Il degrado di certi quartieri li trasforma in ghetti autogestiti che spesso lo Stato fatica a presidiare
Gli stupri di Palermo e Caivano hanno fatto suonare fragorosamente le sirene dell'allarme sicurezza. I riflettori dei media - ma anche del governo - sono puntati sul degrado di certi quartieri che diventano ghetti autogestiti che spesso lo Stato fatica a presidiare. Ma non è solo un problema di presenza di forze dell'ordine. «Sono fatti che riguardano sicuramente i temi della sicurezza e della prevenzione ma sono anche di carattere culturale, coinvolgono e devono coinvolgere sempre più l'educazione dei ragazzi e la scuola», ha dichiarato ieri il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi.
Sulla stessa linea di Piantedosi si è posto don Maurizio Patriciello, che si trova da tempo in prima linea proprio a Caivano. «Ha ragione il ministro quando dice che non è solo una questione di sicurezza. È una questione di cultura, di diritti [...]. Serve, innanzitutto, che Parco Verde esca dall'isolamento, lo Stato non è solo la divisa di validissimi investigatori che tanto stanno facendo e ai quali va il nostro ringraziamento. Lo Stato c'è anche quando ci sono altri servizi, come la presenza di una linea di trasporto o anche una farmacia» - ha affermato il parroco.
E' vero la risposta a questi episodi aberranti è culturale, che interroga le famiglie, le scuole, le parrocchie (quando ci sono). La prima riflessione a caldo che ho fatto (l'ho messa su Fb) è quella di riportare un aneddoto che raccontava spesso Giovanni Cantoni, fondatore di Alleanza Cattolica...Il “Pierino” (ragazzo) di turno diceva Cantoni che frequenta la scuola e poi ritorna a casa, il padre esasperato di fronte al figlio "maleducato", sbotta: “ma a scuola non ti insegnano nulla”... Sempre lo stesso Pierino a scuola, la prof esasperata per il suo comportamento “maleducato” reagisce: “ma a casa tuo padre non ti insegna nulla...”.
Infine, il Pierino che frequenta la parrocchia, anche il prete di fronte alle sue azioni scomposte replica: “ma in famiglia, a scuola non ti insegnano nulla...”. in pratica sosteneva Cantoni, al PIERINO di turno NESSUNO si prende la briga di raccontargli come deve VIVERE nella società...Sostanzialmente nessuno vuole fare quel faticoso lavoro educativo (da ex insegnante, ne so qualcosa) di raccontare quali sono le regole elementari da rispettare. E' un lavoro che qualcuno deve pur fare. Diversamente lo fa la “strada”.
A questo proposito mi ritorna in mente l'episodio che citava il compianto monsignor Luigi Negri in un suo libretto sull'emergenza educativa. Negri commentava la risposta insulsa che hanno dato i professori del liceo Spedalieri di Catania a una lettera-appello degli studenti (del 15 febbraio 2007, apparsa su La Sicilia). Il Comitato studentesco, dopo gli incidenti allo stadio “Massimino” per la partita di calcio Catania-Palermo, che ha perso la vita l’ispettore di polizia Filippo Raciti. In questa lettera gli studenti si interrogavano sul grave episodio. Una intelligentissima lettera scritta da questi ragazzi ai loro insegnanti, dicendo che dovrebbero dare loro delle ragioni per vivere e per studiare.
A questa richiesta umanissima i professori di quel liceo, hanno risposto (con una lettera pubblicata da La Sicilia del 4 marzo 2007) che non era compito della scuola dare risposte, ma solo “suscitare domande”. Perché loro sono nella scuola per insegnare le quattro cose che hanno imparato rinnovandole ogni anno, qualche volta senza neanche cambiare le parole con cui le presentano. “Si tratta di una spaventosa deresponsabilizzazione culturale”, scriveva Luigi Negri, su cui la stampa non è intervenuta. Le parole degli insegnanti suscitarono un certo scandalo: “Non possiamo, né vogliamo, darvi delle risposte, ma prepararvi affinché siate voi non solo a chiedervi quale sia il senso della vita ma anche a riuscire a individuare, tramite lo studio del cammino culturale dell’uomo sociale, le risposte adeguate al vostro percorso.
Proporvi, o imporvi, delle verità è integralismo, cioè barbarie, e pertanto questo atteggiamento non può avere luogo nella scuola pubblica, cioè democratica e laica [...]”. In pratica in questo episodio scriveva Negri, “l’assenza di comunicazione fra le generazioni è stata plateale”, e certamente, “Se la stampa fosse intervenuta sarebbe stata più con gli insegnanti che con questi ragazzi, considerati come gente che pretende l’impossibile, mentre essi volevano essere aiutati a cercare la verità, che, come diceva Platone, “è quello che rende la vita umana veramente umana”. Perché sto raccontando questi episodi per dire che spesso la colpa dell'emergenza educativa è degli adulti e non dei giovani.
