Il ballottaggio di Torino tra presente e futuro

Tra pochi giorni, i Torinesi dovranno decidere chi sarà il sindaco che li guiderà per il prossimo quinquennio

Ancora qualche giorno di campagna elettorale per Piero Fassino e Chiara Appendino e poi i Torinesi dovranno decidere chi far vincere dei due al ballottaggio di domenica prossima.

La partita tra l’attuale sindaco del capoluogo piemontese e la giovane pentastellata è più che mai aperta, nonostante l’ampio vantaggio di Fassino dopo il primo turno delle elezioni amministrative.

Decidere, questa volta, sarà più che mai difficile, perché entrambi hanno dei punti forte a favore ma che fanno leva su due concezioni, per certi versi, piuttosto differenti.

Dopo anni di metamorfosi, che, con il centro-sinistra alla guida della città (Castellani, Chiamparino e Fassino) hanno visto il capoluogo subalpino cambiare completamente pelle diventando la metropoli post-industriale, moderna e turistica che ormai conosciamo dal dopo olimpiadi del 2006, Torino ha davanti a sé due obiettivi che non dovrebbero essere complementari ma che, da quanto si può dedurre dalla campagna elettorale, paiono divergenti tra loro.

Fassino propone un quinquennio in completa sintonia con gli ultimi decenni di governo della città, ossia di sviluppo, innovazione, grandi opere, per continuare quella metamorfosi della città, iniziata con il restyling del centro storico, il polo reale, le mostre, la linea uno del metrò, insomma ciò che ha fatto ti Torino una grande attrattiva culturale e turistica, e che dovrebbe proseguire con la Città della Salute, il passante, la linea due del metrò, la nuova biblioteca civica e molto altro.

Certamente tutto ciò significherebbe non frenare il grande sviluppo di una città che non vuole fermarsi e che desidera continuare a proporsi come una città molto diversa da quella grigia e industriale cui ci si era abituati a vivere dal dopo guerra sino agli anni Duemila.

C’è però un’altra Torino che avrebbe bisogno di una maggiore attenzione ed è la Torino delle periferie, della disoccupazione (del 12% circa con quella giovanile al 45%), dei 1.600 pendolari costretti ogni giorno a recarsi a Milano per poter lavorare, della sburocratizzazione che attirerebbe più capitali e aziende, del potenziamento dei bus per arrivare, secondo il M5S, dalla periferia al centro in soli 19 minuti con bus navette ad hoc invece che per forza pensare subito alla seconda linea del Metro, la Torino che potrebbe (forse) risparmiare denaro risistemando la vecchia galleria di interscambio di Piazza Baldissera, piuttosto che spendere per il tunnel di corso Grosseto.

Per il M5S si potrebbero restaurare le Molinette invece che pensare alla Città della Salute; arriva anche il sì al recupero del Palazzo del Lavoro e un no al centro commerciale, e così un no anche ai centri commerciali in zona Vanchiglia per pensare di più ai piccoli commercianti e alla piccola media industria.

C’è anche da ricordare come Torino, pur essendo sempre più una città turistica, paradossalmente non può certo vantare un aeroporto di primordine, visto che per moltissimi voli i torinesi debbono recarsi a Malpensa o a Orio al Serio.

Per Torino, dunque, il futuro dovrebbe essere il giusto connubio tra grandi opere e la gestione di ciò che già esiste, riservando parte del bilancio a periferie, povertà e occupazione, cui le precedenti amministrazioni hanno guardato con interesse, ma per le quali si potrebbe e dovrebbe fare certamente di più, soprattutto per una città che, se ha giustamente investito molto per il suo futuro, è pur sempre una città fortemente indebitata per il post olimpiadi e che quindi, in anni di crisi, deve dimostrare di fare i giusti investimenti ma badando a non sprecare troppe risorse.

Siamo certi che qualsiasi sia il nuovo sindaco di Torino, questi saprà non arrestare il rinnovamento che il capoluogo piemontese si è dato da alcuni anni, ma allo stesso tempo tenendo ben in vista che Torino deve essere la città per i turisti, ma pur sempre e soprattutto quella per i Torinesi.

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Articolo pubblicato il 16/06/2016