolge l’amministrazione civica nell’impegno ricostruttivo del Regio.

Così il 25 marzo 1965, l’amministrazione civica promuove una nuova soluzione, affidando l’incarico all’architetto Carlo Mollino   professore di composizione architettonica presso il Politecnico di Torino, già artefice dell’Auditorium della Rai e dell’edificio della Camera di Commercio Industria e Artigianato, e all’ingegner Marcello Zavelani Rossi.

I lavori hanno inizio nel settembre 1967, per concludersi nei primissimi mesi del 1973.

Dopo aver concordemente concertato il complesso dell’edificio nelle sue linee generali, lo Studio Mollino si dedicò al settore destinato al pubblico, cioè sala, atrio, ridotti e all’architettura in generale, mentre lo Studio Zavelani produsse gli elaborati concernenti il settore scenotecnico nella sua completa accezione, e cioè nelle componenti distributive, edilizie, meccaniche e funzionali di tutti i relativi servizi”.

In queste parole, dello stesso Carlo Mollino, le modalità della gestazione e della realizzazione dell’opera, che viene progettata con criteri assolutamente moderni essendo prevalsa, dopo lungo e acceso dibattito, la corrente di pensiero che riteneva necessario affrontare il problema della ricostruzione non sulla base dei precedenti modelli ma dei nuovi orientamenti architettonici e urbanistici.

I problemi che Mollino deve affrontare sono molteplici, soprattutto legati al fatto che il nuovo Teatro non soltanto andava inserito in un contesto urbanistico preesistente di notevole rilevanza storico-architettonica, ma addirittura era necessario integrarlo con la sopravvissuta austera facciata dell’Alfieri.

Il progetto di Mollino fu osteggiato dal gruppo consigliare del partito comunista italiano ed in particolare da parte del consigliere ed architetto Gino Becker che per le sue critiche, innestò una polemica con l’Ordine degli Architetti. 

Un artista come Mollino non poteva pensare di operare in senso esclusivamente conservativo o comunque vincolato a canoni estetici e architettonici strettamente filologici. La sua straordinaria personalità lo indusse quindi a dar sfogo alla fantasia suggerendo l’antica progenitura barocca attraverso un uso originale quanto geniale delle linee curve e delle sinuosità.

La costante stilistica che caratterizza più di ogni altra la fisionomia esterna ed interna di ogni parte del nuovo Teatro Regio – di cui Mollino disegnò peraltro ogni minimo dettaglio, dai pomelli delle maniglie alle luci, dalle scale alle strutture in cemento armato – è appunto la linea curva.

La struttura esterna del Teatro è caratterizzata dall’uso di materiali che bene si integrano con gli edifici circostanti: oltre al laterizio, al cemento bugnato e alla pietra di luserna che riveste in parte anche la torre di scena, due grandi vetrate alleggeriscono i “fianchi” perimetrali, dando la possibilità di godere dai foyer della vista della elegante facciata juvarriana dell’Archivio di Stato (situata nell’odierna Piazzetta Mollino) e creando un suggestivo scambio di vedute tra interno ed esterno.

Carlo Mollino non poté godere di quella che può essere a ragione considerata la sintesi totale della sua esperienza: morì infatti pochi mesi dopo aver visto in funzione il suo testamento artistico-professionale.

Il nuovo Teatro Regio viene inaugurato il 10 aprile 1973 dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone ed a nome dl governo dal Ministro del Turismo e dello Spettacolo, il piemontese Vittorio Badini Confalonieri con I Vespri siciliani, opera di Giuseppe Verdi per la regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano.

Da quella data l’attività produttiva si è progressivamente incrementata, fino alle ricorrenze che hanno segnato la storia degli ultimi anni del Regio: nel 1990 il 250° anniversario dalla sua fondazionenel 1996 il centenario dalla “prima” assoluta della Bohème in diretta tvnel 1998 i 25 anni del nuovo teatro. Inoltre nel 1996 la sala è stata sottoposta a un importante restauro acustico.

Il Teatro Regio ha sempre rappresentato un vanto per la Città di Torino.

I più celebri direttori d’orchestra ed interpreti di successo ne hanno calcato il palcoscenico.


 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 09/04/2023