“Memorie di un vecchio soldato”, autobiografia di Giovanni Timoteo Calosso

Davide Bosso propone la prima traduzione italiana delle memorie del soldato napoleonico originario di Chivasso (TO)

L’epopea napoleonica in Piemonte resta ancora un ricco archivio da esplorare e che riserva ancora “storie e realtà” curiose e degne di essere divulgate.

È quanto ci propone Davide Bosso – membro della Società Storica Chivassese – che ha tradotto e pubblicato in self-publishing su Amazon il volume “Memorie di un vecchio soldato”, autobiografia di Giovanni Timoteo Calosso nativo di Chivasso, apparso nel 1857 a Torino e a Nizza Marittima.

Giovanni Timoteo Calosso nacque a Chivasso, il 24 gennaio 1789. Figlio di Benedetto e Caterina Rinaldi, commercianti che avevano avviato in città un “modesto stabilimento industriale” e messo al mondo una famiglia numerosa (cinque maschi e tre femmine), rimase orfano del padre all’età di sei anni. Dopo aver frequentato il collegio cittadino, a 17 anni, deludendo le aspettative della madre che avrebbe voluto avviarlo all’attività paterna, si presentò alla mairie della sua città per arruolarsi volontario in quella grande armée che infervorava la sua fantasia con bollettini di vittorie travolgenti.

Dopo otto anni di servizio sotto Napoleone, Calosso tornò in Piemonte, partecipò ai moti del 1821, fu condannato a morte e riparò all’estero.

Nel gennaio del 1827, quindi, sbarcò a Costantinopoli e fu subito chiamato al servizio di Mahmud II, sultano dalle idee moderne ed innovative che, dopo aver attirato l’ammirazione degli osservatori europei per il modo in cui era riuscito ad eliminare una volta per tutte lo strapotere dei giannizzeri, intendeva ora iniziare una serie di riforme ad iniziare dall’esercito che voleva riorganizzare sul modello di quelli europei.

Ben presto, infatti, il sultano lo nominò capo istruttore della cavalleria, elevandolo alla dignità di Bey; con il nuovo nome di Rustem Bey, il Calosso, grazie alla sua onestà, si guadagnò la stima di Mahmud II al punto che persino gli attaché diplomatici occidentali presso la Sublime Porta lo descrivevano come il “gran favorito” del sultano. Anche l’ambasciatore del Regno di Sardegna, Gropallo, dovette riconoscere l’importanza della figura del Calosso al punto che, fin dal 1828, sollecitò il ministro degli esteri de La Tour affinché chiedesse la grazia al re per la sua condanna.

Carlo Felice accettò e fece assegnare una pensione alla moglie del Calosso, dando anche la possibilità al figlio Emilio di studiare nel collegio dei Gesuiti di Novara.

Scoppiato il conflitto tra l’impero ottomano e l’Egitto, nel 1831 il Calosso fu inviato, insieme ad altri due ufficiali piemontesi, presso lo Stato Maggiore di Hussein Pascià, comandante in capo dell’esercito imperiale con il preciso compito, affidatogli dal sultano, di riferirgli sul trattamento riservato dagli ufficiali alla truppa. Il Calosso non esitò a denunciare la corruzione latente tra le fila di quelli che, un tempo, avevano fatto parte del corpo dei giannizzeri, attirandosi così la loro ostilità al punto che il suo dettagliato rapporto fu volutamente alterato per screditarlo agli occhi del sultano.

Calosso che, nel 1832, cadde in disgrazia e perse i vari incarichi, tra cui quello di istruttore dei giovani allievi dell’esercito che vedevano in lui un buon padre, suscitando le gelosie di chi aveva fatto di tutto per screditarlo presso il sultano. Nel 1839, dopo una caduta da cavallo, fu costretto anche a rinunciare all’incarico di istruttore della cavalleria e quando, l’anno successivo, chiese di poter ritornare in Piemonte, gli rimaneva solo il brevetto, onorario, di colonnello della Guardia imperiale ottomana; il re Carlo Alberto lo ricevette a corte in questa veste, cancellando definitivamente in quell’uomo il condannato a morte e l’esule.

Nel 1843, dopo aver ricevuto la nomina a cavaliere della Legion d’onore francese, con la cospicua liquidazione di 6.000 franchi e la pensione mensile di 600 franchi, concessagli dal nuovo sultano Abdul Medjid, il Calosso lasciò definitivamente Costantinopoli e ritornò in Piemonte.

Successivamente si trasferì a Nizza, divenuta in seguito francese, dove pubblicò le sue memorie e si spense, già vedovo, il 27 marzo 1865, all’età di 76 anni.

Le Mémoires d’un vieux soldat, pubblicate nel 1857 sia a Nizza che a Torino, in Francia sono a tutt’oggi considerate tra le migliori biografie del periodo napoleonico.

Davide Bosso ha il merito di presentare la prima traduzione italiana dell’opera originale, libri di avvincente lettura e meritevole di ampia divulgazione per rendere merito alla Storia e alle storie di personaggi del vecchio Piemonte a suo tempo insigni, ma ormai dimenticati dalla narrazione ufficiale.

Brani delle “Memorie di un vecchio soldato”, libro per la prima volta tradotto in italiano ad opera di Davide Bosso, saranno recitati in occasione di due appuntamenti dedicati alla figura di Napoleone, raccontata da due suoi soldati e accompagnata dalle suggestive musiche di autori legati alla storia napoleonica. Una ricostruzione storica degli eventi che hanno travolto e stravolto l'Europa rivoluzionaria e conservatrice che si svolgerà:

Presso il Teatrino Civico a Chivasso - 27 maggio ore 21.00;

presso la Cappella dei Mercanti a Torino - 28 maggio ore 21.00.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/05/2023