C'è tutto un mondo dello spettacolo, del cinema, ma anche della cultura, che alimenta, diffonde, un certo clima, che gli studiosi definiscono, “pansessualismo”. Pertanto se ogni giorno i messaggi che passano sono sempre dello stesso tenore non bisogna poi meravigliarsi se certi giovani (non tutti per fortuna) arrivano alle aberrazioni di questi giorni. Intanto sarebbe da proporre a quei vip, che mostrano come un solo coro l'hastag “io non sono carne”, invece di rispondere con le solite campagne social, a sostegno delle vittime abusate, ridotte a preda, a un pezzo di carne da stuprare.
Perché non organizzare campagne di condanna e di divieto per tutti quei programmi, film, musical, serial, dove la donna è ancora esposta alle telecamere per essere considerata oggetto di consumo e di piacere fine a sé stesso? E che dire della pornografia. Nessuno collega la piaga del femminicidio alla pornografia dilagante. Si può fare qualcosa per quanto riguarda l’oltraggio al pudore, così come esistono leggi contro la pedopornografia, si possono emanare leggi anche per impedire la produzione di pornografia violenta, che degrada e abusa le donne.
Nel mio piccolo in questi anni ho letto e presentato nelle mie collaborazioni sui siti, qualche libro che racconta la Rivoluzione sessuale in corso nelle nostre società. Visto che questi atti di violenza sessuale poi si sono trasmessi sui social, c'è un interessante volumetto “Far web. Odio, bufale, bullismo. Il lato oscuro dei social” (Rizzoli 2017) di Matteo Grandi, che “si limita a raccontare come viene trattata la donna, «il quadro che emerge è fin troppo esplicito nella sua brutalità». Sono troppe le donne che hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita. Pertanto non c'è da sorprendersi se sul web le derive misogine raggiungono abissi indicibili”.
Per il giornalista, “sul web ormai si arriva allo stupro virtuale, una nuova forma di ultramisoginia”. Pertanto,“Dopo oltre quarant'anni di pansessualismo, di RIVOLUZIONE SESSUALE i risultati sono questi, quelli che si vedono ogni giorno frequentando i social. Chi semina vento non può che raccogliere tempesta”. Naturalmente sul web le categorie potenzialmente più esposte sono le donne, più fragili e deboli. Non condivido tutte le premesse culturali di Grandi, tuttavia anche lui è convinto che occorre un lavoro culturale educativo per spazzare le ombre della misoginia che sono ancora forti nella nostra società, nonostante la rivoluzione culturale del 68. Una rivoluzione che doveva liberare la donna invece l'ha incatenata a vecchi legami, fino a renderla schiava del sesso.
Sempre sullo stesso tema della pornografia dilagante, c'è un interessante testo di Lucetta Scaraffia, “Storia della liberazione sessuale” (Marsilio 2019) La scrittrice sostiene che ogni ostacolo alle immagini ritenute offensive al senso del pudore è considerato non solo sbagliato, ma inutile. Lo vediamo nel cinema, in televisione, in internet, che ormai trasmette a chiunque, qualsiasi tipo di pornografia. Siamo giunti al punto che «la mancanza di pudore, equiparata a coraggiosa e moderna apertura a una vita libera, fa sì che oggi addirittura ci siano persone che diffondono immagini pornografiche di se stesse, salvo poi pentirsene, soprattutto se giovani donne».
La Scaraffia affronta anche la squallida questione del sesso con i minori, che fa parte della rivoluzione sessuale, delle “conquiste” del sessantotto. Ricordate lo slogan “vietato vietare”, si pensava che la rivoluzione sessuale dovesse abolire ogni concetto di perversione, fino ad arrivare alla liberazione della pedofilia. Attenzione la Scaraffia ricorda che i guru della rivoluzione sessuale avevano garantito che la liberalizzazione dei comportamenti erotici avrebbe comportato la fine della pornografia, considerata solo un effetto della repressione. Nessuno aveva previsto invece il suo trionfale aumento.
Ci sono altri due testi che consiglio di leggere a chi è interessato a combattere questa battaglia culturale educativa sul sesso, uno è della giornalista tedesca Gabriele Kuby, “La Rivoluzione sessuale globale. Distruzione della libertà in nome della libertà”, (Sugarco 2017) La Kuby scrive del suicidio demografico, per lo spopolamento del nostro Occidente, delle famiglie sfasciate, dei nostri pochi giovani che ormai sono prede della droga, dell’alcool, della pornografia. Dobbiamo ringraziare i tanti alfieri del sessualismo e del pansessualismo. La sociologa e giornalista tedesca li ha individuati, partendo dalla Rivoluzione francese, la madre di tutte le ideologie e di tutte le ideocrazie contemporanee.
