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L’uomo, i misteri e l’ignoto
Come riuscire a capire se la strada è quella giusta per noi …
… se la stiamo ancora cercando?
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 05/08/2023

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 74 del 08.02.2022 che è stato suddiviso in 7 articoli. Questo è il n°2.

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Sembrerebbe un cane che si morde la coda. Infatti se siamo sulla giusta strada non occorrerebbe cercarla ancora. Ma è proprio così, oppure …

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Il punto di partenza, senza il quale non ci si muove da nessuna parte, è quel “conosci te stesso” così bistrattato, usurpato, usato impropriamente e in modo incoerente. Tutti i tentativi che si fanno senza aver saldamente afferrato questo punto di partenza fondamentale possono portare risultati magari anche importanti nell’immediato, ma, come tutti gli edifici costruiti senza adeguate fondamenta, possono facilmente collassare su sé stessi al momento della prova di stabilità. Anche da un punto di vista squisitamente fisiologico! Le malattie del cuore, per esempio, hanno un forte fondamento negli sforzi che si fanno, anche inconsciamente, per giungere a comprendere qualcosa senza riuscirci. Quindi non è solo un modo di dire o di esporre concetti, ma anche un modo per aiutarci a comprendere che, se non si fanno determinate cose correttamente, la conseguenza patologica è automatica ed inevitabile. Così come, se non evitiamo di sovraccaricare il nostro sistema nervoso o quello cerebrale, seguendo una certa igiene mentale, è chiaro ed evidente che le conseguenze prima su un piano meramente comportamentale e poi metabolico e fisiologico sono inevitabilmente alle porte. Allora cerchiamo di capire come, prima di tutto, non continuare in una dinamica che conduce a queste problematiche e poi, semmai, invertire la rotta e capire come questi strumenti possano essere utilizzati per iniziare un processo, che procede in tempi e modi propri a ciascun essere umano, per trovare e ricevere tutti gli aiuti necessari perché ciò avvenga. Conoscenza di cose, di processi, di leggi, di meccanismi, di persone, di gruppi di persone, di condizioni e situazioni che potranno aiutarci in questa ricerca e relativa pulizia di quello che intralcia dentro noi. Di tutto quello che sta dentro di noi, ma che non dovrebbe o non in quel modo. Quindi la prima cosa da prendere in considerazione è che se noi abbiamo una marea di input che attraversano il nostro essere, non tutti questi input devono o possono essere elaborati e non tutti richiedono che noi gli andiamo dietro di conseguenza. Chiaramente, per lungo tempo, abbiamo considerato che tutto quello che noi sentiamo come proveniente da dentro di noi sia nostro, sia generato o derivi da noi, mentre abbiamo visto che in larga parte così non è, ma proviene da elementi a cui siamo collegati, oppure completamente esterni a noi, che comunque sottopongono il nostro intero sistema ad una serie di sollecitazioni, alle quali esso è abituato a rispondere in modo automatico, indipendentemente da quello che noi facciamo o pensiamo.

 

Quindi la prima cosa per cominciare a comprendere chi siamo è vedere cosa passa dentro di noi. Cominciare a capire come mai giungono alla nostra mente i pensieri più disparati e, sulla base di quello che i pensieri elaborano, ne continuano ad arrivarne altri ad essi correlati, come una catena ininterrotta.

 

Penso al mare, vedo il costume da bagno, vedo l’albergo, vedo il pranzo servito, sento il profumo del mare; una serie di cose concatenate che si generano mutuamente e riempiono sempre di più la nostra testa. A queste suggestioni l’oriente diceva: ok, se hai tutto questo marasma in testa mettiti calmo, siediti e cerca di allontanare da te tutti questi pensieri cominciando ad osservarli, ma facendo attenzione, se puoi, a non rispondere continuamente a queste sollecitazioni. Così impari a meditare mettendoti tranquillo, con una dolce melodia di sottofondo, e concentrandoti su un unico pensiero, oggetto, sentore. Cercando di non farsi fagocitare dalla dinamica che ne scaturisce, né dalla sua assenza. Da tutte quelle condizioni che ci tengono sotto scacco anche quando non ce ne accorgiamo. Benissimo.

 

Se c’è qualcuno tra di voi che agisce in tal senso continui pure a farlo fino a quando gli serve. Ma se può farne a meno lo faccia prima che può. Conviene compiere errori stupidi piuttosto di continuare a fare delle attività di cui noi non sappiamo praticamente niente, ma soprattutto non sappiamo con che cosa ci mettono realmente in comunicazione.

 

Hai risposto ad una domanda che ti avrei posto. Mi riferisco al fatto che ci hai martellato per giorni e giorni sul fatto che conduciamo una vita che nel peggiore dei casi è da “maiali” e nel migliore è da “castori”; ma come fare poi per uscire da tale stato a cambiare la propria vita? Ed ecco un’altra domanda. Più volte ho sentito parlare, in alcuni gruppi esoterici e non, in maniera critica rispetto alla meditazione ed altre tecniche, ma questa critica che si rivolge a queste tecniche orientali va a colpire le tecniche in sé stesse o invece la nostra critica di occidentali va a queste tecniche in quanto non adatte a noi occidentali? Altrimenti non mi so spiegare perché in oriente poi qualcuno raggiunga gradi di elevazione straordinarie. E comunque ammesso che queste tecniche siano criticabili di per sé, in sé stesse, sulla base di che cosa noi possiamo pensare che invece i metodi occidentali siano superiori e possano portarci più in alto? O più in profondità in noi stessi?

