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Cronaca
Torino. Il ricordo di Giovanni Agnelli, a vent’anni dalla morte
L’Avvocato Agnelli è stata una delle più grandi figure nella storia d’Italia
Articolo di Francesco Rossa
Pubblicato in data 24/01/2023

Sono ormai trascorsi vent’anni dalla morte di Giovanni Agnelli. Il mondo è nel frattempo cambiato, come l’Italia ed in peggio anche Torino. Lingotto Musica dedica questa sera un concerto alla sua memoria nel ventesimo anniversario della scomparsa. Agnelli sarà ricordato in un breve saluto introduttivo del presidente di Lingotto Musica Giuseppe Proto e di Tiziana Nasi, vice presidente della Fondazione Agnelli

Non siamo a conoscenza di altri ricordi pubblici già programmati. Forse nella società liquida, anche i valori vicino a noi, tendono a svanire o a rarefarsi. Si potrebbe scrivere a lungo sull’ex presidente della Fiat, dal ruolo rilevante svolto a Torino e nel mondo, sino alle dicerie ed alle banalità stile gossip. Preferiamo concentrarci sul suo esempio e su alcuni frammenti della sua vita.

L’aspetto che per chi lo ha frequentato si è sin dalla giovane età dimostrato rilevante, è indubbiamente il dovere della responsabilità. Era conscio di appartenere ad una famiglia che esercitava un ruolo importante nell’economia nazionale e nello sviluppo produttivo ed occupazionale di Torino, capitale politica depredata, in corsa, dopo anni di declino, per trasformarsi in  capitale economica del Paese, con il grave e responsabile impegno di creare occupazione.

Nel 1940, durante il periodo bellico, fece il suo dovere di cittadino, pur avendo avuto molte possibilità di starsene comodamente a casa e si arruolò, con il grado di sottotenente nel 1° Reggimento Nizza Cavalleria, partecipando alla campagna di Russia e successivamente ha combattuto a Tripoli ed in Tunisia. Viene insignito della Croce di Guerra al Valor Militare.

Ha poi seguito, per imparare come si gestisce una grande azienda, prima il nonno e poi il professor Valletta nella difficile fase post bellica della ricostruzione nazionale, con decisioni tutte protese nel “fare grande la Fiat”. Fu il primo ambasciatore del “Made in Italy” e molti suoi contatti personali, contribuirono a sollevare a livello internazionale il ruolo e la presenza del nostro Paese perdente, perché nello scacchiere internazionale si era collocato dalla parte sbagliata, nel momento sbagliato.

Per limitare il ricordo a momenti salienti, non possiamo dimenticare le migliaia di persone che nelle gelide giornate di fine gennaio 2003, affrontarono compostamente la salita della rampa del Lingotto per rendergli l’estremo omaggio alla Pinacoteca ove era stata allestita la camera ardente. E stato un messaggio eloquente e silenzioso che segnava il ricordo e la riconoscenza a colui che in momenti di turbolenza politica ed economica, aveva testardamente garantito il posto di lavoro a migliaia di dipendenti e sicurezza alle loro famiglie con le tante opere sociali istituite e conservate durante la sua lunga permanenza ai vertici della Fiat.

L’altro ricordo importate e personale ci lega al messaggio pronunciato nel suo ultimo incontro con il management del Gruppo, nel salone dei 2000 al Lingotto, che negli anni successivi gli sarà dedicato: ”Vi raccomando la Fiat. Ora è arrivato il momento di cedere il testimone, Ci siamo dati delle regole. Noi in Fiat parliamo delle regole per seguirle, non come tanti oggi che ne parlano per non seguirle. Mi hanno detto: Ma lei è un caso speciale. Io ho risposto: Guai a quell’azienda dove esistono casi speciali”.

Da quel messaggio a vent’anni dalla sua morte, è cambiata la Fiat ed è cambiato il mondo. Lasciata da parte la commozione del momento, in molti, negli anni successivi si sono chiesti cosa avrebbe potuto approvare, l’avvocato Agnelli delle scelte successive operate dai suoi eredi.

