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L’uomo, i misteri e l’ignoto
Nascondersi dietro un dito, lo capisce anche un bambino, …
… non serve ad altro che a farsi scoprire più facilmente!
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 26/02/2023

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 68 del 28.12.2021 che è stato suddiviso in 7 articoli. Questo è il n°6.

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Il nostro modo di agire a volte sfiora il ridicolo! Infatti siamo fermamente convinti di darla a bere a chiunque semplicemente mentendo spudoratamente in barba all’evidenza che manifestiamo in ogni nostro comportamento. Siamo convinti, per autoconvincimento, di diventare magicamente invisibili a comando, chiudendo gli occhi, salvo poi stupirci di essere stati scoperti con le mani nel barattolo della marmellata. Ed anche in tal caso non demorderemo dal nostro convincimento, adducendo le solite scuse: “quelle non erano le mie mani”, “non mi ero accorto che si trattasse del barattolo della marmellata”, “sono stato costretto contro la mia volontà”, “impossibile che sia accaduto proprio a me”. Difficilmente ammetteremo le nostre responsabilità dirette; figuriamoci se queste arrivano a noi attraverso l’operato dei nostri figli, sangue del nostro sangue. Appunto!

 

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Abbiamo visto quale complessità rivestano le relazioni tra genitori e figli. Specialmente nei primi due anni di vita il figlio vive le sue esperienze mediate dai legami di sangue e dai corpi sottili dei genitori. Questo è estremamente importante da riconoscere perché mentre i genitori sono abituati ad avere almeno un po’ di controllo sul proprio comportamento i figli no, non possono ancora utilizzare filtri di nessun genere. Almeno nei primi due anni. E quindi è facile che i figli manifestino senza filtri ciò che si nasconde nel profondo dei genitori. La prova evidente la si può fare osservando il comportamento dei figli sotto i due anni, ma anche fino ai sette, in un ambiente dove non siano presenti i genitori e quando invece essi si presentino in tale ambiente. Due mondi completamente differenti, due comportamenti completamente differenti. Quando i bambini sono all’asilo insieme agli altri come loro, e a coloro che se ne occupano, sono tranquilli e magnifici per la maggior parte del tempo, obbedienti, e non sono problematici oltre il naturale. Ma non appena sullo scenario compare il genitore si scatena il finimondo. Diventano ingestibili, rognosi, fanno i capricci, fanno di tutto e di più (qualcuno dice che lo fanno per attirare l’attenzione, ma ciò è estremamente riduttivo dello stato che si manifesta attraverso di essi). Si dice che sia una questione di educazione, ma non è solo così; si tratta di qualcosa di più profondo. Si sta mostrando tutto ciò che non si vorrebbe mostrare di sé attraverso le proprie estensioni senza filtri, cioè i figli. Con la scusa inconscia che al figlio così piccolo si perdona tutto, mentre all’adulto non si perdonerebbe facilmente un comportamento simile, anche (e specialmente) se rappresenta il suo vero stato interiore. Un comportamento irrazionale e distorto.

 

Quindi i figli smascherano i genitori!

 

Assolutamente sì! Questa è la formula: tale padre, tale figlio e quindi anche viceversa. Se ne può essere certi totalmente: resiste ad ogni prova (salvo le dovute eccezioni conseguenti ad un cambiamento stabile dello stato di coscienza di uno dei due, evento peraltro rarissimo). Noi vediamo spesso passare i bambini dell’asilo davanti a casa nostra, tenendosi tutti reciprocamente ad una cordicella per non perdersi o sfuggire al controllo, e possiamo constatare quale meraviglioso spettacolo sia. Nessuno di loro si mette a discutere il doversi tenere alla cordicella, a volte cantano insieme alle maestre oppure esaminano e commentano o fanno domande sulle cose che vedono. Ma se solo ci fosse uno dei loro genitori nei dintorni (specialmente quello di riferimento) quella cordicella servirebbe solo per essere usata come cappio al collo di qualcuno. Non c’è cattiveria in questo, ma solo ignoranza ed incoscienza. Una profonda ignoranza di quelli che sono i dettami minimi di funzionamento delle relazioni tra esseri viventi e in modo speciale tra genitori e figli. Quindi fino ai due anni ci sarebbe una cosa importante che i genitori possono fare a favore dei propri figli: lavorare su sé stessi andando a scoprire che cosa essi siano realmente, scoprendo in tal modo quali sono le cose che li dominano e che quindi agiscono anche in tal senso nei figli. Scoprendo quale sia la propria vera matrice, quale sia la propria costituzione nascosta. La propria diversità interiore rispetto a come essi intendano mostrarsi al mondo, per piacere e per piacersi. Per conoscersi davvero. Perché il proprio figlio evidenzia al genitore come egli sia, è la sua prima immagine riflessa, il suo specchio. Quell’immagine sempre presente di cui il genitore vorrebbe nascondere la traccia.

 

Questo va bene non solo per quegli aspetti che consideriamo negativi, ma anche per quelli positivi. Quegli aspetti che un genitore non ha mai visto dentro di sé, non ha mai intuito, non ha mai sviluppato, mai riconosciuto e che il figlio invece manifesta.

