L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Chicca Morone: uno sguardo sull’oltre

Vita e morte, le due facce della Luna

Accabadora, un termine sardo che abbiamo imparato a conoscere attraverso lo splendido romanzo di Michela Murgia, pubblicato da Einaudi nel 2009 e vincitore, a buon diritto, del premio Campiello.

 

L’accabadora, la protagonista, è una donna che ha preso su di sé il compito di aiutare le persone ad andare oltre, quando la vita terrena è diventata troppo gravosa: non l’eutanasia di una mente pragmatica, ma un sollievo dalle sofferenze non più sopportabili, a volte un gesto pietoso dei familiari.

 

È una figura molto complessa, perché nella sua saggezza sa ciò che significa questo passaggio: assumersi la responsabilità di un compito così gravoso significa avvicinarsi alla creatura sofferente e “chiedere il permesso” alla sua anima, senza il quale non può avvenire il passaggio.

 

Perché queste donne hanno un linguaggio segreto con l’Oltre.

 

Voci contrastanti vogliono relegarla nel mito, nella tradizione popolare, senza una vera attinenza con la realtà… troppo difficile accettare che le vestigia della saggezza ancestrale possa offrire alla donna un ruolo così importante, una connotazione terrena e ben reale di quella Grande Madre che nutre e divora, partorisce e porta nell’Aldilà.

 

Eppure dal “Libro tibetano dei morti” alle iscrizioni egizie tale figura è ben definita, anche se viene descritta semplicemente come lettrice di un testo che aiuta il morente nei vari passaggi giorno dopo giorno.

 

Michela Murgia non ha bisogno dell’accabadora: dopo aver lottato per parecchio tempo con un carcinoma renale, sta affrontando il passaggio oltre l’ultimo velo in modo sereno, da guerriera quale ha sempre dimostrato di essere.

 

Ci sta insegnando a non aver paura della morte, perché è un passaggio obbligato per ognuno di noi.

 

Nel momento stesso in cui nasciamo abbiamo all’altro capo del filo - che a noi pare lineare, ma che in realtà forma un cerchio - un’altra nascita, l’Aldilà, il mondo da cui siamo venuti e che non ricordiamo, se non in casi speciali.

 

Moriamo perché siamo nati e nasciamo perché siamo morti da qualche altra parte: il bruco che diventa farfalla muore per rinascere in altra forma…

 

Viene attribuita al Dalai Lama la sentenza “Certe persone vivono come se non dovessero mai morire e muoiono come se non avessero mai vissuto” perché in effetti se la vita non fosse un continuo insegnamento, non riuscirei a capirne il significato.

 

Vivere significa apprendere di giorno in giorno la lezione che quotidianamente ci viene offerta e, se non abbiamo introiettato questo concetto, rischiamo di ripercorrere il cammino costellato da un errore - termine ben diverso dal concetto di peccato - dopo l’altro che è alla base della nostra evoluzione.

 

Ma pare che oggi ci sia una corsa alla negazione di quel legame che abbiamo con il divino, la spiritualità: dall’incredibile saggio di Yuval Harari “Homo deus” all’intelligenza artificiale che può sostituire ogni elemento terrestre, vivente o meno, appunto!

 

All’uomo che si arroga la funzione divina per oltrepassare il limite umano attraverso un microchip impiantato nel cervello aspetta un destino tutt’altro che rassicurante: siamo sempre nell’ambito della tracotanza da cui certi personaggi non riescono a elevarsi, imbevuti di un sapere freddo e monocromatico, privo dei colori che possono dare le emozioni, i sentimenti, la commozione in presenza di un episodio non mirato necessariamente all’accrescimento di beni materiali.

 

In presenza di paradigmi economico finanziari sono state messe a tacere voci di premi Nobel e ricercatori di spessore, per ascoltare gracidii di improbabili funzionari del governo senza alcuna competenza specifica.

 

E in quanto a sostituzioni, abbiamo avuto un florilegio di menzogne spacciate per Scienza in questi più di due anni nei quali un’ideologia che non ammette il dialogo ha distrutto vite umane, economia, tessuto sociale e fiducia nelle istituzioni.

 

La fede in quel qualcosa che venisse prodotto da televisione e giornali ha sostituito l’elaborazione razionale dei dati che avevamo sotto gli occhi: qualunque cosa non ammetta comunque il dialogo è tutto fuorché scienza; ma ai più questo concetto è sfuggito.

