Vivere per lavorare

Da chi si trova a perdere il lavoro a chi turna su orari h24: i paradossi del lavoro del terzo millennio

L’era lavorativa 1.0 era caratterizzata da orari di lavoro grosso modo “umani” che vedevano le attività svolgersi dal lunedi al venerdi per gli impiegati e l’aggiunta del sabato per il commercio, poi arrivava la domenica a garantire il giusto riposo.

L’era 2.0, quella delle vendite on line, ma non solo, sta creando una situazione paradossale, per cui c’è chi il lavoro rischia di perderlo, o lo già perso da un pezzo e lo ritroverà con molte difficoltà, dovendo accettare anche contratti precari e un salario basso, e c’è chi, suo malgrado, si trova costretto a faticare con turni veramente pesanti, come ormai da anni sta accadendo soprattutto per il commercio.

Da tempo, assistiamo a catene di supermercati che tengono aperti i loro centri sino alle 21:00 e, negli ultimi anni, anche alla domenica e ai festivi in genere, fatta esclusione delle feste comandate come Natale o Pasqua (ma siccome al peggio non c’è mai fine, magari sarà solo questione di tempo).

E’ di qualche giorno fa la notizia della levata di scudi delle commesse e dei commessi dello Shopville Le Gru di Grugliasco che, non pago di vedere i propri dipendenti lavorare sette giorni su sette e sino alle 22:00, ha comunicato l’intenzione di tenere aperto per tutta la settimana di Natale sino a mezza notte.

Unica eccezione sarà la vigilia di Natale, quando la chiusura verrà umanamente concessa alle 20:00 (giusto in tempo quindi per le commesse di fiondarsi a casa a preparare un frugalissimo cenone di Natale per le 21:00 – 21:30 ?!).

La nuova “conquista” del lavoro 2.0 sta mettendo in difficoltà anche i piccoli commercianti che potendo turnare su pochi dipendenti (spesso ridotti all’osso poiché a livello familiare) si trova in ulteriore difficoltà nel cercare di competere con la grande distribuzione che oltre ai prezzi bassi fa leva anche su orari più estesi.

La nuova filosofia del vivi per lavorare, da contrapporsi a quella precedente del lavora per vivere, è improntata sull’ormai alibi legato alla mancanza di lavoro, ai tempi difficili, al confronto con il finto stacanovismo dei Paesi emergenti (finto perché là certe conquiste sindacali e un certo voler puntare alla qualità della vita non è ancora arrivato, e non perché siano più stoici di noi occidentali), ragion per cui rispetto a chi non ha lavoro, o rischia di perderlo, vedi di lavorare sempre e comunque e non ti lamentare.

E così, una società come la nostra che voleva (e in parte ci era riuscita) puntare sulla qualità della vita, sulla famiglia, sul godersi al meglio il tempo libero, si trova, per molti, a essere divenuta una società in cui lavorare meno o comunque senza turni 24h su 24 è diventato quasi un privilegio, quasi un doversi vergognare perché in fondo lavoriamo poco, non siamo sufficientemente produttivi, ci adagiamo sulle quaranta ore settimanali raggiunte con decenni di confronti.

In tutto questo, poi, ci sarebbe da fare anche un’altra riflessione che riguarda noi consumatori “privilegiati” che abbiamo la sfrontatezza di avere del tempo libero durante i festivi per trascorrere ore e ore al supermercato. La riflessione è che se una volta riuscivamo a fare la spesa al sabato, perché oggi aggiungendo un giorno in più (la domenica) o delle ore in più (sino alle 22:00) o persino l’intera notte (come la catena Carrefour) dovremmo comprare di più?

Chi è esperto di marketing si sarà fatto sicuramente i conti in tasca e avrà valutato che aprendo di più si faccia spendere di più, ma, se così è, allora tutto ciò significa tristemente che stiamo diventando dei consumatori compulsivi che non avendo nulla da fare alla domenica andiamo a girovagare per rumorosi e affollati centri commerciali per comprare (spesso) non ciò che non siamo riusciti ad acquistare al sabato, ma per farci fagocitare per un giorno in più alla settimana dalla macchina del consumismo.

E’ notizia di questi giorni di ponte dell’Immacolata, che il Museo Egizio ha fatto il pienone arrivando a staccare 6000 biglietti solo nella giornata di venerdì, a cui si aggiungono i 4000 al Museo del Cinema, i 3000 per la bella mostra su Monet alla GAM, e altrettanti per la Reggia di Venaria Reale.  Insomma la cultura a Torino fa sempre il pieno, e bisogna ricordare che al Museo Accorsi è possibile visitare l’interessante mostra di quadri sui divisionisti e che a breve, presso Palazzo Chiablese, aprirà quella su Matisse.

In queste domeniche natalizie, allora, godiamo al meglio del tempo che abbiamo a disposizione, e tra la visita al presepe di Luttazzi al Borgo Medievale e il box giochi all’interno del centro commerciale, portiamo i nostri figli nel primo: ci divertiremo anche di più noi e ci sentiremmo un po’ più felici, perché gli addobbi di un presepe non sono specchietti per le allodole per attirarci a comperare qualcosa in più, ma ci consentono di acquistare una cosa che non ha prezzo: un po’ di serenità.

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Articolo pubblicato il 10/12/2015