Taranto - Al Teatro Orfeo si rinnova il successo de “La serva padrona”

Messa in scena dall'Associazione Amici della musica Arcangelo Speranza per la 74a Stagione concertistica.

Nel settembre del 2017, ci furono lunghi applausi per tutti, a scena aperta, nessuno escluso, per l’esecuzione de “La serva padrona” al Mudi di Taranto, che giovedì è andata in scena al Teatro Orfeo, grazie agli “Amici della musica Arcangelo Speranza, per la 74a Stagione concertistica.

Nel Teatro Musicale settecentesco la recitazione degli attori cantanti fu una delle ragioni del successo che il grande  filone degli intermezzi musicale riscuote tuttora.

E nella corposa schiera di servette furbe, vecchi gabbati, servitori sciocchi e amanti delusi che popolano gli intermezzi, i personaggi de “La serva padrona” rappresentano un modello.

Ripreso e variato in decine di storie che obbediscono sempre e comunque agli antichi, eterni modelli della Commedia dell’Arte e della tradizione teatrale italiana.

A questo poi si aggiunga il coraggioso ed azzeccatissimo adattamento di Chicco Passaro, che  ne cura la scena e la regia, la bravura delle voci dei due cantanti e della loro gestualità, compresi i movimenti del mimo, e la maestria dovuta all’Orchestra Barocca Santa Teresa dei Maschi, con al clavicembalo e alla direzione Sabino Manzo, che ha eseguito l’opera con strumenti storici.

Con la messa in scena de “La serva padrona”, con un adattamento all’American Graffiti anni ‘50, Taranto vuol continuare a celebrare il genio di Giovanni Paisiello, accendendo i riflettori su un pezzo importante della storia dell’opera del 700.

“E’ un’opera che si presta moltissimo ad un adattamento diverso, ad un collegamento temporale differente, tanto è vero che noi  abbiamo pensato di adattarlo a quella che era l’epoca di American Graffiti degli anni ‘50, tutto il taglio dell’opera si  indirizzerà in quella maniera” ha osservato Chicco Passaro.

Ricordiamo il libretto che è di Gennaro Antonio Federico. I personaggi sono:Uberto, un anziano nobile interpretato dal  basso Giuseppe Naviglio, Serpina, la sua serva interpretata dal soprano Valeria La Grotta e Vespone, il  servo  mimo Gabriele Salonne con i costumi curati da Francesca Marseglia.

Sono, infatti, soltanto due i cantanti previsti nella partitura dell’opera scritta da Paisiello e che quasi mezzo secolo prima Pergolesi aveva messo in musica con straordinario successo contribuendo in maniera determinante a far scoppiare a Parigi la celebre Querelle des Bouffons, con i futuri enciclopedisti sostenitori della supremazia del teatro musicale italiano su quello francese.

“La serva padrona” è stata concepita nel piccolo teatrino di Palazzo Carskoe Selo, il 30 agosto 1781, che era la residenza della zarina Caterina II di Russia.

Di fronte al pubblico della corte imperiale, come spiega Maria Grazia Melucci, Paisiello

“rinuncia a una comicità eccessivamente chiassosa e caricata, e le baruffe dei due personaggi vengono qui finemente stilizzate”.

E nonostante la brevità dell’intermezzo, la gamma di arie è davvero ampia, tra momenti elegiaci e virtuosistici, patetici e di furore, con una “cantabilità facile e distesa, dolce e malinconica”.

La scena inizia con Uberto, che svegliatosi da poco, è arrabbiato perché la serva Serpina tarda a potargli la tazza di cioccolata con cui è solito iniziare la giornata (Aspettare e non venire) e perché il servo, Vespone, non gli ha ancora fatto la barba. Il  ricco e attempato signore Uberto ha al suo servizio la giovane e furba Serpina che, con il suo carattere prepotente, approfitta della bontà del suo padrone.

Uberto, per darle una lezione, le dice di voler prendere moglie: Serpina gli chiede di sposarla, ma lui, anche se è molto interessato, rifiuta…..ma poi….. non vogliamo svelare la conclusione…..chissà come va a finire visto che Uberto ad un certo punto dice: Ah! Costei mi va tentando ; quanto va che me la fa…..e poi nella 9° aria …….son imbrogliato io già; ho un certo che nel core che dir per me  non so s’è amore, o s’è pietà, io sto fra il sì e il no, fra il voglio e il non voglio e sempre più mi imbroglio, me misero infelice che mai sarà di me?!

La speranza è che un prodotto teatrale così ben riuscito possa essere portato in giro per i teatri italiani e che non si fermi in Puglia, affinché sempre più persone ne possano godere e abbia il giusto successo che merita.

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 20/04/2018