Gli scontri e le barricate in Francia, quale possibilità di contagio presentano in Italia e in Europa?

Dalla primavera in Francia si susseguono manifestazioni di protesta e veri e propri scontri con le forze dell’ordine

Quali conclusioni, seppur parziali potremo trarre dagli scontri e violenze che hanno funestato la Francia nell’ultima settimana?  Che il modello d’integrazione e assimilazione dei nord-africani e degli islamici medio-orientali, cittadini francesi a tutti gli effetti, sta miseramente fallendo.

Ma se mettiamo a fuoco quel che è accaduto sotto la presidenza Macron, senza risalire al Maggio Francese del 1968, constatiamo che le rivolte in Francia non hanno come origine soltanto l’aspetto migratorio, ma anche sociale, economico, di lotta contro il sistema, non solo di colore, ma per ragioni sociali, rivendicazioni economiche ecc. In effetti assistiamo alla contrapposizione a un sistema che non offre più grandi speranze di una vita, se non proprio serena, almeno pacata. E’ saltato l’ascensore sociale.

Qualche commentatore un po’ troppo di parte ha voluto evidenziare gli scontri e le barricate dei nostri vicini, quali anticipazioni dell’ondata di protesta che prossimamente potrebbe investire l’Italia, quasi per dare qualche suggerimento agli smandrappati leader dell’opposizione di sinistra.

Nonostante i tanti problemi che portano i francesi in piazza siano anche i nostri, per ora non ci sono avvisaglie vere e proprie di emulazione. C’è da chiedersi perché e la risposta potrebbe essere, a parte la questione banlieu, la differenza che passa tra Macron e Meloni.

Forse noi siamo meno aggressivi, più disincantati, timorosi e realisti.  E pigri. Infatti almeno la metà dei nostri concittadini non va alle urne, quando sappiamo bene che il voto è l’unico strumento utile, moderato, non violento, che dà voce a tutti e potrebbe provocare cambiamenti.

Forse abbiamo capito che quelle rivolte non portano da nessuna parte. In realtà ci abbiamo provato, a cambiare l’assetto politico con il voto, con i grillini, con la Lega, ora con un governo di centrodestra, guidato da una donna tenace e spavalda, ma anche molto competente.

Ma le proteste sono sempre guidate da minoranze rumorose, che non incidono affatto sui governi.  Nonostante i Gilet gialli, gli allevatori in guerra, i camionisti, immigrati, il potere resta a Macron che non sa che altro dire se non incitare e consigliare i genitori a tenere a casa i ragazzi. Una bella affermazione di successo!  

La narrazione ci racconta che né loro con le loro proteste né noi, con la nostra mormorante opposizione rappresentata da una segretaria che non sa nemmeno capire e parlare, senza una reale rivolta, riusciamo a cambiare le situazioni, poi con la piazza inferocita, non si cambia.

Piuttosto si assiste a incidenti con vittime più o meno innocenti. La piazza, arrabbiata o solo scontenta, non incide e decide.

Infatti, in Francia, come evidenziato in precedenti articoli, si sono verificati incidenti gravi, scatenati a causa della morte di un giovane di Nanterre, ucciso dalla polizia. Il ministro degli Interni fa sapere che gli arresti sono stati oltre 3300.

Incidenti anche a Bruxelles e Losanna. La protesta si sta dunque espandendo. Verso una sterile violenza.

Macron convoca riunione all’Eliseo.

L’ex premier e ministro dell’Interno francese Manuel Valls   su un giornale italiano esordisce: “In Francia è in crisi l’autorità dello stato”. “Nelle banlieue si sono concentrati gli immigrati e i loro discendenti, essenzialmente di origine africana. Parte di loro non si è integrata, non ama la Francia, le sue istituzioni, i suoi simboli”. Non è, però, un tema di povertà: “È stato speso molto denaro in quei quartieri. Nanterre non è una città povera. Il lavoro c’è”.

Piuttosto, aggiunge Valls, “sono crollate le grandi istituzioni politiche, il partito comunista, la chiesa, i sindacati, le grandi associazioni. Anche i sindaci non hanno più la forza che avevano vent’anni fa. E l’Islam ha preso un ruolo importante, forse eccessivo”.

Per valutare il carisma dei ministri di Macron, non dobbiamo dimenticare che Gerald Darmanin, ministro degli interni francese, nel maggio scorso, aveva insultato il premier italiano e il governo per la sua gestione dell’immigrazione.  “Non è in grado di risolvere i problemi migratori dell’Italia” giudicata in “gravissima crisi”.

Il nostro Ministro degli esteri e della Cooperazione internazionale Tajani, ne aveva chiesto le scuse, mai arrivate se non in modo silente, mediocre e insufficiente.

Ma c’è di più. Mentre la Francia annunciava un’ulteriore blindatura dei propri confini con il nostro Paese che, poco prima aveva definito un “Paese nemico” la sureté national si macchiava di violenze gratuite sugli immigrati che riuscivano a calpestare il sacro suolo.

 Per non ritornare sulle violenze e soprusi consumati a danno dei cittadini italiani che cercavano regolarmente di varcare il confine del Monginevro nel periodo del Covid. Ligi alle disposizioni vigenti in Italia, i nostri concittadini furono oggetto di dileggio, sequestro di documenti ed a volte di persona da parte dei gendarmi.

Questi sarebbero i coristi di “Libertè, E’galitè, Fraternitè?

Povera Francia decaduta, ove alberga il fallimento governativo.

 

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Articolo pubblicato il 07/07/2023