Primarie in Argentina: l'anarco-capitalista Milei distrugge peronisti e radicali
Javier Milei

Scardinato alle primarie il sistema di potere post-dittatoriale argentino che ha visto l'alternanza peronisti-radicali.

Domenica 13 agosto 2023, nella Repubblica Argentina, si sono svolte le primarie. Le quali hanno visto la partecipazione di 22 diverse formule presidenziali, cioè coppie di presidenti e vicepresidenti.

Ma cerchiamo di capire cosa sono le primarie in Argentina.

A differenza delle nostre primarie, interne alle singole fazioni politiche, lì sono un sistema elettorale pubblico, che serve a scegliere ufficialmente i candidati dei partiti o delle coalizioni che parteciperanno alle elezioni presidenziali. Le primarie argentine si chiamano PASO, acronimo che sta per Primarie Simultanee Obbligatorie, così chiamate perché si svolgono nello stesso giorno per tutte le formazioni politiche, e per via del fatto che la partecipazione è obbligatoria sia per i partiti che per gli elettori aventi diritto di voto.

Le primarie in Argentina sono state introdotte nel 2009 dall’allora presidente peronista di sinistra Cristina Kirchner, dopo una sconfitta imprevista nelle elezioni di metà mandato. Il sistema delle primarie ha lo scopo di rendere più trasparente e democratica la selezione dei candidati e di evitare le divisioni interne ai partiti prima del voto.

In queste primarie il candidato più votato è stato l'economista ultraliberista Javier Milei, della coalizione 'La Libertad Avanza' (Lla), con oltre il 30% delle preferenze. Milei ha promesso di ridurre il deficit fiscale, privatizzare i servizi pubblici e di dollarizzare la valuta nazionale.

Il secondo candidato più votato è stato il ministro dell'Economia Sergio Massa, della coalizione peronista Union por la Patria (Up), con il 21% dei voti. Massa ha sostenuto il governo peronista di sinistra dell'attuale presidente Alberto Fernández, che ha affrontato una grave crisi economica e sociale.

La terza candidata più votata è stata l'ex ministro della Sicurezza Patricia Bullrich, dello schieramento di centrodestra Juntos por el Cambio (JxC), dell’Unione Civica Radicale, con il 16,7% delle preferenze. Bullrich, erede del presidente Macri, ha criticato la gestione della pandemia da parte del governo e ha proposto una maggiore sicurezza e una riforma fiscale.

"Siamo in condizioni di vincere al primo turno. Un terzo degli argentini ha deciso per il cambio", le parole di Milei dopo il trionfo: "Siamo di fronte alla fine del modello della casta, quel modello la cui massima espressione è l'aberrazione chiamata giustizia sociale che solo produce deficit fiscale. Oggi abbiamo dato il primo passo per la rinascita dell'Argentina".

L’economista ha ricevuto gli applausi dagli spagnoli di Vox: “Congratulazioni a tutti gli argentini che vogliono voltare pagina sull'indebitamento sistemico, la corruzione, il saccheggio delle classi medie e la sottomissione alle agende disintegrative della sinistra globale”.

 

ANALISI del VOTO

 

Dopo il peronismo e le dittature militari, l’Argentina in questi ultimi anni si è vista alternarsi fra peronisti di sinistra e liberal radicali (civici radicali), entrambi accomunati dalla forte opposizione ai precedenti regimi. Lo spazio per un peronismo di destra sociale non è mai più tornato, una tantum si affermavano peronisti liberisti di destra in opposizione a quelli progressisti, all’interno però dello stesso partito peronista.

Questa volta le primarie presentano un quadro insolito per il Paese. Fra peronisti e radicali spunta un terzo incomodo, un economista anarco-capitalista di destra, Javier Milei.

L’esito “a sorpresa” di queste primarie è dovuto alla situazione in cui si trova oggi l’Argentina. L’attuale governo arriva infatti al PASO (primarie simultanee obbligatorie) in una situazione molto delicata. Da anni il paese latinoamericano attraversa una crisi economica gravissima, con un’inflazione che negli ultimi mesi ha superato il 100 per cento su base annua. Nell’ultimo anno i prezzi sono quasi raddoppiati, il peso argentino vale sempre meno e quasi il 40 per cento della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Dopo il fallimento del 2001, che portò il paese al collasso, l’Argentina sembra vivere in uno stato di perenne crisi, con qualche momento di respiro dato soprattutto dai prestiti internazionali, più che da una reale soluzione economica alle storiche criticità.

Milei ha 51 anni e come detto, è un economista, il quale è stato a capo di diverse società di consulenza private, ha fatto il conduttore radiofonico e ha insegnato all’università per più di vent’anni. Agli argentini sembra l’uomo giusto per far uscire il Paese dalla crisi inflattiva. È stato anche consigliere economico di Antonio Domingo Bussi, militare durante la dittatura in Argentina (dal 1976 al 1983), eletto deputato alla fine degli anni Novanta, poi espulso dal parlamento e accusato di crimini contro l’umanità.  Ha fondato un movimento politico anarco-liberista,La Libertad Avanza”, il quale attira consensi soprattutto tra i giovani e tra chi è deluso dalla politica tradizionale.

Tra le altre cose, Milei dice che lo Stato dovrebbe occuparsi solo di amministrare la giustizia e di garantire la sicurezza, che la banca centrale ruba denaro agli argentini attraverso l’inflazione e attacca costantemente quella che considera la “casta” della politica, cioè le formazioni politiche argentine tradizionali. Pur avendo rivisto toni e stili del passato, Milei continua a usare una retorica populista aggressiva, è negazionista rispetto ai numeri dei ‘desaparecidos’ e della crisi climatica (i ‘desaparecidos’ sono le persone sparite durante la dittatura, di cui non si sono avute più notizie). È contro l’aborto e il femminismo, è favorevole all’uso delle armi per tutti, vuole ridurre le tasse, i programmi assistenziali e privatizzare le imprese pubbliche.

“Non sono venuto per guidare pecore ma per risvegliare leoni”, questo il suo motto in una delle campagne elettorali degli anni scorsi. Il leone è anche emblema del suo partito. La campagna elettorale scorsa la fece vestendosi da militare, con dei giubbotti antiproiettile, mostrando spille con la bandiera degli Stati Uniti. Il richiamo alle precedenti dittature militari è fortemente esplicito.

Gli argentini non hanno dimenticato le molteplici crisi economiche e sociali che si sono susseguite dopo la caduta dei regimi militari. Peronisti di sinistra e radicali 'liberal' hanno indebolito il Paese e le Forze armate, oltre ad aver impoverito le aziende e la classe lavoratrice nazionale. Tutto questo ha avuto un peso, drammatico, oltre che incerto sull’avvenire del Paese.  E ci dimostra come delle volte non basta sventolare le bandiere ideali della democrazia e della libertà per garantire benessere ai cittadini.

 

© 2023 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 15/08/2023