 

Certamente! Per esempio la capacità di abnegazione. O di condivisione. Anche se, più spesso, si corre, al contrario, il pericolo di proiettare sul figlio ciò che non si è, ma che si vorrebbe essere. Ci sono alcuni bambini, pochi, che sono capaci, prima di mangiare la propria merendina, di dividerla con chi hanno vicino, senza che nessuno glielo dica, “propria sponte”, di propria spontanea volontà. Se noi osserviamo comportamenti di questo genere, sappiamo da dove arrivano. Qualche volta succede che il genitore che ha quella stessa caratteristica la neghi perché nell’ambiente in cui si trova è considerata una debolezza. Ma sono sfumature; di solito nascondiamo ciò di cui abbiamo paura o vergogna. Abbiamo paura perché abbiamo già visto cosa produce, quali siano le conseguenze quando si presenta. Spesso lo abbiamo visto, noi stessi bambini, attraverso i comportamenti dei nostri genitori. Viene evidenziato, ad ogni piè sospinto, che chi usa violenza ha, quasi sempre, subito violenza a sua volta. In ambiti giudiziari, psicologici e psichiatrici, lo si ritrova di frequente. Ma viene usato come un modo per tagliare corto, per non andare mai davvero alle origini del tutto, per poter giudicare secondo le leggi e non secondo verità. Non è così semplice, come non sono semplici queste relazioni tra le cose, essendo molto più ampio il quadro in cui esse si manifestano. Un universo, come minimo; ma assai più grande è quanto può osservare la coscienza. Invece, man mano che riduciamo il campo di osservazione e ci concentriamo, ci sembra di osservare cose più importanti e più forti, ma solo perché vi abbiamo posto tutta la nostra attenzione, escludendo tutto il resto. Purtroppo questo aspetto di riduzione dell’osservazione è il solo che riusciamo a sostenere da soli e questo impoverisce la nostra capacità di conoscere davvero qualcosa. Nei primi due anni e per tutto il primo periodo scolastico solo ciò che interagisce nell’ambito famigliare sarà sempre il punto di riferimento più importante per la formazione di base dello strumento “personalità” del bambino. Anche se le caratteristiche fondamentali di base della personalità saranno accentuate o affievolite da tali rapporti. Queste condizioni ci fanno comprendere quanto il genitore, se non ha un comportamento coerente con quello che dice, perda, o possa perdere, autorevolezza come riferimento per il figlio. Il quale non gli crederà più, semplicemente! Solo che così facendo il figlio fa male anche a sé stesso, perché non riconoscendo più neanche quel riferimento, disconoscerà nel contempo una parte di sé. Ed ecco su quali basi intervengono, psicologia, psichiatria, medicina, associazioni specifiche e di recupero o istituzioni; i traumi infantili. Tutto vero a parole, ma quasi del tutto errato dal punto di vista pratico. Infatti ciò che si crede di risolvere viene solo spostato su un altro piano, fuori dalla vista corrente. E poi si ripresenta sotto una nuova veste come se fosse un’altra cosa. Ma è sempre la stessa. Utilizzare procedure e protocolli senza conoscere realmente su cosa si va ad agire è assurdo e pericoloso, ma, essendo condiviso e consolidato, le si pratica comunque, facendo crescere il problema anziché risolverlo. Un problema nel problema, perché applicare qualcosa a qualcuno di cui in pratica non si conosce niente è come agire nel buio senza sapere cosa sta accadendo nel contesto su cui si agisce. Occorre ricordarsi che noi stessi non sappiamo granché di noi; figuriamoci di un altro. E quindi è un mistero come qualcuno possa affermare diversamente. Superato in qualche modo il periodo in cui le battaglie verso l’esterno e verso di sé non sono ancora così aspre, tutto quanto si muove intorno al nuovo nato, ormai bambino che si accinge ad andare a scuola, si scontrerà con un’altra situazione completamente diversa da quella che gli serve. Affronteremo questo argomento nel prossimo incontro sulle relazioni genitori e figli, scuola, insegnanti, quali preparazioni all’entrata nella società, in cui tutte queste variabili precedenti confluiranno in un altro sistema con regole ancora differenti, ma sempre e ancora diverse da quelle che servono, triplicando esponenzialmente non solo le variabili, ma anche le cose sconosciute alle quali metteremo mano nel tentare di gestire tutti i rapporti, le relazioni, tra tutte le persone che saranno coinvolte. Man mano che entriamo nella pratica del nostro quotidiano sembrerà che ci si allontani da tutte quelle cose che son state dette nei primi cinque incontri ed in realtà è proprio così! Noi ci allontaneremo dal vero senso della nostra vita allo scopo di scoprire quali meccanismi o processi regolano la nostra capacità di stare al di fuori della vita, agendo parallelamente senza entrarvi mai. Quei meccanismi che abbiamo ideato per costruirci una vita alternativa a quella originale. Poco alla volta potremo comprendere le cose che noi utilizziamo come strumenti per facilitarci la vita, ma che invece finiscono per complicarcela e danneggiarla, mantenendoci, sempre più e meglio, separati da essa. In qualche modo volontariamente, ma in gran parte per ignoranza ed incoscienza.

 

 

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prosegue nei prossimi articoli …

 

foto e testo

pietro cartella

 

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