2001: per un nuovo Museo Egizio a Torino. 2023: inaugurazione del nuovo Grande Museo Egizio del Cairo

Storia di un sogno nel cassetto riesumato oggi, mentre la politica bisticcia sulle visite a sarcofagi e mummie trafugate al deserto

 

Doverosa premessa

 

Mentre la cronaca ci riporta la sterile polemica innescata dalle critiche di Giorgia Meloni nei confronti del direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco, dall’altra parte del Mediterraneo, sulle terre d’origine della civiltà egizia, qualcuno si sta muovendo con molta serietà e senso pratico, per accogliere i loro tanti reperti storici in un grandioso spazio espositivo, impartendoci un'araba lezione di architettura monumentale.

Dopo 20 anni di studio e di lavori, il nuovo, Grande Museo Egizio del Cairo, progettato dallo studio irlandese Heneghan Pens Architests, verrà inaugurato in questi giorni del 2023. Ampi spazi alti 30 metri, richiami alle forme piramidali e poi, oltre 200.000 m²: ricreazione, shopping, cultura e quant’altro. Soggetti a cui pensai tanti anni fa.

 

il nuovo Grande Museo Egizio del Cairo

È un’occasione che mi porta a rievocare un progetto proposto in un remoto 2001 per un nuovo Museo Egizio a Torino, quand’era in aria di rifacimento, terminato nel 2015, progettato dallo studio OMA di Rotterdam, non senza polemiche, pur con superficie raddoppiata e un’esposizione più ariosa.

 

Questo estratto è ricavato da un progetto per lo più descrittivo. Il motivo risale al novembre dell'86, quando, a causa di un incidente stradale, mi ritrovai paralizzato. Con una protesi applicata alla mano però, dal '94 sono tornato a inserirmi nel mondo del lavoro, per lo più letterario. Doverosa premessa, vista la semplicità grafica, prodotta con un programma Word di oltre 22 anni fa, l'unica che allora sono riuscito a realizzare con i miei mezzi.

 

MOTIVAZIONE DI UN PROGETTO NATO MOLTI ANNI FA

 

Ero ancora piccolo quando visitai l’Expo Italia 61, ma forse fu lì che scelsi la mia strada. Avrei voluto diventare un architetto. Vent’anni dopo conseguivo la pergamena covando un progetto ambizioso. Promisi di provarci prima o poi, o non me lo sarei perdonato mai. Il destino è stato poco collaborativo, ma nel 2001 ho voluto osare lo stesso.  

 

Torino è una bella città, ma come tante altre in Italia vive sulle opere e sulla storia di un artistico passato. Il presente propone poco, manca un nuovo Rinascimento con lo sguardo oltre il presente e il tornaconto del traffico. L’architettura del cemento, qui non ha partorito meraviglie, e parafrasando il compianto Maestro Ezio Gribaudo: “solo la bellezza ci salverà”, siamo in debito con la storia. Di questo progetto, rimasto poi nel cassetto, ne parlai anche col Maestro Renzo Piano (del quale conservo la corrispondenza), e delle risposte ne vado fiero.

 

Filosofia di una forma

 

L'idea che nacque allora, ruotava intorno a un grande edificio piramidale per rispetto e in sinergia con quei reperti trafugati dalle sabbie dell’Egitto e tradotti in oscuri locali di età barocca, riadattati, ma privi di anima e di quelle emozioni ataviche legate alle sabbie del deserto, ad ampi spazi e ai misteri di una civiltà ultra millenaria.

 

Le parti in corsivo sono tratte da quella relazione:

 

L’aspetto di un edificio museale ha un'importanza assoluta. Il contenitore deve figurare ciò che accoglie e riceverne vita, primo approccio visivo per il suo contenuto. La forma di un Museo Egizio deve dunque avere un senso storico. Deve essere maestosa e inquietante.”

