Pirandello oltre la damnatio memoriae. Di Piero Flecchia

Mentre la vertà finisce di allacciarsi le scarpe la menzogna ha già fatto il giro del mondo. Mark Twain

Il professor Giuseppe Barbaro, in un meditato intervento su CIVICO20NEWS, è ricorso, a rappresentare l'Italia del COVID, alla bella metafora pirandelliana, così esposta da un suo personaggio: Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.

 

Detto in demotico, il più delle soggettività umane non giunge ad elaborare una propria analisi critica degli accadimenti storici nei quali coinvolta, per cui finisce per subirli: abitarli entro imbonimenti spesso pensati da un altrove affaristico politico religioso.

 

Nella citazione del professor Barbaro è il cuore della riflessione pirandelliana, ma anche la ragione per la quale la cultura ittagliotta, intrisa di viltà, ne ha decretata una vera damnatio memoriae, come balza evidente già ad una rapida scorsa dei cataloghi delle due case editrici che nella seconda metà del XX secolo hanno rappresentato il culturalmente corretto, e di sinistra: la Einaudi, e di destra: la Adelphi. In questi due enciclopedici cataloghi di libri si cercherebbe invano un segno della scrittura di Luigi Pirandello: per le illuminanti edizioni Einaudi ed Adelphi mai accaduta. Perché?

 

La più meditata risposta è in un passo del grande antichista Santo Mazzarino (Catania 1916 – Roma 1987), per anni titolare della cattedra di Storia Romana alla Sapienza di Roma. E che fin dall'adolescenza meditò sulla scrittura del conterraneo Luigi Pirandello, - dal quale lo separava mezzo secolo - sulla cui speculazione intellettuale si era formato, ponendo al centro della propria riflessione storiografica un concetto di decadenza di ascendenze pirandelliane “Uomini i quali possiedono (beati!) la verità come dogma filosofico non possono comprendere Pirandello. … (lo impedisce) la (loro) fiducia nelle 'magnifiche sorti progressive' come ironicamente le chiamava Giacomo Leopardi. … Pirandello non credeva in tali dogmi filosofici (e in dogmi filosofici in genere).

 

Cercava soltanto di avvicinarsi alla verità: i dogmi non lo interessavano affatto. Ciò lo portava, tra l'altro, ad antinomie inconciliabili tra la sua concezione del mondo e la filosofia allora dominante in Italia, dei neoidealisti, che elevavano a dogma le loro credenze. Perciò, nel 1934, un 'credente', Benedetto Croce, scrisse che Pirandello mostrava 'nella sua seconda maniera', vale a dire, secondo Croce, nel romanzo 'Il fu Mattia Pascal' e in altri analoghi scritti, 'né arte schietta, né filosofia.' … Al filosofo napoletano la 'prima maniera' di Pirandello parve rappresentata dal romanzo I vecchi e i giovani, che gli sembrava ritrarre cose 'logore e stanche in tutto'.

 

Il romanzo I vecchi e i giovani fu pubblicato la prima volta nel 1909, e poi nel 1913, ergo non può essere inteso come 'la prima maniera', perché Il fu Mattia Pascal, considerato dal filosofo napoletano come 'seconda maniera' era stato pubblicato nel 1904. Questi gli errori di Croce, e questi i suoi giudizi, … Oggi invece, in Italia, si suole associare il giudizio negativo su Pirandello ad allusioni più o meno marcate su 'Pirandello fascista', (mentre) al tempo del fascio … (si denunciava) che l'arte di Pirandello non era fascista.

 

Un fatto è importante: nell'aprile 1921 il fascista Giovanni Gentile – un filosofo neoidealista allora amico intimo di Croce – avviò una vera e propria 'persecuzione' (come Pirandello giustamente la denominò) contro Pirandello, facendo di tutto come 'commissario regio', e poi (all'ascesa al potere del fascismo) come ministro fascista dell'Istruzione Pubblica, perché Pirandello al più presto (nel dicembre del 1922) perdesse la cattedra all'Istituto di Magistero di Roma … Come altri (in verità estremamente pochi) uomini straordinari di ogni tempo, Pirandello fu allora, ed è ancora oggi (a quasi mezzo secolo dalla sua morte), la vittima necessaria. Si pensi all'Empedocle di Holderling (anche Empedocle, come Pirandello era akragantino): 'grande è la divinità e grande è la vittima'.

