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Economia e finanza
E’ il momento del green, tra ruberie, prese in giro e speculazioni
Dai cialtroni intellettuali e non, Libera nos a malo
Articolo di Francesco Rossa
Pubblicato in data 02/02/2023

Ormai non c’è più pace e discernimento. Il motto totalizzante è diventano “il green”. Tutti i progetti economici, ludici, sociali, desiderano fregiarsi del bollino ambientale. Si punta alla green economy, lodata come salvifica per il genere umano e per il pianeta. Il martellamento dei media è asfissiante e seguire la corrente verde è quanto di più cool si possa immaginare.

Si orientano investimenti di pubblico denaro che condizionano bilanci e scelte economiche degli stati. Si creano anche percorsi produttivi che variano l’offerta al consumo. In Italia i bonus si sprecano, l’indebitamento sul Pnrr deborda per tutto ciò che sa di green.

L’avvocato Agnelli che abbiamo recentemente ricordato a vent’anni dalla morte diceva:”Mi sono simpatici gli ecologisti. Ma hanno programmi costosi. Non si può essere più verdi delle proprie tasche.”

Prestiamo attenzione a quella che è e sarà la ricaduta sul bilancio dei cittadini e delle famiglie.

Ormai la mefitica ecologia, ossia il percorso unico della società liquida ha contagiato le menti ed orientato il pensiero, a prescindere dai desiderata di ognuno e questo è grave. Poi ci sono gli effetti!

L’economia reale crea nuovi bisogni green, fa lievitare costi e prezzi dei prodotti. Deprezza e rottama prodotti efficienti ma inesorabilmente inquinanti. Sin qui siamo soltanto alla parte più evidente delle tecniche del turbocapitalismo.

Perché nel sottocoperta della nave green c’è il tesoro che si ricava dalle crociate per la fede ambientalista contro gli infedeli inquinatori. Si demonizzano scelte alimentari millenarie per farci scegliere insetti e carne sintetica, per soddisfare i guru salutisti e gli speculatori, osannati dagli ignavi.

Un titolo un po’stupefatto di un quotidiano pur attento svela l’arcano «La BCE altera il mercato: solo acquisti verdi». Il titolo giusto sarebbe «La BCE perfeziona il piano: solo titoli verdi nel mercato speculativo». Questo è il fine ultimo e il reale business dell’offensiva del pensiero dominante a favore del green.

Non è roba culturale da radical chic, nè terreno di lotta per gli ambientalisti convinti, nè di scelte politiche a difesa dell’ambiente. È l’apertura di un nuovo immenso mercato speculativo sui titoli verdi e soprattutto sui futures verdi.

Per ogni titolo rispondente a produzioni reali se ne emetteranno almeno 10 sulle previsioni future. Previsioni rosee visto il consenso unanime e il battage di sostegno. Ci sono e continueranno pingui introiti. Alla fine al parco buoi in arrivo rimarrà l’uomo nero fra le mani.

Si è di fronte a un fenomeno non nuovo che ripete percorsi conosciuti. Si ricordino i tempi dei titoli tecnologici, della new economy, quando la Silicon Valley sembrava l’Eldorado. Ma morto un feticcio, se ne mette in moto subito un altro. E pantalone paga, perdendo millenarie certezze e consuetudini di scelte e di vita.

La cosa grave è che questa volta non ci sono le condizioni di abbondanza per poter spremere il limone senza pagare un prezzo altissimo. Quasi nessuno si domanda come sia possibile che dopo più di vent’anni di economia globale non ci sia stato un giorno senza che l’economia reale non segnalasse crisi. Se il comunismo ha sancito il suo fallimento, il liberalismo col turbo non può vantarsi di un qualche successo.

Si promette ambiguamente, benessere per tutti. Invece lo si garantisce a pochissimi, sempre meno e si provoca la miseria diffusa.

Con questo andazzo, in Italia si sono registrati 5 milioni di poveri assoluti. Cioè di cittadini che non hanno di che sfamarsi. Adesso sono subentrati il green e la crisi energetica provocata dalla dabbenaggine ventennale dei nostri governanti che in odio a strategie energetiche intelligenti, hanno operato scelte miopi.

Provvidenziali il covid e la guerra russo/ucraina, capri espiatori di una situazione diversamente provocata e che quegli eventi hanno soltanto aggravato.

I poveri assoluti sono saliti di 2 milioni e la miseria ha invaso anche l’Italia del nord. A Milano la Caritas distribuisce 10/15000 pasti al giorno, cosa neppure pensabile soltanto pochi mesi fa. La crisi ha già eroso 50 miliardi di euro del risparmio privato, lo zoccolo duro che tiene in piedi il paese.

In questo dramma forse non del tutto percepito, l’Italia sciala e si indebita per soluzioni green negli asili nido, per parchi ambientali, per piste ciclabili a misura d’uomo e per una marea di iniziative ancorché discutibili se la famiglia fosse benestante e avesse soldi da investire in cose diverse da cibo e lavoro. Purtroppo a Torino, il sindaco è l’alfiere di questi insani principi. Così la città è sporca, lo sviluppo si allontana e l’occupazione langue, ma si spreca a man bassa sul green!

Cosa si intravede dietro l’angolo?

Il mercato finanziario coi titoli green e la collaborazione della Banca Centrale europea e dell’Ue, farà faville, il paese si indebiterà ancora di più nello sciagurato Pnrr, un sempre maggior numero di italiani si avvicineranno in sempre più diffuse aree del paese alla miseria. Nella quiescenza quasi generale, con l’ausilio dell’inflazione e di misure sbagliate ci si avvia verso il servaggio che ci è stato riservato da tempo. Brutte prospettive.

Il primo che mi parlerà ancora di green, riceverà un cazzotto!

 

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