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L’uomo, i misteri e l’ignoto
Non funziona così!
A dispetto di quanto crediamo, vogliamo e facciamo!
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 19/03/2023

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 69 del 04.01.2022 che è stato suddiviso in 7 articoli. Questo è il n°1.

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Già! Non funziona così! Il mondo va come deve andare e, nonostante tutti i nostri forzi per fargli cambiare direzione, continuerà a farlo perché sia preservato il minimo biologico di ogni cosa, umani compresi!

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Benvenuti! La scorsa volta abbiamo buttato lì un bel po’ di informazioni relative all’entrata nella vita di un nuovo nato, una nuova persona, ed abbiamo preso in esame i suoi primi istanti di vita, anzi, anche un po’ prima della sua entrata nella vita e fino a qualche anno dopo. Riprendiamo il filo dei discorsi fatti, una sintesi, per poi andare oltre. Abbiamo visto quanto sia importante il riferimento che il nuovo nato trova, sia nella banca dati generale delle esperienze degli esseri umani sia nei propri genitori o di chi ne fa le veci. Su questo punto in modo particolare ci sarebbero ancora molte cose da dire, oltre quanto abbiamo già fatto, ed ora riprenderò nuovamente il filo dell’argomento poiché, come mi è stato fatto notare da alcuni di voi, occorre approfondirle ulteriormente. Specialmente per meglio comprendere in quale modo avvengono determinati cambiamenti nella personalità di quell’individuo. Prendiamo un caso che avviene sempre più spesso: un nuovo nato, dopo un certo periodo che può durare da qualche mese a pochi anni, viene poi affidato, per esempio, dalla famiglia ai nonni, o, come vedremo, all’asilo o altre strutture che serviranno a sostenere le prime attività di questo nuovo nato, in assenza dei propri genitori. Abbiamo detto che quando un nuovo nato nasce non ha ancora tutti i corpi sottili formati; quindi i suoi aspetti mentali, l’aspetto del desiderio, ed anche quello energetico, insieme a tutti gli aspetti fisici visibili, non sono ancora sufficienti ad autogestirsi. Bene, in tal caso i corpi sottili sono solo un accenno all’interno di questo nuovo nato; infatti, per la gran parte sono presi in prestito dai suoi genitori. Significa quindi che l’influenza del genitore sul figlio è enorme in quel lasso di tempo. Anche se il nuovo nato, avendo ancora un’idea chiara del proprio cammino da seguire, farà di tutto per indirizzare i corpi sottili dei genitori nella direzione a proprio favore.

 

Cosa succede allora quando questo bambino, dopo tale lasso di tempo, viene affidato ai nonni?

 

Se ciò avviene sporadicamente e per breve tempo nell’arco della giornata assolutamente niente, perché si tratta di una esigua percentuale di tempo, insufficiente a costituire legami permanenti (per esempio, relazione con il genitore 95%, con i nonni solo 5%). Ma se questo rapporto si inverte ed il bambino vive più con i nonni che con i genitori, la cosa cambia, non è più ininfluente. Una parte dei corpi sottili presi a prestito dai genitori entra in conflitto con quelli dei nonni, pur essendo tutti provenienti dalla stessa linea di legami di sangue, cioè sia i genitori che i nonni hanno alcune caratteristiche proprie di quel sangue della famiglia, per cui in realtà in loro qualche riferimento è ancora identificabile da parte del bambino. Però quando tutto ciò si protrae troppo nel tempo, prima o poi, ci sarà un cambio, una rottura di questi legami preferenziali nei confronti di una delle parti a favore di quelli dell’altra parte. Questo provocherà la prima grande scissione, il primo grande cambiamento nei rapporti che ci saranno tra tutti i vari componenti di questa famiglia allargata, per cui non sarà più facile riconoscere quale sia il riferimento utile per quel bambino. E lo si potrà riscontrare in tutti quei comportamenti che cambiano o diventano schizofrenici, saltando da una tipologia ad un’altra senza evidente ragione. Con il passare del tempo, tali situazioni forniranno pane per i denti di coloro che studiano gli effetti prodotti sulla mente, sul comportamento, sul carattere, sui desideri ed aspettative, di quell’individuo quando nella sua vita cominceranno a manifestarsi dei comportamenti difficili da tenere sotto controllo, da gestire. Perché sarà proprio l’individuo in questione a farne le spese. Considerate che dentro quell’individuo parlano delle necessità ineludibili:

 

 

