TAV, treni ad alta variabilità

Dopo il terribile incidente in Puglia, fioccano le polemiche sulla rete ferroviaria

In questi giorni, l’argomento principale di tutti i mass media è naturalmente legato al drammatico incidente avvenuto in Puglia, dove due treni su binario unico si sono scontrati con un bilancio di più di venti morti.

Il dato più eclatante di cui in un certo senso si era consapevoli ma non in queste percentuali è quello relativo al numero di binari unici (come quello dell’incidente) che rappresenta più del 50% dell’intera copertura ferroviaria del nostro Paese.

Se buona parte del rafforzamento della rete ferroviaria italiana avvenne durante il periodo fascista, così non accadde dopo la fine del secondo conflitto mondiale, durante il quale circa il 60% dei binari venne distrutto, perché, con l’avvento dell’automobile, non si ritenne di dover investire più di tanto in una buona rete ferroviaria.

Noi Torinesi sappiamo per primi cosa ha voluto dire abitare nella città dell’auto che ha dovuto aspettare le Olimpiadi del nuovo millennio per avere la prima linea di metropolitana.

Nell’ultimo decennio, si è iniziato a portare avanti il progetto dell’alta velocità che ha portato alla realizzazione di una rete ad hoc per treni che alla velocità di 300 chilometri orari riescono a coprire una distanza come quella tra Torino e Milano in circa 50 minuti.

Al di là del fatto che la maggior parte dei lavoratori italiani faccia pendolarismo abitando nei piccoli Comuni spesso e volentieri mal collegati, con treni lenti e vecchi (ad esempio per andare da Milano a Mantova ci si impiegano quasi due ore),  e che quindi la frattura tra i viaggiatori elitari dei treni ad alta velocità e quelli di serie B costretti a salire su treni come quelli coinvolti nell’incidente di qualche giorno fa si faccia sempre più intollerabile, anche sulla tanto osannata Alta Velocità ci sarebbe da fare un discorso.

Chi scrive abita a Torino ma lavora per un cliente di Milano ed ogni giorno si trova a dover prendere il Freccia Rossa di Trenitalia per raggiungere il capoluogo lombardo.

Benché il viaggio venga dato con un tempo di percorrenza di circa 50 minuti, con regolarità il Freccia Rossa accumula sempre ritardi che vanno da un minimo di 5 minuti (pochi ma appunto costanti) a 30-40 minuti, cosa che comunque avviene con una certa frequenza.

In Giappone, per ritardi anche solo di pochissimi minuti, si chiede scusa ai viaggiatori,  Trenitalia, invece,  rimborsa il 25% del biglietto solo per ritardi superiori alla mezz’ora che percentualmente per un treno che ci impiega neanche un’ora a collegare le due metropoli è tantissimo.

A tutto ciò, si aggiunge l’ansia di questi ultimi mesi, per il fatto che Trenitalia potrebbe togliere o ridurre o contingentare i posti sul Freccia Rossa per i pendolari che occuperebbero oltremodo i treni (lasciando presagire che senza di loro si riuscirebbero a riempire tutti i convogli con biglietti da un minimo di 30 euro in su anche nel periodo invernale!).

Il problema dei ritardi dei Freccia Rossa è legato, oltre che da situazioni al limite del comico (pochi giorni fa il capotreno ci ha detto che il Roma Torino che a Milano prevede che il macchinista si sposti dall’altra parte del convoglio sull’altra motrice ha ritardato di un tot e quindi si è fatto passare davanti il freccia bianca ritardando la nostra partenza di ben 36 minuti!) è dovuto anche al fatto che ad esempio al mattino tutta la gran velocità raggiunta lungo il tragitto viene praticamente erosa quando il treno passa per le piccole stazioni di Rho, Certosa, Villapizzone.

Forse si sarebbe dovuta realizzare una stazione ad hoc appena fuori Milano così come si è fatta per la Reggio Emilia AV.

Questa è dunque la situazione di un Paese che sembra voler fare lo sforzo di migliorare, ma che in realtà tenta di realizzare ciò che fanno gli altri ma con risultati spesso più scadenti.

Dopo ciò che è accaduto in Puglia e dopo la presa di coscienza che per andare a vedere il Salone del Libro a Milano, se le cose non cambieranno, i ritardi sono all’ordine del giorno, il problema della TAV in Val di Susa per raggiungere velocemente la Francia, quando non riusciamo neanche a dare certezza a gli Italiani di muoversi decentemente e con sicurezza all’interno del nostro territorio, diventa una questione veramente di second’ordine e talvolta anche paradossale.
 



Marco Pinzuti


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Articolo pubblicato il 16/07/2016