Dall’incerta e discussa presidenza di Paolo Fresco, al ruolo fondamentale per il Gruppo, messo a segno da Sergio Marchionne, sino ai giorni nostri con la configurazione Stellantis che sta consolidando le sue scelte, con non pochi timori sul futuro produttivo ed occupazionale di quelle che erano le sue fabbriche.

Il senatore Agnelli era portatore di valori antichi, ad iniziare dalla riconoscenza sempre attestata ai lavoratori che negli anni avevano lasciato le aziende del Gruppo, raggiunti i limiti di età, ma amava guardare al futuro, come attesta la frase: “ Non amo molto i consuntivi; soprattutto non mi piace il passato se non per quel tanto che fissa la nostra identità. Io amo il futuro e mi piacciono i giovani. La mia vita è stata tutta una scommessa sul futuro,” pronunciata in diverse occasioni.

Giovanni Agnelli era proteso verso l’internazionalità e si era posto l’obiettivo maturato anche negli incontri con gli altri partner mondiali, che i produttori di auto avrebbero dovuto trovare un’integrazione o basi comuni almeno per affrontare insieme il progredire della ricerca e l’evoluzione della componentistica.

Era inoltre convinto fautore della formula vincente “Fiat terra mare e cielo” che significava la presenza nell’impero Fiat non solo delle auto, ma di tutti i settori della motoristica e dei trasporti. Per cui sarebbe stato il primo a solcare lo scenario che l’evoluzione dell’economia e della ricerca gli avrebbe potuto presentare, come in effetti è stato per coloro cui ha passato il testimone.

Ma nelle scelte strategiche, c’è un aspetto che non avrebbe mai tralasciato. Agnelli era cittadino del Mondo, aveva casa a New York e sin dagli anni della guerra fredda, unico tra gli italiani, poteva volare nei cieli dell’Unione Sovietica per essere ricevuto al Cremlino. Ma pur tra contatti ed attestazioni intrattenuti in ogni parte del mondo, il suo attaccamento a Torino ed alla natia Val Chisone era profondamente radicato.

Lo dimostrò in molte occasioni. Nonostante all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, discutibili scelte governative gli imposero di aprire stabilimenti al Sud Italia, volle sempre mantenere a Torino le produzioni strategiche e la sede direzionale del gruppo.

Sprovveduti commentatori hanno chiosato sulle sedi legali all’estero di joint venture, create da Fiat con partner esteri. Non capendo la differenza tra l’adempimento di accordi internazionali e la scelta che le sedi direzionali rimanessero invece a Torino, con tutto quel che è conseguito, in prestigio, rapporti ed occupazione per la nostra città.

L’amore per Torino, trovò spazio anche in altri momenti significativi. Valga per l’impegno della Fiat e della famiglia Agnelli, per sostenere il ruolo che Torino esercitò nel mondo in seguito alle manifestazioni organizzate nel 1961 in occasione del centenario dell’Unità d’Italia.

Per non tralasciare le molte realizzazioni e donazioni a favore degli ospedali ed altre opere di carattere sociale e culturali presenti nella nostra città, riservate ai dipendenti od aperte a tutti.

Le Olimpiadi del 2008, manifestazione che diede lustro a Torino ed al Piemonte, è forse l’ultima iniziativa postuma, che sta ad attestare la sua influenza indiscussa a livello internazionale.

Nel doveroso e memore ricordo dell’Uomo, corre l’obbligo di citare la sua manifestata preoccupazione, nel delineare le strategie aziendali che, complice la contrazione dei mercati avrebbero potuto aver ripercussioni conseguenti sull’occupazione, nel salvaguardare i posti di lavoro sul nostro territorio. Particolare non di poco conto.

Negli anni del suo massimo impegno e di sviluppo della Fiat, viaggiando per il mondo, al nominare Torino abbiamo ricevuto quasi sempre questa citazione raggiante “Fiat e Juventus”. Così era conosciuta ed ammirata la nostra città.

Sulla realtà odierna, con la Squadra avviata sulla scia del disonore, stendiamo un velo pietoso!

 

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