 

Tuttavia è triste che il genio della persuasione Benedetto Croce con i suoi errori e con la sua critica superficiale abbia potuto operare (in Italia) un tale annientamento del genio creativo di Pirandello. - Santo Mazzarino, Pirandello, la storia dell'Italia antica e moderna, pp 225-6”.

 

Mentre oggi, osserviamo di passaggio, la Adelphi sta ripubblicando tutta l'opera di Benedetto Croce, nel passo sopra citato il grande storico antichista Santo Mazzarino espone le ragioni della damnatio memoriae, nell'ambito della cultura italiana, sull'opera di Luigi Pirandello, a negare: occultare la stringente analisi del problema della decadenza; che impronta la speculazione pirandelliana e la rende universale.

 

Ma appunto per questo sistematicamente avversata imparzialmente da tutti quanti ittagliotti campano professionalmente di ottimismo: e in primis i politici e la pretaglia; professionalmente condannati all'ottimismi, al di là delle legittimazioni vuoi cristiane vuoi marxiste vuoi fascite, con le quali l'ottimismo legittimano, nutriti dal canto lirico degli scrittori professionalmente ottimisti, come appunto i vari Croce, Gentile e via procedendo.

 

Grande storico del mondo classico, del quale nella sua speculazione storiografica aveva abbracciato tutto il millennio di ascesa e dissoluzione, Santo Mazzarino aveva maturato la sua riflessione storiografica, fin dagli anni giovanili, nella mediazione della visione umanistica di Pirandello: del quale lo storico, nei suoi tardi anni, decise di ricostruire gli orizzonti spirituali, a liberarli dai banalizzanti luoghi comuni della (in)cultura ufficiale.

 

Ma così anche, nel contempo, realizzando, nel suo racconto pirandelliano, una sorta di grande rivendicazione morale, nonché atto d'accusa contro la pochezza della cultura italiana a lui contemporanea. E Santo Mazzarino lo fece entro la stessa metodica da lui applicata ai grandi personaggi storici del mondo classico: studiando e dislocando la parabola Pirandello tra l'Italia di Crispi e quella del Truce, con al centro quella che Santo Mazarino definisce la belle époque italiana: gli anni dell'egemonia giolittiana. E dettaglio particolarmente significativo, Santo Mazzarino, in ragione della propria sostanziale estraneità intellettuale dalla cultura dell'Italia a lui contemporanea: la cultura del cattomarxismo, scelse di scrivere direttamente in tedesco la sua riflessione sulla vicenda Pirandello. Il testo era in avanzata fase di redazione quando Santo Mazzarino morì (1987). Vi aveva già premesso anche una ironica dedica 'Alla dea della Verità, Alétheia figlia di Crono, la quale forse gode oggi di una esigua venerazione.'

 

E una sottile, amara ironia percorre tutta la scrittura del saggio di Mazzarino su Pirandello; una ironia che l'autore ha appreso, come afferma nel contesto dell'opera, proprio alla scuola di Luigi Pirandello.

La cultura germanica ha editato e meditato lo splendido saggio del grande storico: la sua lettura dell'opera pirandelliana, che finalmente, dopo quasi mezzo secolo dall'edizione germanica, per la traduzione di Maria Adele Cavallaro, fedele Vestale del Fuoco Santo Mazzarino, diventa accessibile anche agli italofoni, come lo scrivente, senza litterae (Santo Mazzarino, Pirandello – La storia dell'Italia antica e moderna, pp XXXV, 256, ed. WriteUp, Roma 2023, € 25,00).

 

E leggendo questo profondo saggio, con la comprensione della visione dell'universalismo pirandelliano, si è anche introdotti nella mazzariniana comprensione della decadenza del nostro Risorgimento dalle alte visioni, a un tempo difformi e convergenti che l'avevano caratterizzato a discendere dai d'Azeglio,  Cavour,  Mazzini, nella miseria spirituale del becero imperialismo fascista; che purtroppo continua a infestare, correi cattolicesimi e pseudomarxismi nostrani, il paesaggio speculativo della Penisola. E del quale la lettura del saggio di Santo Mazzarino su Luigi Pirandello è oggi forse il più efficace disinfestante.

 

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Articolo pubblicato il 05/09/2023