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Il 25 Aprile, qualche giorno dopo
Riflessioni tardive dopo la tempesta retorica
Articolo di Elio Ambrogio
Pubblicato in data 02/05/2023

Finalmente, anche stavolta, è passata la tempesta liberazionista e resistenziale. Almeno fino al prossimo 25 aprile. Tacciono finalmente le trombe della retorica, i tromboni della propaganda, i cori dei grandi banalisti ma anche -e sopratutto- i solisti della falsità, intesa nel duplice senso di cosa detta ma non vera o di cosa vera ma non detta.

Dopo giorni e giorni di tormento celebrativo e mediatico, e dopo aver lasciato passare qualche giorno di disintossicazione, forse oggi possiamo riflettere serenamente su questo incredibile 25 aprile, un evento che si ripete da decenni, ma che mai aveva assunto toni parossistici come quelli di quest’anno.

Perché questa differenza? Semplicissimo: quest’anno al governo c’è la destra, una destra pura e semplice, non troppo annacquata da diluizioni centriste, e rappresentata da un capo dell’esecutivo appartenente a Fratelli d’Italia che la propaganda di sinistra collega, con qualche sprezzo del buon senso, al passato mussoliniano attraverso i passaggi politici e storici del Movimento Sociale e di Alleanza Nazionale. Dunque, in quella logica stralunata, Giorgia Meloni è la reincarnazione del Duce, e il Fascio Littorio incombe di nuovo sulla nazione.

Era pertanto necessaria una vasta e vibrante mobilitazione antifascista in tutta Italia per esorcizzare la tragedia storica, politica, etica e civile di oggi.

Quale occasione migliore del 25 aprile che, da festa della Liberazione, è diventata la festa degli antifascisti veri, falsi, presunti?

Delle tante cose dette e sentite in questi giorni -a nostro avviso di persone inconsolabilmente scettiche e impermeabili alla propaganda- è bene isolarne alcune particolarmente significative nella loro inconsistenza, spogliarle della loro veste letteraria, teatrale e retorica, anche se pronunciate dalle massime cariche della Repubblica, e ricondurle sul terreno della ragione e della realtà storica.

UNA FESTA DI TUTTI. Neanche per sogno. Forse, anni fa, in climi più sereni e civili, e per qualche stagione, lo fu veramente, ma oggi il 25 aprile è stato sottratto alla memoria collettiva per diventare una “cosa di sinistra” , gestita dalla sinistra, a puro vantaggio della sinistra.  Non solo la sinistra decide chi può partecipare e chi no, ma ne decide i contenuti, le verità, i dogmi, le modalità attuative, persino la musica.

Gli “altri” sono intrusi paleo-fascisti, cripto-fascisti, fascisti puri e semplici, anche se presiedono governi o rami del parlamento liberamente eletti. Oggi, piaccia o no, il 25 aprile è l’evento più cattivo, rancoroso, divisivo di tutto il calendario civile italiano.

ORA E SEMPRE RESISTENZA. Il 25 aprile, da festa della Liberazione è diventata festa della Resistenza, solo della Resistenza, sempre della Resistenza.

Ora, che la Resistenza sia stata un momento nobile e profondo del riscatto nazionale dopo il fascismo e la guerra voluta dal fascismo, non lo nega nessuno. Ma che essa sia solo quella che viene dipinta dalla retorica repubblicana contemporanea e dalla parte politica che l’ha rubata agli italiani è semplicemente falso.

Mai si è assistito a una ricostruzione della Resistenza così parziale, così faziosa, così irreale come in questi giorni.  E’ stata presa dalla storia e trasferita nell’iperbole letteraria, nella liturgia, forse anche nel melodramma, con un profluvio di parole ripetitive, altisonanti, sempre sopra le righe, che alla fine ne hanno fatta una narrazione scostante e urtante per ogni persona dotata di sobrietà. Non è stato un buon servizio a quei valori che si volevano celebrare e in molti hanno percepito dietro a quella scenografia un pesante apparato propagandistico degno dei peggiori regimi.

Che la Resistenza possa essere stata anche qualcosa di diverso da quella accolta nei discorsi ufficiali della settimana scorsa e negli editoriali agiografici dei grandi mezzi di comunicazione non è passato per la testa di nessuno.