C’è un vero e proprio progetto dove accomuna tanti uomini di pensiero apparentemente diversi come Jean-Jacques Rousseau e Charles Fourier, Karl Marx e Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, Wilhelm Reich e Alfred Kinsey, John Money e Margaret Sanger, Jack Kerouac e Simone de Beauvoir.. Ce ne sono tanti altri, famosi e meno noti, “ciò che li accomuna è la dissolutezza ragionata sia di quanto hanno predicato sia delle vite che hanno condotto, o quantomeno di come sono andate a finire. Droghe, alcool, pazzia, occultismo, suicidio”.
Infine un altro testo che raccomando all'attenzione dei volenterosi educatori, è quello di uno studioso americano, psicoterapeuta, Peter Kleponis, “Uscire dal tunnel. Dalla dipendenza da pornografia all'integrità”, (D'Ettoris Editori, 2019) La pornografia è una delle piaghe sociali meno conosciute. Un gran numero di persone ne diventa dipendente, compromettendo l’integrità delle relazioni coniugali, familiari ed anche lavorative. Gli effetti di una esposizione frequente e prolungata ai video pornografici sono nocivi per la salute fisica e mentale. Tuttavia da questa dipendenza se ne può uscire. Questo libro conferma ampiamente questa tesi.
“Uscire dal tunnel”, intende aiutare chi desidera conoscere il problema, informando sulle caratteristiche delle immagini pornografiche, sul loro impatto sul sistema nervoso, sulla dipendenza emotiva e chimica che ne deriva. Inoltre il testo indica la strada su come uscire da questa dipendenza «per riacquisire la libertà, riacquistando la propria integrità attraverso l’auto-aiuto, la terapia e il sostegno dei gruppi d’incontro». Il libro di Klepenis è stato consigliato da monsignor Gualtiero Bassetti, ex presidente della CEI: «Questo libro – scrive il cardinale – è uno strumento utile per tutti coloro che si occupano di educazione, fornendo una copiosa quantità di informazioni a livello statistico, sociale, psicologico, sanitario e persino pastorale riguardo al fenomeno della pornografia[…]».
Il cardinale ricorda il documento della CEI, “Educare alla vita buona del Vangelo”, dove si richiama ad una “emergenza educativa”, a cui bisogna provvedere a partire dalle famiglie, parrocchie, scuole, associazioni di ogni tipo, al fine di contrastare questa deriva diseducativa ormai presente da troppi anni.
Concludo questo mio intervento con le parole del ministro Eugenia Roccella che intervenendo al Meeting di Rimini, sostiene che lo stupro di Palermo ha confermato che è necessario «intervenire sul piano educativo» e «forse anche sulla fruizione del porno per i minori». “Il caso di Palermo è lampante – ha detto la Roccella - c’è una sfida educativa che dobbiamo vincere e che richiede forse anche altri strumenti, per esempio un intervento sul controllo della fruizione da parte dei minori del porno”,
La discussione intorno a una maggiore regolamentazione nella fruizione del porno mainstream (quello disponibile su siti come Pornhub e YouPorn, che è per la maggior parte gratuito e facilmente reperibile) non è nuova, se ne parla da tempo in molti paesi del mondo e d’Europa. Qualche mese fa ad esempio il governo francese ha presentato una proposta per impedire ai minorenni l’accesso ai siti porno attraverso un meccanismo «affidabile» di certificazione della maggiore età.
Il ministro titolare delle Pari Opportunità e della Famiglia ha sottolineato che casi tragici come quello avvenuto a Palermo non sono risolvibili con una legge, ciò che serve è l’educazione, con un lavoro culturale a monte.
In questi giorni, di fronte ai ripetuti casi di stupro di gruppo ai danni di ragazze o addirittura ragazzine, ho posto il problema dell’accesso precoce a una pornografia che peraltro è sempre più violenta e degradante. Non perché ci sia ogni volta necessariamente un nesso di causa-effetto, ma perché il tema esiste e dobbiamo porcelo, dobbiamo discuterne come stanno facendo in molti Paesi del mondo.
Gli studi parlano di sette anni come età media del primo accesso dei bambini a contenuti porno, ed è evidente che le tecnologie hanno moltiplicato il fenomeno in modo esponenziale.
Si tratta di capire cosa offriamo ai nostri ragazzi, di cosa nutriamo gli anni della loro formazione come persone, come interpretare la genitorialità in un mondo sempre più complesso nel quale il gruppo dei pari sembra prendere sistematicamente il sopravvento sulle relazioni “verticali”.
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Articolo pubblicato il 29/08/2023