A due mesi dall'attacco di Hamas un refresh storico sulla questione palestinese.
Quando si parla della questione palestinese spesso lo si fa senza pensare come tutto è nato.
In questi mesi di riacutizzazione del conflitto ci siamo resi conto che anche le grandi testate giornalistiche non prestano molta attenzione alla storia, e tendono a racchiudere tutto in un fantomatico “colpo di scena”, avvenuto il 7 ottobre 2023. Nulla di più falso.
Non si può non tener conto di quello che la professoressa Berta Berti, a fine anni ’70, definiva come “nazionalismo arabo” e che spiegava così ai suoi studenti: “Il risveglio del nazionalismo arabo non era un fatto recente, ma le richieste d’indipendenza erano rimaste inascoltate: allo scoppio della 2 Guerra Mondiale la Francia teneva ancora sotto il proprio dominio coloniale Marocco, Algeria e Tunisia, e amministrava come “mandati” Siria e Libano. L’Inghilterra aveva il mandato sulla Palestina e sulla Transgiordania, ed era inoltre militarmente presente in Egitto”.
Sembra strano parlarne alla fine del 2023 ma, a metà del secolo scorso, si era ancora in pieno periodo coloniale e i popoli esasperati erano assai numerosi.
Non a caso la professoressa Berti tiene a precisare come “questa situazione fu sconvolta dalla guerra, proprio quando le risorse petrolifere del Medio Oriente andavano acquistando una crescente importanza. Mentre la Libia, perduta dall’Italia, diventava uno Stato monarchico indipendente nel 1951, la Francia rinunciava ai mandati su Siria e Libano (1946) e l’Inghilterra riconosceva l’indipendenza della Transgiordania, che si costituiva in Regno di Giordania”.
Dall’altro lato, invece, l’Arabia Saudita, lo Yemen e l’Iraq avevano dato vita alla Lega Araba, contando di federare molti altri Paesi e di divenire un polo politico, economico e sociale fermamente opposto al fronte Occidentale.
In questo scenario geopolitico, tutt’altro che semplice, il pensiero dei fondatori della Lega Araba era quello di diventare la culla di un nuovo “nazionalismo arabo” cosa che, come possiamo affermare oggi, non è mai avvenuta. L’unica cosa che ha tenuto fortemente unite queste Nazioni è stata “la comune ostilità contro Israele”, come ben ci ricorda Berta Berti.
Gianfranco Petrillo, redattore de “Il Libro del Mondo”, nel 1977 scriveva: “I tentativi britannici per portare a soluzione l’intricato problema palestinese trovarono una via di sbocco nel 1947, quando le Nazioni Unite presentarono uno schema per la spartizione del territorio palestinese e la costituzione di due stati, uno arabo e l’altro ebreo”.
76 anni dopo possiamo dire con assoluta certezza che il tentativo è miseramente fallito. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha creato una situazione insostenibile e – a ben vedere – insanabile.
Dopo la creazione dello Stato di Israele, infatti, gli arabi si sono incattiviti e hanno acceso una stagione di lotte senza eguali. Il tutto è irrimediabilmente deflagrato quando il 14 maggio 1948 il Capo del Partito Laburista Israeliano (Mapai), David Ben Gurion (nella foto a destra), ha proclamato ufficialmente la nascita dello Stato di Israele.
Da quel giorno, senza mai una reale tregua, i Paesi Arabi hanno dichiarato guerra agli Israeliani. Essi, loro malgrado, hanno dovuto far fronte ad attacchi continui da parte del terrorismo islamico e sono stati considerati i colpevoli della diaspora di 750.000 palestinesi che – con la creazione dello Stato di Israele – hanno dovuto abbandonare la terra in cui sono nati.
A tal riguardo scrive Gianfranco Petrillo: “I combattimenti si protrassero sino al gennaio 1949, ed i successivi armistizi fissarono i confini del nuovo Stato. La disfatta degli arabi provocò in tutti i Paesi gravi crisi interne, irrequietudini e ribellioni”.
Il 7 ottobre 2023 si è semplicemente giocata un’altra mossa della partita iniziata – e mai conclusa – in quel 1947 quando l’Inghilterra, coadiuvata dalla Nazioni Unite, decise di creare a tavolino lo Stato di Israele, escludendo dal tavolo delle trattative i membri della Lega Araba.
La speranza è che, dopo 76 anni di sofferenze, morti e contese, i due Popoli si siedano finalmente attorno ad un tavolo e aprano la porta alla diplomazia. Non si può pensare di protrarre la contesa fino alla fine del mondo.
Quanta gente dovrà ancora morire per la bramosia di potere e la sete di supremazia di pochi e prezzolati prepotenti?
Torneremo senz’altro sul tema.
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Articolo pubblicato il 07/12/2023