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L’uomo, i misteri e l’ignoto
Ignoro, ergo sum …
… nascondere la testa nella sabbia non è mai una buona soluzione perché lascia tutto il resto del corpo esposto a qualsiasi evenienza ed indifendibile da essa.
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 11/09/2022

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 65 del 30.11.2021 che è stato suddiviso in 11 articoli. Questo è il n°4.

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Viviamo in una bolla di ignoranza strutturata come una società autodichiaratasi evoluta (non si sa bene rispetto a cosa) e così evitiamo di farci altre domande, ritenute inutili, o semplicemente non ci poniamo il problema di farcene. Tuttavia questo nostro modo di disinteressarcene non fa cessare nemmeno uno dei processi vitali in atto nei quali siamo fortunatamente coinvolti per la nostra sopravvivenza e per il nostro stesso bene. Processi che implicano altresì non pochi effetti apparentemente contrari a quel “nostro bene” poiché necessari al mantenimento di un certo equilibrio delle cose che continuiamo a voler negare contro ogni evidenza. Infatti si tratta dell’applicazione costante della legge “simile attira simile attraverso il polo opposto” che, pur essendo ineludibile, si tenta invano di allontanare da sé in ogni modo fantasiosamente ricercato da una scienza che sempre più sta diventando un nuovo dogma religioso da adottare a prescindere dalla realtà che intende provare. Una pazzia che ormai permea ogni aspetto della nostra esistenza, ormai così radicata, pervasiva, accettata e condivisa da essere ritenuta la sola realtà da chiunque ritenga di essere sano di mente e che gli fa dire dal suo punto di vista dietro le sbarre del suo personale manicomio: accidenti quanti pazzi ci sono là fuori!

 

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Tutti gli elementi viventi o esistenti nell’universo, negli universi o dove volete voi, sono disponibili sempre e comunque per chiunque e per ogni parte di tali entità. Quando in alcune filosofie si dice che tutto è uno e viceversa, questo fa storcere il naso a molti scienziati, ma alcuni fra loro, una volta arrivati al limite della capacità di verificarne la validità con gli strumenti messi a disposizione del loro campo di ricerca, hanno cominciato ad “annusare” che cosa significhi tutto ciò. Arrivando a comprendere che esiste un’altra modalità con cui ognuno di noi può andare oltre il limite imposto dalle circostanze o autoimposto dalle proprie caratteristiche naturali. Un limite che niente e nessuno impedisce di superare se solo se ne accettano le condizioni per il suo superamento. Un limite che rimane insuperabile solo se viene ritenuto tale o imposto come tale da sé stessi in sé stessi. Ovviamente anche solo per averlo sentito dire da altri.