 

Sfugge anche, a tutt’oggi, che continuando ad accettare pedissequamente le deliranti imposizioni di chi sta seguendo un’agenda che prevede la riduzione della popolazione a tre miliardi e mezzo di abitanti sulla terra (da Vittorio Colao a Roberto Cingolani - per non parlare di Jacques Attalì addirittura negli anni Ottanta - lo hanno ripetuto più volte) ci troveremo molto presto anche noi “oltre”, dove non è detto non si stia meglio.

 

Viviamo in un luogo dove una élite viaggia su jet privati (con piloti non sierati) e tenta di spiegarci che c’è l’emergenza climatica; dove le madri hanno consegnato i propri figli nelle hub vaccinali ignorando quello che sarebbe successo (i dati sulla mortalità e danni irreversibili sui bambini sono agghiaccianti e inoltre previsti dalle case farmaceutiche); dove lo stato ricatta l’individuo che non intenda farsi iniettare una sostanza di cui non conosce la composizione; questo luogo ha più l’aspetto di un inferno che del paradiso terrestre. 

 

È stato chiesto al professor Vanni Frajese se siano utili i dibattiti in cui le istituzioni o non si presentano o tentano di cambiare la narrazione, come avvenuto a Vercelli sabato 6 maggio in cui il presidente dell’ordine dei medici e odontoiatri di Vercelli ha cercato di far passare la macroscopica “fake” della non obbligatorietà del vaccino: “Non sono in grado di dirlo: so solo che io continuerò a farli fino a che non otterremo il risultato che è quello che vogliamo, cioè di rimettere la logica e la verità al centro delle discussioni, altrimenti il futuro che noi lasceremmo ai nostri figli sarebbe un futuro di cui mi vergognerei. Noi non molliamo”

 

Sempre dal professor Frajese arriva un monito rassicurante sul fatto che la verità prima o poi emergerà perché il popolo la conosce bene, in quanto vissuta sulla propria pelle: il livello di stupidità non è tanto basso quanto l’élite crede.

 

“Puoi prendere in giro le persone fino a un certo punto e quello che sta accadendo adesso nel tempo, ad esempio alle proiezioni di “Invisibili” o in altri avvenimenti, è che ci sono centinaia e centinaia di persone che hanno capito: sono sempre in crescita perché, purtroppo, gli effetti avversi e i problemi dovuti a questa terapia - a tutt’oggi ancora sperimentale nonostante abbia avuto l’approvazione definitiva - sono sotto gli occhi di tutti. Questo non puoi toglierlo alle persone. Dall’altra parte non hanno capito e pensano che pian piano la cosa andrà a sfumare e a esser dimenticata: è semplicemente impossibile”

 

Eppure le persone dimenticano.

 

La storia non ci ha insegnato niente, altrimenti in presenza dei simboli nazisti della brigata Azov non avremmo creduto alla versione dei bravi ragazzi che leggono Kant: ma se lo dice la televisione è oro colato…

 

Forse è una questione di età e del fatto che il singolo individuo, quando è abbastanza maturo nell’ambito dell’evoluzione spirituale, trae dalle immagini concetti che si ricollegano rapidamente agli archetipi e le lezioni si susseguono ordinatamente, trovando una collocazione giusta nella personalità.

 

La libertà di pensiero deriva proprio dalla giusta acquisizione di dati su una struttura formata da studi ed esperienze equilibratamente miscelati: altrimenti è caos interiore decisamente deflagrante in un periodo storico in cui il caos esteriore regna sovrano.

 

La schiavitù è lasciarsi vivere accettando soprusi, imposizioni illegali, credere di non avere diritti, ma soprattutto non avere una propria identità diventando un numero, in attesa che qualche robot ci sostituisca.

 

Sole e Luna, Bene e Male, giorno e notte, vita e morte è tutto un susseguirsi di immagini in questo creato di cui siamo briciole infinitesimali: senza l’uno l’altro non esiste perché anche un foglio bianco su cui si scriva con una matita bianca resta un semplice foglio bianco.

 

Approfondire il rapporto con se stessi significa affrontare la propria ombra, il proprio nero, quella parte di noi che non amiamo, che neghiamo ma che è una nostra parte integrante con diritto di cittadinanza: solo così possiamo diventare interi vivendo sapendo che moriremo, per morire sapendo di aver vissuto.

 

 

Civico20News

Chicca Morone

Editorialista

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 14/05/2023