Torino è più bella ma non basta

La città è cambiata ed è diventata più turistica, ma non basta

Diversi anni di sinistra (Castellani, poi Chiamparino e ora Fassino) hanno portato il capoluogo piemontese ad essere una città completamente diversa, una città che da grigia e industriale ha cambiato pelle diventando turistica, vivace, urbanisticamente più accessibile, con grandi attrattive culturali.

Le Olimpiadi invernali del 2006, Il riallestimento del Polo Reale, le grandi mostre da tutto esaurito (Palazzo Madama, GAM, Accorsi, …), la rinascita della Reggia di Venaria, la pedonalizzazione di diverse zone del centro storico, la prima linea della metropolitana, le diverse manifestazioni culturali ed appuntamenti quali Biennale Democrazia, il Circolo dei Lettori e Torino Spiritualità, e molto altro ancora, hanno fatto di Torino una città molto più bella e piena di attrattive per i turisti ma anche per i torinesi che, anno dopo anno, hanno fatto crescere il numero di sottoscrittori ad Abbonamento Musei.

A dirla così, sembrerebbe che Torino sia divenuta una città in piena crescita economica e ai primi posti per sviluppo e occupazione, ma purtroppo le cose sono ben diverse.

Negli ultimi quindici/vent’anni, il pil procapite dei torinesi è diminuito e il capoluogo subalpino non viene menzionato tra le aree che entro i prossimi quindici anni si svilupperanno maggiormente.

Le periferie, a detta di molti, sono state un po’ abbandonate, la sicurezza non pare godere di ottima salute e soprattutto l’inquinamento vede Torino agli ultimi posti in Europa.

L’idea di cancellare la Torino industriale e ridisegnare una nuova Torino post industriale, in cui servizi, commercio e turismo la fanno da padrona, è stata, dunque, una scelta solo parzialmente vincente.

Negli ultimi anni, il capoluogo piemontese, oltre all’inquinamento, ha visto tra i suoi poco invidiabili record, un numero enorme di ore di cassa integrazione e la percentuale di disoccupazione più alta del Nord Italia.

E’ proprio degli ultimi mesi, la notizia di come, per ovviare alla continua richiesta di cassa integrazione, sempre più aziende (Telecom, FIAT, New Holland, Magneti Marelli, Embraco, Johnson, Valeo, Alcar, …) abbiano optato, in accordo con i sindacati, per i contratti di solidarietà, al grido di “lavorare meno per lavorare tutti”, indice, ancora una volta, di una situazione occupazionale e di sviluppo che ristagna.

D’altra parte, l’altissimo numero di pendolari che giornalmente si recano a Milano per lavorare (anche qui da record rispetto ad altre zone d’Italia) la dice lunga su quanto Torino non sia stata in grado, o lo sia stata molto meno di Milano e del Nord Est, di creare quelle opportunità di lavoro e quegli incentivi mirati ad attrarre capitali stranieri di cui si sarebbe avuto bisogno.

Molte storiche attività commerciali del centro hanno chiuso i battenti, la stessa FIAT sembra sempre più lontano da Torino, e in generale il crescente tasso di disoccupazione fanno di questa città un luogo in cui, dopo aver investito, giustamente, tanto nel turismo, è ora che si faccia di più in termini di occupazione e recupero delle periferie.

La speranza è che di tutto ciò si faccia carico il prossimo sindaco, chiunque esso sia, perché una città è un po’ come un condominio: si possono rifare la facciata e allestire eventi nei giardinetti sotto casa, ma poi se per molte famiglie ci sono meno lavoro e meno sicurezza, il restyling del condominio e le iniziative al parco giochi non sono sufficienti.



Marco Pinzuti



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Articolo pubblicato il 02/04/2016