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L’uomo, i misteri e l’ignoto
A che gioco giochiamo spensieratamente …
… sull’orlo di un burrone che ci pare di poter leggiadramente sorvolare senza alcun rischio!
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 19/09/2022

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 65 del 30.11.2021 che è stato suddiviso in 11 articoli. Questo è il n°8.

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Miglioramento della qualità e allungamento della durata della vita sono certamente obiettivi ritenuti positivi dalla stragrande maggioranza degli esseri umani; come non comprenderne le ragioni! A tal fine sono stati profusi sforzi di ogni genere. Abbiamo migliorato tutto ciò che possiamo vedere con i nostri occhi al di fuori, al nostro esterno, ma tutto ciò lo abbiamo fatto perché non siamo stati capaci di farlo, di migliorare quello che c’era dentro di noi. Altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di farlo all’esterno (come se fosse una protesi di un pezzo mancante). Perché avremmo avuto comunque la vita ed anche se solo avessimo avuto per un solo istante felicità e salute sarebbe bastato a darci, a farci provare la pienezza del senso della vita. Dopodiché, che senso avrebbe dover mantenere quello stato se non come base per poter andare di nuovo oltre?

 

Una sorta di processo entropico che non può che arrivare ad un concetto di infinito e su quello che è un limite raggiunto da questa società. Adesso siamo in un assurdo dove la tecnologia e il progresso ci ha portati ad un livello qualitativo che non è sicuramente quello del medioevo né da un punto di vista psichico, né psicofisico, dove effettivamente oggi ci sono persone fortunate che arrivano a 90 anni in ottimo stato di salute. Quindi la domanda è: si sta accelerando questa situazione distopica per necessità, per abbassare l’uomo che ha maturato un primo potenziale da cui evolvere o semplicemente siamo noi che stiamo creando una realtà distopica tramite determinate figure che in questo momento si sono palesate, stiamo creando noi i nostri carnefici perché raggiunto questo limite dobbiamo trovare nuovi stimoli per evolvere?

 

Sì, siamo certamente noi a creare i nostri carnefici! Su questo dubbi non ce ne sono.

 

 

 

 

Ma anche questo processo è funzionale alla comprensione del tipo di imprigionamento che ci siamo autocostruiti con le migliori intenzioni. Questo processo deve essere riconosciuto, per poter essere smontato e reso incapace di recare danno ulteriore, mediante un lavoro di osservazione, di igiene mentale sui desideri e pensieri, diretto dalla coscienza. Questo processo implica una pulizia essenziale, esattamente come avviene per le nostre cellule che una volta terminato il loro compito muoiono e vengono fagocitate da altre cellule per proseguire il lavoro. A grandi linee questo è il funzionamento naturale. Quindi per certi versi si crea da una parte una condizione osservabile e percepibile come miglioramento, mentre all’opposto si verifica un peggioramento a compensazione e mantenimento di un certo equilibrio volto ad evitare l’autodistruzione totale. In tal modo il processo può continuare e le sue variabili esprimersi fino a raggiungere un punto di massa critica. È ciò che sta avvenendo attraverso una crescita esponenziale della popolazione umana che si è moltiplicata di sette volte negli ultimi 150 anni, ed è come se avessimo accresciuto allo stesso modo la potenza di un processore che prima non ce la faceva a produrre la potenza di calcolo necessaria per rendere efficace un programma di trasformazione dell’essere umano. Adesso questa potenza è disponibile e il programma può essere utilizzato.

 

Riallacciandomi al processo entropico cosa succede: un processore sette volte più potente richiede sette volte più energia di prima.

 

Certo! Ma a quel punto la disponibilità di tanta energia concentrata è anche capace di produrre un cortocircuito che brucia tutto se l’hardware non è sufficiente a sopportarla. Infatti non si può semplicemente aumentare la potenza di un programma se il sistema non è in grado di reggerla. Esattamente come se avessimo creato fuori di noi dei dispositivi troppo potenti per le caratteristiche di elaborazione del nostro cervello. Abbiamo creato una banca dati di informazioni enorme e potente, ma se tutto ciò si riversasse dentro il nostro sistema in un solo colpo il nostro cervello collasserebbe o brucerebbe. Oggi passano dentro di noi milioni di informazioni ogni secondo, ma il nostro cervello è in grado di processarne solo 2000. Di tutto il resto che accade noi non ce ne accorgiamo, non ne siamo coscienti.

 

Io capisco perché i nostri carnefici stanno facendo determinate cose, per mia forma culturale, c’è solo un fattore che mi manca: perché hanno tutta questa fretta, perché hanno accelerato così tanto, perché potrebbero raggiungere lo stesso scopo con grande calma; non riesco a capire perché abbiano tutta questa fretta. Qual è l’elemento che ci manca?

