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Cronaca
Torino - Sciopero GGIL e Uil: Landini attacca il Governo, ma tace sulle chiusure di Stellantis
La petizione di Cida manager:” Salviamo il ceto medio”
Articolo di Francesco Rossa
Pubblicato in data 26/11/2023

Venerdì mattina i sindacati GGIL e Uil, sono scesi in piazza nelle regioni del Nord per chiedere di cambiare la proposta di legge di bilancio e le politiche economiche e sociali messe in campo dal governo.

A Torino, il segretario della GGIL Maurizio Landini ha motivato la mobilitazione delle regioni del Nord Italia ricordando che “abbiamo bisogno di aumentare i salari in modo serio, cancellare la precarietà per dare un futuro ai giovani, investire sulla sanità, sulla scuola e abbiamo bisogno di andare a prendere i soldi dove sono con una vera riforma fiscale, con la lotta all’evasione fiscale, con una vera tassazione delle rendite finanziarie e immobiliari perché questo è quello che non viene fatto”.

Tutte richieste volte ad impoverire il Paese, iniziando dal ceto medio, ma finalizzate al lancio in Politica della figura del segretario della CGIL.

Landini che con le sue caparbietà ed  intransigenze, negli anni scorsi ha determinato la dislocazione all’estero di produzioni importanti della Fiat Auto allora capitanata da Sergio Marchionne, dovrebbe almeno conservare l’accortezza di non presentarsi più a Torino, ove non ha sprecato neppur una parola  sul disimpegno di Stelantis, la chiusura dello stabilimento della Maserati e la vendita dell’area.

 Ci siamo impegnati a  non intervenire sulla Legge di Bilancio sino alla presentazione  in Parlamento e conseguente approvazione, per non creare confusione tra i nostri lettori.

Ma dal quel che è stato sin qui reso noto, sono proprio i lavoratori meno abbienti che riceveranno, da parte del Governo, benefici ed attenzioni in seguito alla modifica del cuneo fiscale ed alla riforma dell’Irpef, per cui la drammaticità delle istanze di Landini appaiono ancor più ampiamente demagogiche e fuorvianti.

Merita invece aprire una discussione e dare spazio alla situazione  in cui versa il ceto medio, non troppo considerato da questo Parlamento e ancor più dopo il mancato recupero dell’inflazione sulle pensioni e su ogni altri provvedimento governativo, riforma degli scaglioni dell’Irpef inclusa.

Giova invece tenere presente, anche se i giornaloni tacciono, che negli ultimi anni i governi hanno individuato  in 35mila euro lordi annui, vale a dire circa 2.000 euro netti per tredici mensilità, il limite di reddito oltre il quale il contribuente deve sostenere sé stesso, la propria famiglia e anche coloro che vivono di bonus, sussidi e prestazioni gratuite, senza che ci sia un adeguato controllo per valutare che, chi ne beneficia, ne abbia effettivamente bisogno, comprendendo quindi il nutrito popolo degli evasori. 

Nel frattempo, il nostro Paese continua a basare tutte le politiche sociali sui redditi lordi dichiarati che non rappresentano un quadro fedele della realtà visto che solo il 14% degli italiani dichiara almeno 35mila euro di reddito lordo e paga il 63% di tutta l’Irpef. Il resto rimane quasi totalmente a carico di lavoratori dipendenti e pensionati. 

Inoltre, non è più tollerabile che, a coloro che hanno un reddito pensionistico superiore a 4 volte il trattamento minimo Inps, venga applicata persistentemente una tassa occulta derivante dal mancato riconoscimento della perequazione spettante.

Con tali premesse Cida Manager ha lanciato una petizione popolare per sensibilizzare il Governo al fine di” salvaguardare il ceto medio italiano che costituisce il motore della nostra economia, la parte intraprendente e produttiva che genera PIL, posti di lavoro, crea nuove aziende e, ciò nonostante, da troppi anni è oggetto di ripetuti provvedimenti falsamente redistributivi ed è orfano di un’attenzione politica.”

Nel documento si chiede inoltre di” fermare questo accanimento prodotto da reiterate vessazioni che negli ultimi 20 anni ha comportato una progressiva riduzione del ceto medio e ha visto scadere valori fondanti come il merito e il dovere, mentre è cresciuto a ritmi preoccupanti il numero di coloro che usufruiscono di misure assistenziali senza averne realmente diritto”.

Nel libro dei sogni che tutti potremo ampiamente desiderare e sottoscrivere, c’è l’auspicio di vivere in un Paese più equo e giusto in cui tutti partecipino in base alla propria reale capacità contributiva, stanando furbi e disonesti, per pagare meno e pagare tutti; un Paese più inclusivo che punti su lavoro e crescita in imprese più produttive, retribuzioni più elevate e pari opportunità per giovani e donne. 

I punti fermi sui quali si basa quest’appello sono i seguenti:

Il tutto ben lontano dalla farse del demagogo Landini che, come i fatti stanno a dimostrare, non riesce più ad attrare il consenso, considerata la mancata difesa dei posti di lavoro ed il lancio di  proposte insensate,  a scapito di chi intraprende e lavora.

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