Ciò vale ancora di più quando il bambino viene adottato. Se egli, per esempio, è nato in una regione sperduta dell’Asia, ed è rimasto lì per alcuni anni in una certa condizione e successivamente viene catapultato in una realtà come quella occidentale, alla quale noi siamo abituati, ma per lui completamente diversa, per tutta una serie di ragioni, dal contesto nel quale si trovava fino a qualche giorno prima, realtà che è stata la base, il substrato, per la creazione di tutte le sue relazioni e comportamenti verso ciò che è esterno a sé, attraverso ciò che è maturato e strutturato al suo interno, troverà tutti questi parametri sconvolti e irriconoscibili. Ma soprattutto li sconvolgerà a coloro che lo adottano. Per ovvie ragioni, perché se quella adozione è stata il frutto di un forte desiderio vuol dire che su quel desiderio è stata investita una grande quantità di energia, una forte aspettativa, una grande proiezione di possibilità che, grazie all’arrivo di un bambino in quella coppia o in quella famiglia allargata o gruppo famigliare, ci si aspetta che produca fatti ed effetti attesi, ma che per la loro realizzazione hanno necessità dell’arrivo al proprio interno di una parte nuova proveniente dall’esterno, da un mondo “altro” rispetto al proprio, identificato in quel bambino.

 

Quindi le due chiavi capaci di spostare gli equilibri iniziali “accordati”, senza saperlo, tra chi deve nascere e sceglie i propri genitori e quelli che il figlio si troverà a vivere grazie al fatto che quei genitori sostengano in pieno o meno l’indirizzo che questo giovane deve seguire e quello che invece sarà costretto a fare, mediando con altre relazioni famigliari, porteranno, all’interno di tutte queste relazioni, sconvolgimenti continui di tutte quelle “condizioni di massima” che erano state “concordate” e si ritrovano ad essere disattes2.

 

Tempo addietro qualcuno mi aveva chiesto: ma se quello aveva scelto i suoi genitori doveva contestualmente aver chiaro che ci sarebbero stati anche i nonni, che anche loro sarebbero stati coinvolti negli accordi, compresa un’adozione, ed anche lo spostamento dall’Asia all’Europa.

 

Non è precisamente così!

 

Avevamo detto che le scelte non sono fatte come su un dépliant o del tipo “voglio essere alto un metro e ottanta, avere gli occhi azzurri e il numero quarantatré di piede, nascere da una madre alta e bionda e un padre grosso e bruno, banchiere di professione”; non funziona così!

 

Si tratta invece di scegliere un piano di vita di larga massima, in cui le condizioni che dovranno essere affrontate sono quelle che permetteranno, tra tutte le possibilità disponibili, di essere più utili al percorso verso la meta. Tuttavia ciò si scontrerà comunque con quello che tutto ciò significa, in pratica ed in dettaglio; significa che gli strumenti giusti per fare tali esperienze possono essere degli strumenti che si prestano ad un uso positivo o negativo nei confronti di questo piano. Possono essere utilizzati per il proprio bene o anche per farsi del male. Esattamente come un coltello può servire per sbucciare una mela o per ferirsi. Il coltello è sempre un coltello, ma sia la mela che la mano, che per il coltello sono più o meno la stessa cosa, ovvero sono quasi ininfluenti per l’applicazione della sua funzione, cioè la funzione di tagliare, non sono per noi la stessa cosa, né il loro taglio ci coinvolge allo stesso modo. Non è sano il principio!

 

Infatti sappiamo che, dopo essere nato, quell’individuo vedrà, dentro di sé, man mano sparire sempre più l’idea chiara del suo cammino per permettergli di fare quella esperienza senza preconcetti, senza che debba per forza essere “strettamente attinente” al piano di vita, nel modo che quell’individuo vuole scegliere. Quindi già nei primi anni di vita la complicazione che si presenta nel quadro del proprio piano di vita è estremamente grande. È un quadro che si presenta estremamente complesso.

 

 

Anche se complessità di per sé non vuol dire difficoltà. Vuol dire che se devo andare da qui a lì e posso farlo in un solo passo, posso anche andarci zigzagando come un ubriaco, facendone centomila prima di arrivarci. Quindi noi abbiamo la possibilità di mettere in fila tutto quello che ci viene proposto dalla vita e giungere facilmente e rapidamente al nostro obiettivo di vita oppure saltare da una cosa all’altra zigzagando, avanti e indietro, in una specie di labirinto, per poi comunque arrivare alla meta, con una fatica diversa ed esperienze diverse.

 

 

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prosegue nei prossimi articoli …

 

foto, schemi e testo

pietro cartella

 

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