 

Fantastico! L’unico elemento che sta alla base del nostro agire in questa maniera inconsulta si chiama paura di morire! Una paura che non deriva da ciò che noi normalmente pensiamo, ma è una paura che è conseguenza del modo in cui noi identifichiamo il fatto di essere stati privati della connessione con la fonte originale dell’energia e della vita e quindi, come strumenti, sentiamo l’impossibilità di gestire tale situazione e la sicurezza che noi vorremmo comunque avere anche in tale stato. Prima ancora della felicità e della salute, ci interessa sopravvivere ad ogni costo e per sempre. Appena sentiamo che qualcosa minaccia questa possibilità, mettiamo in atto tutte le correzioni che abbiamo a disposizione. Ma abbiamo capito che non possiamo o non basta. Sì, sembra assurdo, sembra tale che neanche un bambino lo direbbe. Attenzione però perché più si va avanti con gli anni, più si perde lo spirito del bambino e del senso della sua vita e si acquisisce il senso del voler mantenere questa vita all’infinito. Mentre la vita è già infinita. Proviamo a vedere da un punto di vista ancora più pratico questa paura. È la paura che si scopra l’incapacità a governare, a costituire posti di lavoro reali e sufficienti, l’incapacità a gestire un’economia che sta sempre più diventando globale e si fronteggia da varie parti come in una guerra, l’incapacità a gestire le relazioni di forza tra gli schieramenti opposti, praticamente l’incapacità rilevabile in tutti i settori delle competenze umane, e per questo è stata benedetta da questi signori la comparsa di un elemento di emergenza, in base al quale è possibile spostare l’attenzione da questi problemi irrisolti e, attenzione, irrisolvibili, dicendo che tutto ciò non può essere risolto a causa di questa o quella emergenza. Una paura che abbiamo già provato a schematizzare (vedi appunti del secondo incontro) per far comprendere come influisca sul nostro comportamento, ricordate?

 

 

Essi sperano così, grazie al modo di gestire le cose attraverso un’emergenza che permette di usare poteri speciali, di riuscire a cavarsela e durare il più a lungo possibile. Non importa a che prezzo e chi lo dovrà pagare. Un prezzo che sperano di far pagare a tutti quelli che supportano le loro scelte o li hanno spinti a tali scelte, come molti di noi. Attenzione, non si tratta di stabilire se sia giusto o sbagliato, ma, semplicemente, è una questione polare. Infatti se anche la maggioranza degli esseri umani fosse in maniera polare a favore di una certa cosa, questi signori non stanno facendo altro che creare la controparte polare, di forza uguale. Non importa se con un numero equivalente di persone, ma con un soverchiante numero di situazioni che potranno anche smentire la posizione della maggioranza, allo scopo di mantenere tutto in un certo equilibrio fino a quando la potenza degli opposti schieramenti sarà aumentata in modo sufficiente per far scattare un upgrade, un aggiornamento del sistema. Che piaccia o meno, anche al più potente della terra o all’ultimo a cui non importa niente di niente, perché si ritiene un numero senza valore tra altri come lui. È molto interessante osservarlo, ne stavo parlando con mia moglie poco fa, esercitandomi a fare previsioni in merito, a titolo di semplice divertimento. Senza sforzo alcuno, perché non occorre avere doti particolari per vedere dove tutto ciò va a parare. Ho scritto alcuni articoli più di sei mesi fa e quanto scritto si è puntualmente verificato non perché sia improvvisamente diventato un indovino, ma perché un processo di questo genere è talmente evidente da non poter sfuggire neanche al primo che lo osserva anche solo di striscio. Solo se non si vuole osservarlo, o si decide che non esiste, si può non vedere; “non c’è essere umano più cieco di colui che non vuol vedere”. E comunque in quel processo ci stiamo mettendo anche del nostro, siamo tutti complici, volenti o nolenti, per una ragione qualsiasi, anche se crediamo diversamente. E va bene così, finché possiamo e agiamo contribuendo a rallentare o accelerare il processo in tal senso. Comunque sempre a fin di bene, indipendentemente dalle conseguenze positive o negative osservabili. Altrimenti la tireremmo alla lunga per ere ed ere. Vittime e carnefici si attirano reciprocamente e alla bisogna si scambiano i ruoli come in una danza (gli opposti si toccano e si generano mutuamente). Come in una specie di rappresentazione in cui i personaggi si calano nei ruoli loro assegnati, c’è chi deve fare la vittima e chi il carnefice. Infatti e di conseguenza a forza di recitare i ruoli si finisce per diventare il personaggio rappresentato a tutti gli effetti.

 

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prosegue nei prossimi articoli …

 

foto, schemi e testo

pietro cartella

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