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“Holodomor”: quando Stalin sterminò con la fame milioni di contadini ucraini
La russificazione dell’Ucraina, olocausto dimenticato dai libri di storia
Articolo di Carlo Mariano Sartoris
Pubblicato in data 10/12/2022

La guerra in Ucraina si sta consumando in una terra che nel corso della storia è stata teatro di battaglie spesso decise dal “generale inverno”, con drammatici esiti per militari e popolazioni civili.

Dall’inizio di quest’ultimo conflitto, il sostantivo “genocidio” è stato evocato più volte come se fosse un legittimo movente per scatenarne altri. In questo caso, Vladimir Putin e Aleksandr Dugin, paladini del Donbass, avrebbero dovuto ricordarsi di Holodomor e della terapia d’urto che i bolscevichi dedicarono all’economia agraria di quella terra. Se le parole hanno un senso, gli ucraini avrebbero un ben altro genocidio da rivendicare.

Holodomor è il termine ucraino che identifica la carestia provocata dai deliranti progetti di Stalin, nel territorio dell'Ucraina, cagionando milioni di morti, soprattutto tra il 1932 e il 1933. Il motivo scatenante risale alla fine degli anni '20 del secolo scorso, quando, dopo la morte di Lenin (1924), Stalin aveva stabilito che ogni ricchezza del lavoro agricolo andava reinvestita nell’industria, locomotiva trainante della nuova economia sovietica pianificata dallo stesso Stalin. Affinché il progetto andasse a buon fine, campi e relativi raccolti dovevano passare sotto il controllo dello Stato.

La collettivizzazione.

L’Ucraina, allora più di oggi, era un territorio a economia rurale, con una gestione dei vasti poderi risalente alla Riforma Agraria del 1906 che, dietro pagamento, aveva assegnato le terre dello Stato a degli agricoltori denominati Kulaki. Un’economia privata impensabile per Stalin, deciso a una totale modifica della società agricola ucraina. Dunque, il progetto del neo Partito Comunista Sovietico, venne pianificato secondo radicali e violente fasi successive. Quella iniziale imponeva la fine di ogni proprietà privata della terra, con la creazione di fattoriecollettive” gestite dal Partito. Operazione eseguita tra il 1927 e il 1929 con una prima, importante deportazione nei Gulag di 2 milioni di mezzadri e latifondisti ucraini.

Negli anni seguenti le misure coercitive nei confronti dei coloni rimasti, si fecero sempre più pesanti. Le popolazioni sempre meno numerose, non erano più in grado di lavorare i terreni e tra il 1932 e il 1933, furono colpite da una pianificata e ovvia carestia, aggravata dal sequestro di ogni scorta di grano.

La dekulakizzazione

Durante le “collettivizzazioni” imposte dallo Stato, i Kulaki ucraini, detentori di terre e aziende agricole, opposero resistenza a difesa della loro economia, anche con le armi. In risposta, Stalin impose nuove deportazioni e l’eliminazione fisica degli antagonisti, compresa la pena di morte per ogni furto di derrate alimentari ormai appartenenti allo Stato, perciò alla proprietà collettiva. La resistenza dei kulaki venne poi azzerata con l’invio di burocrati e lavoratori bolscevichi destinati alla gestione delle fattorie. Un’operazione denominata “dekulakizzazione”.

“Per eliminare i kulaki non basta una politica di limitazione o la eliminazione di piccoli gruppi. È necessario spezzare la resistenza di questa classe e privarla delle fonti economiche per la sua esistenza e il suo sviluppo” (Joseph Stalin).

I numeri delle vittime e le reali volontà staliniste, non sono interpretate con un’unica voce. Secondo storici che negano ogni complotto vi furono circa 2 milioni di morti, milioni che salgono a 5 secondo studiosi che li addossano a una politica stalinista troppo incentrata sugli interessi dello Stato e del Partito. Il ministro degli esteri ucraino, alla 61ª assemblea dell’Onu ha denunciato una cifra compresa tra i 7 e i 10 milioni. Stando a più recenti valutazioni che reputano voluta l’azione stalinista, la reale entità delle vittime sarebbe di 3 - 3,5 milioni di morti. Cifre discordanti ma sempre spaventose; terribile realtà che pesa sulla coscienza di quel tempo e della storia.

Storia che si ripete in questi ultimi mesi di invasione russa, quando, memore della strategia stalinista, Putin sta tentando di annientare sotto una pioggia di razzi, i basamenti della popolazione ucraina alle prese con un inverno da affrontare senza provviste, senza elettricità. E dagli schermi della nuova propaganda, il termine genocidio passa di mano in mano sui social network e sui talkshow, flessibile sinonimo di azzeramento esistenziale. Disperazione e morte scoop; unica verità.

L’olocausto delle genti ucraine avvenuto tra il 1929 e il 1933, culminato nella grande carestia, è un evento storico che per molto tempo è rimasto taciuto dai vertici dell’Urss. Gli effetti di quella russificazione dell’Ucraina hanno iniziato ad emergere soltanto negli anni 80, all’avvento di Gorbaciov e della perestrojka.

Nel frattempo, all’ONU si sta valutando l’istituzione di un Tribunale per Crimini di Guerra destinato a Vladimir Putin e ai vertici militari di Mosca, proprio in seguito alla distruzione di obiettivi civili che, alle porte dell’inverno, hanno annichilito la popolazione. Se meditato, minore o grande olocausto risulterà, chi e come riscuoterà la taglia?

“Da un punto di vista biblico, più volte nell’Antico Testamento viene inteso come olocausto anche il sacrificio di una singola vita” (es: Isacco). Differente è il significato di genocidio.

Curiosità: il termine “genocidio” venne coniato proprio per descrivere la strage delle popolazioni ucraine tra il 1929 e il 1933. L’autore del neologismo fu il giurista polacco Raphael Lemkin, secondo cui, il governo sovietico aveva progettato la carestia proprio per compiere la distruzione dei contadini ucraini, azzerando la memoria e la cultura kulaki, poi sostituita dalla russificazione del Paese. Una pratica usuale di Stalin, messa in atto in altre province dell’Urss e sulla quale ci sarebbe molto da riesumare, dalla Cecenia alla Georgia, alla parte di Donbass russofono e perciò, conteso!?

“In Ucraina ogni anno l’Holodomor viene ricordato il 23 novembre, sulla storia della grande carestia esiste una molteplice, interessante letteratura”

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