Per gli industriali serve una scossa all'economia

L'Opinione di Luigi Cabrino

Confindustria rileva che l'economia italiana è ferma, i prezzi stanno rallentando la loro corsa ma restano alti mentre il livello elevato dei tassi di interesse limita non poco l'accesso al credito da parte delle imprese.
Il PIL italiano è rimasto fermo nel terzo trimestre e gli indicatori dicono che all’inizio del quarto l’attività nei servizi è in lieve calo, come nell’industria. Anche se l’inflazione in Italia è finalmente tornata sotto il 2,0%, i tassi sono ai massimi e bloccano il canale del credito, frenando consumi e investimenti, mentre l’export aiuta poco.

Con le guerre in corso sale l’incertezza ma non il costo dell’energia (finora) che è però ben più alto del pre-crisi energetica: a novembre, gas e petrolio a 41 euro/mwh e 85 dollari/barile. È  quanto afferma Confindustria Flash, per cui, inoltre, i servizi sono in flessione e l’industria ancora debole.

L’inflazione italiana si è ridotta bruscamente a ottobre a +1,7% annuo (da +5,3% a settembre), grazie a un “effetto base” molto favorevole sui prezzi energetici, crollati al -19,7% annuo (+26,8% nello stesso mese del 2022 a causa del picco del gas). I prezzi core di beni e servizi continuano a frenare ma solo lentamente (+3,7%), come quelli alimentari (+6,3%), grazie alla parziale moderazione delle commodity. Sono valori non ancora pienamente in linea con la soglia del +2,0%.

È la nota di Congiuntura Flash di Confindustria. I tassi però – si osserva -sono alti e forse non ancora fermi perciò il credito è troppo caro e meno disponibile.
Peggiora la situazione del credito per le imprese italiane: il costo è salito al 5,35% a settembre, la caduta dei prestiti è arrivata al -6,7% annuo.

Nel 3° trimestre, infatti, la domanda ha continuato a ridursi per i tassi troppo alti e i criteri di offerta sono divenuti più rigidi: sempre più imprese restano senza credito. Buone notizie vengono dai prestiti in sofferenza, stabili a 19,3 miliardi.

Conclude così Confindustria Flash sul tema dell' accesso al credito. A inizio novembre la FED ha tenuto, per la seconda volta, fermo il tasso USA (a 5,50%), come pure la BCE a fine ottobre (4,50%). Lo scenario base è che i tassi sono giunti ai massimi, come indicano i future,che scontano i primi tagli nel 2024.

Tuttavia, Powell ha sottolineato il rischio di nuovi rialzi, se la crescita USA non frena e l’inflazione resta alta (+3,2%); e Lagarde ha ribadito che altri rialzi potrebbero esserci anche nell’Eurozona, in caso di nuovi “shock” che modifichino lo scenario.

 Luigi Cabrino 

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Articolo pubblicato il 21/11/2023