Non pretendiamo certo che i sacerdoti della religione partigiana accennassero a qualche pagina indegna fra le   molte in cui la Resistenza divenne un fatto criminale e vergognoso -ci ha pensato a suo tempo Giampaolo Pansa assieme ad altri meno conosciuti- pagine che scontano l’aggravante di essere state scritte in molti casi dopo la fine della guerra, in tempo di pace.

Non pretendiamo neppure che, sempre quei sacerdoti, accennassero a come il “mito della Resistenza” sia stato ridimensionato da molti studiosi, come Romolo Gobbi che ne ha messo in luce le tante contraddizioni e, soprattutto, la sua fondamentale irrilevanza sotto il profilo militare e sotto quello della restituzione della libertà agli italiani. Ci saremmo accontentati anche solo di una retorica meno esaltata.

E GLI ALTRI? Al di là di tutto questo, c’è un aspetto delle celebrazioni che abbiamo dovuto subire e che ha indignato molte persone con un minimo di conoscenza storica: il ruolo delle truppe alleate nella Liberazione, soldati italiani compresi.

L’incredibile versione ufficiale di questi giorni è stata che l’Italia l’hanno liberata i partigiani.

Il sindaco di Cuneo si è spinto sino a dire, temerariamente, “con la collaborazione degli alleati”. Le divisioni e le brigate americane, inglesi, canadesi, australiane, francesi e altre ancora, e anche i contingenti del regio esercito italiano, hanno soltanto “collaborato”?

I 90.000 caduti americani, accolti in 42 cimiteri sparsi in tutta Italia, chi erano? Dei “collaboranti”? E sono così insignificanti rispetto ai 6.882 partigiani ufficialmente morti in combattimento?

Forse ci è sfuggito, ma non abbiamo ascoltato una parola, un ricordo, né vista una lacrima per tutti i combattenti alleati -ripetiamo: italiani compresi- morti per liberare questo nostro Paese. Evidentemente per molti oratori ed editorialisti quelle persone sono morte di malattia o, forse, in incidenti stradali.

E qui si porrebbe una domanda drammatica, tanto fondamentale quanto scandalosa, ma assolutamente improponibile nel clima attuale di scontro ideologico: chi ha veramente liberato l’Italia nel 1945?

LA COSTITUZIONE FIGLIA DELLA RESISTENZA. E’ questa una delle affermazioni che i resistenzialisti preferiscono e che lo stesso Mattarella, col suo usuale tono tra il dogmatico e il didascalico, ci ha imposto come verità inconfutabile.

In realtà la cosa può essere vera o falsa a seconda del punto di vista: se ne assumiamo uno etico-politico-propagandistico potrebbe anche essere vera, se ne assumiamo uno più strettamente storico-razionale è quasi certamente falsa.

Quella italiana è una costituzione liberal-democratica con forti venature sociali e solidaristiche e, in quanto tale, non può che accogliere in sé una forte avversione per ogni forma di totalitarismo e autoritarismo, compreso ovviamente quello fascista.

Se può esistere un antifascismo in assenza di fascismo -cosa peraltro assai dubbia- allora la Costituzione è naturaliter antifascista, ma non si tratta di una grande arditezza intellettuale come vogliono farci credere, ma di una banale tautologia verbale.

Se invece si colloca la Costituzione repubblicana nel vasto e profondo solco del costituzionalismo moderno non si può fare a meno di vederla non tanto come il prodotto di un angusto antifascismo di maniera, limitato al nostro paese e a un periodo storico tramontato con tutto il suo rancoroso carico ideologico, quanto piuttosto come una intelligente sintesi di secolari istanze liberali, moderne visioni sociali, profonda eticità storica e giuridica.

Farne solo un vessillo antifascista vuol dire sminuirla e degradarla a manifesto politico da sventolare una volta all’anno sulle piazze e nei teatri.

Ma il discorso sarebbe troppo lungo, e ci riserviamo di riprenderlo magari in un’altra, più serena, occasione.

Per oggi basti dire che pure la Costituzione, come il 25 aprile, dovrebbe appartenere a tutti gli italiani e non solo a chi ne fa strumento di propaganda. Cosa che purtroppo non è avvenuta, anche ai massimi livelli delle istituzioni.

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