Giovanni Paolo II ricorda la vittoria di Vienna nel 1683

Ci sono casi in cui la lotta armata è una realtà inevitabile

Il 12 settembre, la Chiesa ricorda il SS Nome di Maria, ma nessuno ricorda la grande vittoria delle armate cristiane guidate dal re polacco Giovanni Sobieski a Vienna nel 1683 contro l'immenso esercito ottomano di Kara Mustafà, che nonostante la sua superiorità ha dovuto soccombere anche per i suoi errori strategici come scrive lo storico militare Alberto Leoni. La storia dell'Europa poteva cambiare se la coalizione cristiana non avesse vinto quella battaglia. Interessante la descrizione di Leoni su Il Sussidario.net di oggi. Una vittoria fortemente voluta da un monaco cappuccino Marco d'Aviano e dal Papa di allora Innocenzo XI.

 

“Da tutto l’impero, infatti, accorrevano milizie e volontari per essere inquadrati nell’armata di soccorso ed è giusto ricordare i nomi di alcuni loro capi: il principe Georg F. von Waldeck guidava 9mila uomini dai territori dell’Alto Reno; il principe Massimiliano conduceva 10mila bavaresi; l’elettore del Brandeburgo protestante dava 1.200 soldati e Sobieski altri 15mila. È al re polacco che spettava il comando supremo e Carlo di Lorena, positivamente influenzato da padre Marco d’Aviano, accettò di buon grado tale subordinazione. Il lettore moderno ha letto bene: soldati cattolici e protestanti marciavano in battaglia sotto la stessa bandiera, archiviando definitivamente, almeno nell’impero, i disastri della guerra dei Trent’anni conclusasi solo pochi decenni prima, nel 1648”. (Alberto Leoni, VIENNA 1683/ Da Sobieski a Eugenio di Savoia, le vittorie “sotto il segno della croce”, 14.9.23, Ilsussidiario.net).

 

Giovanni Paolo II, ricorda la vittoria di Vienna del 1683.

 

Quarant'anni fa il 19 settembre 1983 san Giovanni Paolo II tenne un discorso nella piazza degli eroi a Vienna. Un discorso che offre un’interpretazione storica quanto mai attuale.

“È giusto – disse il papa – ricordare con ammirazione i difensori e i liberatori di Vienna che hanno opposto resistenza all’attacco con una collaborazione esemplare. Noi siamo soprattutto consapevoli del fatto che la lingua delle armi non è la lingua di Gesù Cristo e neppure la lingua di sua Madre, alla quale allora come oggi ci si appella come aiuto dei cristiani.

 

Ci sono casi in cui la lotta armata è una realtà inevitabile a cui in circostanze tragiche non possono sottrarsi neanche i cristiani. Ma anche in questo caso è vincolante l’imperativo cristiano dell’amore per il nemico, della misericordia: colui che è morto sulla Croce per i suoi carnefici trasforma ogni mio nemico in un fratello, cui spetta il mio amore, anche se mi difendo dal suo attacco. Così questo Giubileo non sia il festeggiamento di una vittoria bellica bensì il festeggiamento di una pace donataci oggi in contrasto, annunciato con gratitudine, con un avvenimento che era legato a una così grande sofferenza. Dobbiamo dimostrarci degni della libertà che allora è stata difesa con così grande impegno.

 

Voi cristiani in Austria e in tutti gli altri Paesi del Continente! Mostratevi degni di quei fratelli nella fede che anche oggi devono subire persecuzioni per la loro convinzione religiosa e per il loro modo di vivere il cristianesimo, e che devono fare grandi sacrifici. Abbiate il coraggio e la forza – che vi vengono dalla nostra responsabilità cristiana – di impegnarvi anche nella politica e nella vita pubblica per il bene dell’uomo e della società nel vostro Paese e oltre le frontiere.

 

Nella Croce sta la speranza di un rinnovamento cristiano dell’Europa, ma solo se i cristiani stessi prendono sul serio il messaggio della Croce. Croce vuol dire: dare la vita per il fratello per salvare, con la sua, la nostra vita. Croce vuol dire: l’amore è più forte dell’odio e della vendetta: dare dà gioia più che ricevere. Impegnarsi è più efficace che chiedere. Croce vuol dire: non c’è naufragio senza speranza, non esiste buio senza stella. Nessuna tempesta è senza porto sicuro. Croce vuol dire: l’amore non conosce limiti: inizia col tuo prossimo ma non dimenticare chi è lontano. Croce vuol dire: Dio è sempre più grande di noi uomini, è la salvezza anche nel più grande fallimento.

 

La vita è sempre più forte della morte. Come seguaci di Cristo, cari fratelli e sorelle, voi siete chiamati a dare una risposta liberatoria e una speranza agli uomini di oggi che vivono fra molteplici minacce e turbamenti, con la forza che vi deriva dalla Croce di Cristo, con la vostra parola piena di speranza e con l’esempio cristiano di vita. E curate soprattutto la preghiera. Pregate come hanno fatto i cristiani nella sofferenza del 1683. … Raccoglietevi con me in quest’ora sotto il segno della Croce, che oggi abbiamo innalzato in questa piazza per quella vera crociata dell’impegno cristiano e della preghiera.

 

Come allora il beato Papa Innocenzo XI chiamava i popoli minacciati alla Santa alleanza, così oggi il suo successore al soglio di Pietro si appella alle vostre coscienze: la battaglia spirituale per una sopravvivenza in pace e libertà richiede lo stesso impegno e coraggio eroico, la stessa disponibilità al sacrificio, la stessa forza di resistenza con la quale i nostri Padri salvarono allora Vienna e l'Europa! Prendiamo questa decisione e affidiamola al simbolo della Croce di Cristo, del Signore di tutta la storia poiché nella sua Croce c’è veramente speranza e salvezza!”.

 

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Articolo pubblicato il 17/09/2023