 

Il modesto plastico imbastito nel 2001 forse può bastare per restituirne il senso. Lo fece in quell’anno, quando strappò l’interesse dell’assessore alla cultura Fiorenzo Alfieri, molto colpito dal modello dopo la presentazione. Quale miglior “sarcofago” infatti, per un Museo Egizio, se non una forma quanto più vicina a una piramide? Ma questa forma non prende luce, opaca, color sabbia, come dev'essere se l’aspetto vuole trascinare la fantasia fuori dal caos della città ed evocare ampi spazi lontani. Una forma rigida però, può essere anche manipolata.

 

Il  limite fisico

 

Nella descrizione mancano le piante, i prospetti, le sezioni, i calcoli strutturali, i particolari. È un deficit dovuto alla complessità dell’opera e ai miei limiti fisici. L’intuizione però rimane intatta e a pochi giorni dall’inaugurazione del Grande Museo Egizio del Cairo, sale il dispiacere sapendo che, per questioni “… varie”, non fu presa in esame più di tanto.

 

Forma rigida & fantasia elastica

 

La forma può rimanere intatta, ma la si può spaccare, lasciare che la luce del dio sole (Ra) possa penetrare dalle superfici interne verticali, ombreggiata e meno diretta rispetto ai piani inclinati perimetrali, in modo da non far penetrare i raggi UV e salvaguardare le opere all’interno. Così è al Cairo. 

 

“Quattro corpi collegati da camminamenti esterni inclinati come i passaggi segreti sepolti all'interno della Grande Piramide di Cheope, tesi verso la costellazione di Orione, quattro blocchi imponenti in uno spazio libero. Un’icona del passato e del presente, un nuovo emblema per Torino.”

 

La scelta di suddividere il solido in quattro parti uguali nella loro struttura fu proposta anche perché più economica, sia da un punto di vista progettuale che esecutivo, a parità di volume, ma con un modulo più piccolo e più flessibile, piuttosto che una costruzione unica quattro volte più grande.

 

Interni & atmosfere

 

All’interno, la sabbia del deserto sulla quale poggiare le statue e ogni altro reperto, disposti su un’ampia sequenza di piani leggermente inclinati sui quali i visitatori salgono senza gradini.

All'ultimo piano dei quattro elementi, punti panoramici che possono ospitare bar e ristoranti, sala conferenze, biblioteca cartacea e virtuale, e altre funzioni legate al museo, ma non solo. Altri luoghi legati alla cultura, ricavati in 3 piramidi più modeste, e una scuola di restauro in un complesso adiacente.

I visitatori provengono da lontano e poiché visitare con calma l’intero museo richiede tempo, ritenni opportuno offrire alloggio in un albergo ricavato al di sotto del ventre della piramide.

Piccole camere accoglienti, ma spoglie, imbastite per creare nel cuore e nella mente del viaggiatore, una misurata sensazione di mitologica inquietudine, da serbare anch’essa come un intimo ricordo. Un’opportunità per chi è venuto dagli USA, dal Giappone, per chi non ama fare le cose di fretta, per chi odia gli orari di chiusura, per chi ama consultare libri, fare shopping o semplicemente, dormire o far tardi in un luogo tutto da scoprire.

 

L'economia non è un sarcofago

 

Forse quell’idea del 2001 era un progetto "faraonico", ma resto persuaso che le mezze misure non pagano, mezze sono e mezze restano. A distanza di anni, viste le scelte urbanistiche poi applicate su quei terreni, l’opinione è sempre più presente, sebbene non più valutabile.  

 

In un progetto ex novo si potevano distribuire ad hoc i reperti, in un ambiente iconico per una nuova tendenza monumentale, quella dei “centri polivalenti della cultura”, offrendo varie occasioni per lo più artistiche, in edifici dall’architettura multifunzionale.

