A proposito dei recenti fatti di cronaca nera riguardanti l’amore sentimentale tra i due sessi sfociati in crimini, abbiamo dialogato con l’artista Roberta Arduini, molto sensibile all’argomento, tant’è che uno dei quattro spettacoli di Parole e Musica da lei creati e messi in scena dal suo quartetto Oasi, si intitola “La Verità negli occhi dell’Amore”, in cui approfondisce la realtà dell’Amore in tutte le sue sfaccettature.
“Sento che si parla molto di educazione affettiva nelle scuole. Ben venga, ma ritengo che l'educazione alla relazione e all’Amore non si possa ridurre a una fredda formula razionalistica e moraleggiante - ci ha riferito - Credo che si debba imparare dai poeti, dai pittori, dagli scultori e soprattutto da una coppia che sta insieme per una vita intera. Il mistero dell’Amore può essere insegnato solo con l’esempio personale e con una straordinaria passione. Tutto il resto impoverisce l’Amore, e lo riconduce a una violenza fatta di sterili ritornelli, che non hanno il potere di mostrare i lati oscuri che offuscano questa meravigliosa forza e che sono di stimolo per l’evoluzione verso un ‘io’ più autentico: quello che ci incammina verso la più potente delle Grazie. Nel mio piccolo, spero di aver contribuito affinché almeno un germoglio possa nascere con il Recital Musicale ‘La Verità negli occhi dell’Amore’.
Roberta Arduini, in questa sua opera mette a nudo nell’essere, il sentimento dell’Amore e implicitamente che cosa richiede una sua crescita, sin dalla nostra nascita. Bene, ma come bisogna vivere questo sentimento in maniera autentica? Noi siamo bisognosi di Amore, ma come bisogna vivere questo bisogno, questa sete?
Ne ‘La Verità negli occhi dell’Amore’, lei recita così: “La potenza dell’Amore crea un terremoto alla struttura del tuo ego. La vedi, la vedi la tua vulnerabilità, le paure di quel bambino bisognoso di accudimento, di nutrimento, che si tormenta al pensiero di non ricevere più Amore ! (…) e per cercare di riempire quel tuo vuoto interiore, ti vedi mentre inneschi dei comportamenti di dipendenza e persino di narcisismo e ti accorgi che il primo passo di quel viaggio verso una comprensione più profonda dell’Amore comincia sempre con quel dolore, con quel mi manchi, quel mi manchi universale che diventa anche un io ! io mi manco! Quel bisogno di completezza, sì, di quell’utero che ancora una volta ti spinge fuori da sé perché non vuole e non può più contenere ogni tuo bisogno” (https://www.youtube.com/watch?v=QLpvDkz7KR0)
Ecco, ed è qui il punto, lo snodo, l’aut aut, il salto o il baratro, non c’è alternativa. O riesci a superare questo momento, con una accettazione al sacrificio e cresci e con te l’Amore vero di cui ti nutri e di cui hai bisogno, o soccombi e fai violenza e ti fai violenza, per una pretesa che hai sul reale, perdendo la tua dimensione di essere umano.
E veniamo al dunque. Niente c’è di più stupido e bestiale del sacrificio, diceva Pavese.
Ma bisogna accettare il sacrificio che la realtà ci propone, perché non tutto quello che pensiamo ci serve, è a nostra disposizione. E, il sacrificio acquista ragione quando viene accettato.
D’altronde se si adotta come sistema l’evitare a tutti i costi il sacrificio, sviluppando una pretesa sempre più violenta sulla realtà e nelle circostanze da cui non puoi sfuggire, si rimane impantanati in una pozza sempre più angosciante e disumana.
Una componente dell’Amore vero è una tenerezza e quindi una letizia che ne nasce, nei confronti di tutti, del proprio essere, della vita che ci ritroviamo, del creato. Non c’è altro tipo di Amore, l’amore violento non è Amore. La permanenza della tenerezza esige che sia una tenerezza vera. Per essere una tenerezza vera deve amare in modo vero l’essere a cui si rivolge e se stessi, bisogna che vengano percepiti per quello che veramente sono.
Per pensare alla propria vita, o alla vita di un altro che non conosco, per amare il proprio e l’altrui destino, per amare la tua e la sua felicità, e rispettare la vita e le scelte che ognuno si sente di fare, bisogna sacrificare la reazione immediata, sia essa di piacere o di dispiacere, di simpatia o di antipatia, bisogna sacrificare l’impressione immediata.
Occorre un sacrificio, il sacrificio dell’immediato. L’immediato non è vero, tant’è che al mattino sei magari entusiasta di tua moglie o di tuo marito e la sera la o lo manderesti a quel paese.
Quindi, anche se sembra un paradosso: per amare e rispettare veramente una persona, serve un distacco. Non si può stabilire un rapporto di possesso con niente: né con gli uomini, né con i fiori, né con altro.
È il sacrificio dovuto a questo distacco, accettato fino in fondo, che permette lo svelarsi della verità della ‘cosa’ o ‘persona’ presente e che ti fa rispettare il suo destino, che non possiedi e che non puoi possedere comunque, e che permette il permanere dello stato di tenerezza.
Siamo esseri creati e lasciati vivere in libertà, tutto è dono ma non possesso, è questo il nostro destino e finquando non accetteremo che il centuplo quaggiù non è come lo si vorrebbe, cioè come un allargamento dell’istintività, non lo coglieremo.
È un’altra cosa, ed è più bella, più sicura, anche direi più affascinante, più umana, e che avverti quando sei nello spirito giusto del tuo io, e che ti rende con tenerezza fratello e sorella del tuo prossimo e di te stesso, e che ti libera dalla pozza dell’istinto, in cui spesso puoi cadere impantanandoti.
In conclusione, se si accetta il sacrificio come condizione per il cammino, si è destinati ad una soglia felice, compiendo un viaggio diverso da quello immaginato, doloroso, duro, pieno di lavoro da fare su se stessi, viaggio che è quello che Roberta Arduini fa percorrere allo spettatore nella sua opera. Un viaggio che ti permette la tenerezza, l’evidenza dell’Amore che rimane nonostante tutte le apparenze e che non ti fa sopraffare da nessuna circostanza e che ti libera da “comportamenti di dipendenza e persino di narcisismo”, sfoghi disumani, come recita Roberta Arduini.
Non dobbiamo avere paura del sacrificio quindi, ma dell’astrazione dalla realtà, dalla nostra condizione, che è una distrazione voluta. L’astrazione, che è quello in cui siamo più indotti oggi, l’era del virtuale e del consumismo, è purtroppo la condanna della nostra dignità umana, che non è fatta di istinto e reattività superficiale, ma ben sì di nesso col proprio cuore e la propria ragione.
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