Ambrosia - la pianta infestante che causa infiammazioni e allergie. È ovunque
Un ciuffo di ambrosia, pianta riconoscibile che vive intorno a noi

Un altro vegetale alieno dalle proprietà deleterie ha trovato un confortevole alloggio in terra italica.

In mitologia l’Ambrosia era la bevanda degli Dei, ma mortale per gli umani. Il paragone pare esagerato, però, alcune “radici” comuni non mancano con l’omonimo vegetale. È un cespuglio infestante oriundo del Nord America, installatosi in Italia per lo più nell’area padana, ma già sta camminando alla conquista della penisola, pericoloso per la biodiversità, ma non solo.

L'ambrosia fiorisce da metà di luglio fino tutto settembre, periodo in cui il suo polline scatena forti allergie e le sue vittime ne subiranno l’influenza, dato che bastano 20 corpuscoli di polline in un metro cubo d'aria per provocare reazioni infiammatorie che modificano la quotidianità del vivere.

I sintomi più frequenti sono: la rinite, gli starnuti ripetuti, il prurito e l'arrossamento degli occhi, con disturbi a orecchie e gola. Effetti che agiscono sulle capacità lavorative e sull’umore delle persone colpite. L’unico rimedio è di evitare siti infestati dall’ambrosia nei mesi estivi o restare in luoghi chiusi.

Inoltre, l’ambrosia è un vero tormento per la fauna selvatica e da compagnia. Molti animali ne sono colpiti come gli esseri umani, ma la pianta infestante è dannosa anche per le culture, soprattutto di mais. Se non contrastata può portarne a un calo del 15% della produzione. Il caso si è manifestato per lo più in Piemonte e in Lombardia.

Da qualche anno infatti, in alcuni comuni sono state emesse ordinanze per arginare la propagazione dell’ambrosia. Ogni proprietario terriero è invitato a eliminare la pianta, soprattutto prima della sua fioritura.

Gli habitat dell’ambrosia sono: i margini di marciapiedi, le superfici incolte, i bordi delle strade, le ferrovie, gli argini dei fiumi, i cantieri, le discariche, i fondi agricoli abbandonati. Praticamente, tutte le superfici libere da coltivazioni o lasciate all’incuria, e quindi, anche zone di parchi urbani e boschi abbandonati da quella che era l’agricoltura collinare e montana, umile perla del made in Italy, piegata da una burocrazia lontana da luoghi e tradizioni.

Mappa della diffusione al 2014

La diffusione in Europa dell’ambrosia è in aumento e lo stesso vale per le allergie. Il fenomeno è per 2/3 da mettere in relazione ai cambiamenti climatici e per 1/3 è un’espansione favorita dall’attività umana.

Entro il 2050, è previsto il quadruplicatisi dei pollini di ambrosia nell’aria. È uno scenario disegnato dagli scienziati del progetto europeo di ricerca “Atopica”, che ha studiato l’impatto dei cambiamenti ambientali sulla diffusione di allergia, asma, eczema. L”Ambrosia artemesiifolia” si diffonde velocemente in condizioni di clima continentale caldo. Secondo i futuri scenari climatici elaborati dagli scienziati di Atopica, l’ambrosia potrebbe estendersi soprattutto nell’Europa nord-occidentale, ma l’Italia non è esente.

Il riscaldamento inoltre porterà a estati più lunghe. I ricercatori hanno così stimato che tra il 2041 e il 2060 in Europa il numero di persone con sintomi rilevanti di allergia all’ambrosia potrebbe più che duplicare.

Partner italiani dello studio europeo sono l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, l’International Centre for Theorethical Physics (Ictp) e Promoscience di Area Science Park di Trieste.

Un commento di chi scrive. Anche in questo caso, come nel precedente “affaire dell’ailanto”, ho constatato di persona la diffusione dell’ambrosia nei terreni incolti. La ricerca  scientifica è meritevole, ma a mio sommesso parere, forse sarebbe più opportuno impiegare fondi e cervelli universitari per un progressivo rallentamento del riscaldamento globale, almeno laddove è di responsabilità umana, anziché ipotizzare precise, ma inutili percentuali sul futuro che verrà, senza mai intervenire.

Sarà lui il soldato per la guerra batteriologica all'ambrosia?

L'ambrosia non ha alcun lato positivo e il suo polline è micidiale. Può viaggiare col vento per centinaia di chilometri e produce un gran numero di semi che con le loro spine si attaccano anche al pelo degli animali e agli pneumatici delle macchine di passaggio.

Fino a oggi sembrava non ci fosse  insetto o altro animale che se la mangiasse perché è pure cattiva, ma c’è qualcuno che pare gradirla. Si tratta di un piccolo coleottero che dimostra di apprezzare l’ambrosia. È l’Ophraella communa, un insetto di origine australiana. Bestiola che si candida per la guerra batteriologica al cespuglio e rinvenuta per la prima volta in Italia tra i poderi di campagne lombarde nel 2013, anno in cui, in quelle zone, si è notato un netto calo dei livelli di polline della pianta.

L’animaletto di bocca buona risulta essere già stato usato con successo in Cina proprio contro l’ Ambrosia artemisiifolia, quindi, le vittime delle allergie e dei danni alle coltivazioni di mais possono iniziare a sperare, sempre che l’ultimo pensiero dell’autore non si dimostri troppo maligno, ma veritiero.

Nota dell’autore: ispirato dal dialogo con un’acuta, intellettuale signora, risulta strano che, nonostante gli studi universitari e l’esistenza del coleottero, la diffusione dell’ambrosia proveniente dall’America del Nord, non abbia trovato prima movimenti di opposizione. Non è dunque possibile che in questo mondo di “sordidi sistemi per pescare nel torbido”, il dilagare delle allergie abbia avuto finora un buon tornaconto per i vaccini e le lobby farmaceutiche?

È un pensiero vagamente “complottista” ispirato dalle tante, incongruenti, cattive notizie che ogni giorno ci tempestano il buon senso da tutti quei mass-media orchestrati dal potere, e soprattutto, da quelle tante & taciute.

In realtà è un pensiero distorto, gli starnuti imputabili all’ambrosia, sono certamente una versione USA del “raffreddore da fieno”… O forse no?

https://casaetrend.it/lambrosia-una-pianta-invasiva-da-combattere/

http://www.greendolomiti.it/?p=1715

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Articolo pubblicato il 29/09/2018