GIUSEPPE BARBARO e GIUSEPPE DE DONNO, due uomini senza maschera
Giuseppe Barbaro

Da Pirandello a Matrix - di Giuseppe Barbaro

Ci è sembrato doveroso ricordare Giuseppe De Donno, in questo tristissimo secondo anniversario della sua scomparsa, attraverso le parole del professor Giuseppe Barbaro, alla presentazione della prima edizione del Premio a lui dedicato.

Nessuno potrà mai dimenticare la figura maestosa di questo medico che ha preferito morire piuttosto che abiurare e tradire il giuramento di Ippocrate: un Giordano Bruno del XXI secolo.

Intorno a lui un cerchio di uomini liberi ha voluto onorarlo istituendo un premio rivolto a medici, giornalisti, attori che hanno avuto il coraggio di contrastare protocolli e imposizioni, risultati totalmente privi di efficacia, se non addirittura nocivi.

Sono volti che non vediamo mai sui canali televisivi convenzionali o sulle grandi testate, perché - secondo i progetti del Grande Burattinaio che muove i fili dei burattini - deve continuare l’ipnosi collettiva che ci ha fatto vivere questi ultimi tre anni una realtà distorta.

Sono volti che compaiono costantemente sui social consigliando stili di vita sani e spesso invitando alla calma: tutti sono convinti che prima o poi la Verità emergerà e a questo proposito voglio ricordare le parole di Giovanni Falcone, poco prima di essere assassinato con la moglie Francesca Morvillo e la sua scorta “La Mafia non è invincibile: come ogni cosa ha avuto inizio, per cui avrà fine”.

Attendiamo pazientemente, “pazientemente” si fa per dire... (Chicca Morone)

 

 

Il premio De Donno nasce dal concetto di Pirandello di distinguere la maschera dal volto.

La concezione pirandelliana deriva dal Decandentismo, movimento che alla fine dell’Ottocento segna la crisi del Positivismo e della spiegazione scientifica della realtà.

Una visione che ha forti ripercussioni sull’attualità contemporanea in cui assistiamo al predominio dell’immagine nel mondo social.

Oggi, viviamo assediati dalle immagini, in una smaterializzazione progressiva dei corpi e delle identità.

In questo presente digitale in cui mostrare - ma soprattutto mostrarsi - è diventato il nuovo modo di raccontarsi, la visione pirandelliana della maschera si concretizza in una tragica realtà che si fa ogni giorno sempre più tangibile.

Come ci ricorda Alice Figini, la celebre frase di Pirandello, citata nel romanzo Uno, nessuno e centomila, risuona come una profezia: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”.

Il significato della citazione è noto: Pirandello, nell’analisi della Figini, ci ricorda di guardarci sempre dall’apparenza delle persone.

Fuori di metafora, si critica una società che alla sostanza preferisce l’apparenza fatta di un perbenismo ipocrita e vacuo.

Rendendo manifesta l’antitesi tra maschera e volto, Pirandello ci invita a cercare l’autenticità, che è sempre più rara, in quella parte d’anima messa a nudo, delle persone vere che incontriamo lungo il nostro cammino.

Vivere nel mondo significa dunque assumere diverse maschere come se si recitasse come attori su un grande palcoscenico.

È ciò che Pirandello definisce poeticamente la “recita del mondo”.

L’identità individuale è un magma informe e sfuggente che la società cerca di governare a tutti i costi imponendogli una forma prestabilita, ovvero la maschera, ma senza il volto, quando si rimane soli, si è nessuno.

In questi ultimi due anni è prevalsa l’ipocrisia (nell’antica Grecia l’ipocrita era l’attore) e la menzogna, per cui l’ipnosi di massa è stata generata da attori (medici, politici, giornalisti) che hanno recitato il pensiero unico inaccessibile al pensiero critico.

 

Abbiamo vissuto all’interno di una commedia pirandelliana dove la maschera era il dogma e l’attore era il servo che la doveva indossare.

In questo contesto storico, in cui viene premiata la maschera del servitore indossata da servi che impongono, a loro volta la maschera, era opportuno premiare i volti che, negli specifici settori professionali, hanno rifiutato la maschera che veniva loro imposta.

 

Da queste considerazioni nasce un premio dedicato ai volti dei veri servitori che hanno rifiutato la maschera di falso servitore imposta dai servi del sistema esprimendo il pensiero critico in funzione della verità.

Tale premio non poteva che essere dedicato a Giuseppe De Donno, che rifiutando la maschera del servitore, ha mostrato il volto di medico umano e di ricercatore onesto e critico, fino all’estremo sacrificio, per trasmettere la verità in funzione dei valori etici basati sui principi ippocratici che sono il corpo costituente della deontologia medica.

Tale premio, nella sua prima edizione, ha voluto riconoscere professionisti che nel loro specifico settore, hanno espresso la verità empirica contrastando l’ideologia dogmatica imposta dal sistema.

Nel ringraziarvi per l’interesse e la partecipazione, ringrazio chi, con impegno e passione, ha contribuito, non senza difficoltà, all’organizzazione e alla realizzazione della prima edizione del premio De Donno, istituito per dare testimonianza alla verità negata attraverso il nome dell’illustre medico vero testimone della verità scientifica e morale.

 

© 2023 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 27/07/2023