 

La scelta del luogo e sue motivazioni

 

Costruito negli anni 20 tra corso Umbria, corso Principe Oddone e via Stradella, accanto al polo ferroviario di stazione Dora, sorgeva il complesso delle Ferriere Fiat, chiuso nel 1990 e per anni, archeologia a cielo aperto di grossi mausolei industriali, fino a una bonifica della vasta area, in parte destinata a parco, in parte all’edilizia abitativa e infine, abbattuta la scorrevole sopraelevata di Corso Mortara, a un discutibile svincolo del traffico che si avvale anche delle vecchie gallerie industriali. È quella spina 3 che si arena nei mitici ingolfi della maxi rotonda di piazza Baldissera. Sono certo che si sarebbe potuto fare di meglio, tutto questo allora non c’era.

 

 

 

Dentro il parco, dentro alla città, dentro al quartiere

 

“Da anni, prima ancora del mio incidente stradale, quando transitavo sulla sopraelevata di Corso Mortara, sbirciando sull’ampia area delle ferriere immaginavo altro al posto degli altiforni che ora non ci sono più. Vedevo la piramide svettare imponente, ma libera. La vedevo specchiarsi nelle acque della Dora come fosse un piccolo Nilo e poi tiravo dritto fino al semaforo, ragionando sull’idea.…”

In quel 2001 scrivevo:” “Un monumento museale come quello descritto deve essere visibile, facile da raggiungere per cittadini e forestieri, tramite viabilità e mezzi pubblici, senza lesinare in pur obsoleti, ma ancora necessari parcheggi sotterranei. Spero che la logica del profitto non sia attratta da nuova cementificazione e prevalga su una più lungimirante visione di un’area da restituire al verde e regalare alla città ”. Visioni risultate esatte.

 

“Il museo nel cuore del nuovo parco Dora… Struttura celata nei salienti che incombono sui ''vuoti'' apparenti. Quattro parti di uno, inserite in un esterno di relax, sport & verde. Un nuovo, grande polmone attorno al monumento, simbolo della città. Ossigeno e tranquillità al cospetto di una forma indiscutibile che dialoga e protegge, raccontando all'uomo che la civiltà non è uno spot, ma una conquista, che ogni opera animata dagli ideali della ragione, restituisce l’essenza della sua esistenza”

 

La piramide e il suo spazio

 

“Le dimensioni prevedono un'altezza di circa 50 metri e un'inclinazione della faccia della piramide di 45°, quindi le facce diagonali sulle quali ricavare le superfici vetrate sarebbero lunghe circa 75 metri ciascuna a livello del suolo, e il lato maggiore dei quattro corpi, quello opaco, 100 metri nel punto più basso. Le misure sembrano importanti, e lo sono, ma la collocazione ''chiusa'' dei 4 corpi contiene la costruzione in un’area di circa 14.000 mq, facilmente suscettibile di correzioni. La superficie espositiva invece, sarà molto più ampia, a seconda delle suddivisioni interne”.

 

Altri motivi di una forma, riportati tra i tanti

 

“Mi sono immaginato la tipologia scavando il solido, lasciandolo impenetrabile sulle facce dei salienti e illuminando l’interno con vetrate che riflettano se stesse. All’interno lo spazio espositivo da scoprire un po' per volta, accentuando i processi di attenzione e di interesse, invitando il visitatore nei collegamenti sospesi, alla scoperta della storia custodita dal prossimo spicchio della piramide”.

 

La relazione originale, molto più completa e dettagliata, analizzava poi tutta una serie di opportunità, di difficoltà, del ruolo di un museo allargato, ma pur sempre in via Accademia delle Scienze, un sito di tutt’altra filosofia. Il metaprogetto accennato, che continua a piacere molto a blasonati colleghi e semplici addetti ai lavori, non ha la pretesa di essere più di se stesso. Allora proponeva originali sviluppi qui non più elencabili per questioni di spazio e di leggibilità di un articolo, ma conservati nel progetto e proponibili in una seconda stesura se questa parte saprà stimolare la curiosità del lettore.

 

 

Immagine di copertina elaborata tramite Photoshop da Alessandra Sartoris Grapihc Designer

© 2023  CIVICO20NEWS - riproduzione riservata 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/09/2023