 

Beh, capirai che non è una domanda da poco! Proviamo a dire subito due cose. Non è che gli orientali sbaglino, attenzione, e gli occidentali fanno meglio di loro. Qualunque metodo utilizzi, se non sai come lo stai utilizzando, ti puoi far male a dispetto della migliore intenzione. Un coltello serve a tagliare una mela, ma può ferire e causare morte. Il coltello rimane tale in ogni caso. Quindi se una persona non sa cosa sta facendo, ovvero ne ignora l’essenza fondamentale, qualunque cosa o situazione utilizzi lo fa sotto la sua responsabilità e ne porta le conseguenze. È pur vero che sia gli orientali che gli occidentali sono cambiati nel corpo di razza, ovvero non hanno più le caratteristiche metaboliche e funzionali per rispondere a tali necessità come invece era possibile al tempo in cui tali tecniche, metodi o processi, erano stati pensati per emanciparli dallo stato di coscienza in cui si trovavano verso un altro piano di coscienza più maturo.

 

Le tecniche o modi o processi che servirebbero attualmente non sono ancora state “scoperte”, “svelate”, perché per poterlo fare bisogna andare contro tutto ciò che è consolidato, accettato, condiviso, messo a sistema mediante leggi, consuetudini, abitudini, comportamenti, regolamenti.

 

E come si può ben comprendere non è cosa facile, semplice, salutare, come le esperienze di questi anni evidenziano e ci insegnano. Ciò che hanno fatto alcune persone anche solo 70-80 anni fa, in oriente ed in occidente, ha cessato di essere valido da tempo, in modo indiscriminato. Inoltre a quel tempo valeva esclusivamente per quella o quelle poche persone; non valevano già più per molti dei loro seguaci. Tuttavia sappiamo bene come per noi leggere un libro significa credere di aver compreso il significato profondo dei concetti che vi sono espressi come se gli avessimo sperimentati direttamente. Ma non è proprio così! Però per rispondere alla domanda, senza cadere nel tranello di risolvere un problema generandone uno più grande, torniamo al perché sia meglio non utilizzare la meditazione o tecniche di altro genere. Tutte, nessuna esclusa!

 

Poiché tutte in qualche modo funzionano, sarebbe come se dicessi che se sei sull’autostrada allo scopo di andare da Torino a Milano nel più breve tempo possibile e con un minor dispendio di energie, minori rischi o possibilità di trovare ostacoli o imprevisti, anziché andare dritto dovresti prendere ogni uscita intermedia posta tra la partenza e la meta. Poi continuare facendo qualche giro turistico o esplorativo dei luoghi che trovi godendoti il giusto formaggio o vino locale e, sazio di ogni ben di dio, ritrovarti ad aver scordato cosa dovevi fare e a quale scopo, faticando ogni volta a ritrovare la via che riconduce all’autostrada o, peggio, a dover continuare per strade tortuose e sconosciute, sperando di trovare prima o poi la meta iniziale.

 

Torniamo invece al fatto che noi, come nel corso di alcuni incontri fa si era tentato di farmi dire, possiamo affermare: ma non è che noi, così come stiamo facendo, siamo già sulla strada giusta, anche se apparentemente stiamo facendo cose prive di senno? Certo! Effettivamente siamo sulla strada “giusta” anche se stiamo facendo cose insensate!

 

Ma è altrettanto chiaro che se smettiamo di agire sconsideratamente e ci troviamo sulla strada realmente giusta è ovvio che troveremo meno ostacoli, meno imprevisti, meno dispersioni, e raggiungeremo la meta più velocemente, facilmente e con un minore dispendio di energie. Mi sembra piuttosto evidente e facile da comprendere.

 

E infatti è inutile cercare tutte le tecniche possibili per evitare di fare l’unica cosa che c’è da fare fin dalla partenza: conoscere sé stessi! E come si fa per poter conoscere sé stesso? Se ti metti in meditazione? Fissandoti su una sola cosa sperando che ti porti alla comprensione del tutto? Che facendo così tu te la cavi? Dal che si deduce che noi possiamo fare una cosa grandissima ovvero trasformare l’intera nostra vita, con tutte le cose che facciamo, in una sorta di meditazione continua. Troppo semplice, vero?  Lo sapevo!

 

Ancora con questo discorso che non mi convince fino in fondo. Ho capito che questa meditazione alla fine sicuramente non è adatta a noi occidentali. Lo dico perché io stessa ho provato e non ho mai cavato un ragno dal buco ed è stato un disastro. Quindi lo dico per esperienza personale. Però questo fatto, quello per cui tu dici che noi dovremo invece porre attenzione costante su ciò che facciamo in ogni momento ed anche questo io personalmente qualche volta quando mi ricordo tento di farlo, a me personalmente questa tecnica, se può essere chiamata così, sembra più adatta ad un occidentale perché noi occidentali, così dinamici e frenetici come siamo, è ovvio che più spontaneamente ci sentiamo attratti, io personalmente mi sento attratta, da questa tecnica a cui tu hai fatto riferimento; ma perché pensare che invece gli orientali, così più lenti meno caotici, possano non continuare con la loro meditazione? È questo che io non capisco.

 

Perché non c’è differenza tra essere prigionieri

di un miliardo di pensieri o di uno solo;

sempre prigioniero sei!

 

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Prosegue nei prossimi articoli

 

foto e testo

pietro cartella

 

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