Il 15 febbraio scorso il Comune di Roma ha concesso la Cittadinanza Onoraria al giornalista Julian Assange.
La notizia non avrebbe tanta rilevanza se non fosse che la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America i prossimi 20 e 21 febbraio deciderà se estradare Assange per infliggergli una condanna che buona parte del mondo ritiene ingiusta.
Stella Assange, moglie del giornalista, intervenendo in un convegno a Londra, ha dichiarato che quella di suo marito è una “situazione estremamente grave. Potrebbe essere messo su un aereo a giorni”.
Ciò che aumenta in lei una più che normale apprensione è il fatto che “la sua salute sta peggiorando sia dal punto di vista fisico, sia psicologico. La sua vita è a rischio ogni giorno che resta in carcere e, se estradato, morirà”.
Ovviamente i grandi giornali, i TG e il mainstream dell’informazione fanno finta di nulla e si occupano di Ilaria Salis, per colpire Viktor Orban, e di Alexsei Navalny, per attaccare Vladimir Putin. L’informazione – ormai è chiaro a tutti – è nelle mani di chi vuole esautorare i due Presidenti eletti di Ungheria e Federazione Russa; il resto passa in secondo piano.
Ciò che i più non sanno è che – come dice Stella – “Non si tratta solo dell’estradizione. Julian non dovrebbe essere in carcere”.
Giusto per dovere di cronaca va detto – e lo facciamo con “Avvenire” – che “il giornalista ex caporedattore di Wikileaks, 52 anni, è detenuto dal 2019 nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a sud est della capitale del Regno Unito per aver pubblicato file riservati del governo americano”.
Moltissimi giornalisti e politici di tutto il mondo è dal 2019 che urlano allo scandalo. Julian Assange (nella foto a destra) ha semplicemente fatto il suo lavoro, diffondendo la verità, e informando l’opinione pubblica. In altre parole ha espletato le funzioni proprie del giornalista.
Sulla vicenda è intervenuto anche il Direttore di Wikileaks, Kristinn Hrafnsson, che ha detto: “L’estradizione di Assange creerebbe un precedente dalle implicazioni gravi e buie per la libertà di stampa attraverso il mondo”.
C’è da sperare che la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America usi un po’ di sana etica e prenda in esame il fatto che non si può incarcerare un giornalista per aver fatto semplicemente il suo lavoro.
Ci riserviamo di tornare sul tema.
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