“Tu non sei capace di fare questo”, “quello che dici non è possibile”, “mi rifiuto di prendere in considerazione che sia possibile”, etc etc, sono ritornelli che si sentono spesso ripetere senza che se ne comprenda valenza e potenza inibitoria di possibilità, invece sempre presenti. “Se non sei un virologo, non puoi sapere se stai male a causa di un virus” si direbbe oggi. Ma anche se sei un altro tipo di medico. Tuttavia anche se ci sono molte migliaia di specializzazioni mediche e milioni di medici, ancora prima di loro esistono miliardi di esseri umani che, pur non essendo medici, conoscono sé stessi meglio di un medico, se non altro perché sono in relazione quotidiana con sé stessi e allo stesso modo di chi guida un’automobile possono guidarsi da sé meglio di come lo farebbe in loro vece il migliore dei medici ai quali potrebbero affidarci incoscientemente. Tutti gli esseri umani prima di diventare medici sono esseri umani e quindi in ognuno di loro ci sono conoscenze di base che sono di gran lunga più importanti di quelle specifiche. Tutti gli esseri umani contengono in sé tutte le conoscenze essenziali per la loro vita. Poi alcune di queste possono essere sviluppate più di altre in ambiti specifici, ma se le altre vengono escluse o ridotte di capacità non è detto che il risultato sia migliore. Spesso è riduttivo ed autolimitante come nel caso degli scienziati citati precedentemente. Certo riferirsi ad un essere umano come potenzialmente capace di tutto fa pensare ad un delirio di onnipotenza, ma, guarda caso, è proprio quello che fanno tutti coloro che per quanto hanno studiato (anche se autoriduttivo di altre loro capacità di comprensione) nei confronti di quelli che sono solo semplici esseri umani, come se un essere umano sia tale solo se almeno sviluppato al loro pari specialistico. Oppure come dicono altri: visto che ti sei ammalato vedi di tirarti fuori da solo senza l’aiuto medico. Che è come dire: visto che vuoi mangiare il pane vedi di coltivarti da solo il grano e fare tutto quello che serve per arrivare a farti il pane. Bene questa visione semplicistica in pratica ci dice una cosa molto importante: prima di rivolgerci ad un medico per ricevere aiuto, dobbiamo interrogarci. Dobbiamo noi per primi, visto che siamo quelli che frequentano più a lungo e continuamente noi stessi, osservare e comprendere sempre meglio noi stessi, altrimenti quali informazioni trasmetteremo al medico, visto che che ci potrà osservare solo per qualche minuto e quindi ricavarne solo una visione limitata? Cosa possiamo pretendere che capisca chi ci vede solo per qualche minuto se non lo abbiamo capito noi che ci “vediamo” da sempre? Potrebbe farlo solo per magia o conoscenza infusa, diversamente dagli altri esseri umani che ne sarebbero sprovvisti. Come potrebbe farlo sapendo che ogni individuo è certamente diverso da un altro? Allora cerchiamo di capire perché sto dicendo che prima di tutto esiste l’essere umano e se egli non comprende cosa è, tutto quello che gli capita e al quale cercherà di dare spiegazioni o risoluzione, non farà altro che accentuare una ulteriore divisione e uno scollegamento dalla sua essenza primaria e dallo scopo della sua esistenza. Significa che pur essendo giusto ed opportuno che esistano determinati rimedi medico-scientifico, non è detto che ciò che fa bene ad uno faccia bene anche ad un altro, e neppure che lo stesso rimedio che ha fatto bene ad uno continui a fargli bene in un’altra circostanza simile, perché lui è cambiato. Ma chiaramente sulla base di ciò che noi vogliamo soddisfare dei nostri desideri, se siamo messi nella condizione di stare male il nostro desiderio è certamente quello di stare bene e quindi non ci interessa con quale mezzo ciò possa accadere. E più semplice e facile di assumere una pastiglia non c’è altro. Anche se ciò comporta l’azzeramento della nostra capacità di comprendere cosa ci sta accadendo e a quale finalità si rivolge. Il guaio è che così facendo si taciterà continuamente la nostra facoltà di comprensione dei segnali che ci vengono inviati alla coscienza dal nostro sistema, il quale sarà obbligato prima o poi a farsi sentire in modo ancora più forte e perentorio. Quello che ci viene segnalato in tal modo, attenzione, non è quasi mai ancora una malattia conclamata, ma segnali, amplificati dal corpo fisico provenienti dall’aggregato energetico, di sintomi propedeutici alla manifestazione di una anomalia del sistema che potrebbe tradursi in un danno transitorio o permanente del sistema stesso. Segnali che portano con sé anche le informazioni corrette per lasciar fluire il processo di ripristino del normale funzionamento del sistema o di guarigione della malattia ancora prima che si conclami o si sia già conclamata. I dati statistici riportano che il 2% delle cosiddette malattie, anche gravi, regrediscono spontaneamente. Ovviamente ciò accade solo se si evitano interventi velleitari o errati durante tale processo. E tuttavia non è certo che basti procedere correttamente perché il tutto si risolva, perché, come abbiamo detto, concorrono a tali stati condizioni che non conosciamo provenienti dal 95% di ciò che ci è sconosciuto. Quindi il fatto che si risolva o meno una situazione critica non dipende esclusivamente da ciò che noi facciamo, seppur correttamente. Qualunque cosa ci accada, per difficile che sia accettarla, è sempre un processo di ripristino o guarigione, poiché tutto ciò che esiste lavora esclusivamente per la propria autoconservazione. Tende alla vita, non alla sua soppressione. A prescindere da ciò che noi facciamo. Ovviamente possiamo intralciare tale evidenza con ogni sorta di azione, perfino messa in pratica con la migliore delle intenzioni. E anche nel caso in cui il nostro corpo fisico dovesse morire, non muore l’essenza che ha usato quel corpo.

 

Vorrà semplicemente dire che ne troverà un altro.

 

Ma questa è un’altra faccenda.

 

 

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prosegue nei prossimi articoli …

 

foto e testo

pietro cartella

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