Carlo Bernardino Ferrero: un piccolo Zola piemontese
Carlo Bernardino Ferrero

Completiamo la rievocazione dei fratelli Ferrero, scrittori in piemontese, grazie al valoroso discendente Enrico, custode delle memorie familiari

Parliamo di Carlo Bernardino Ferrero (Torino, 1866 – Torino, 1° aprile 1924), fratello del più noto Alfonso (1873-1933).

È direttore del giornale satirico «‘L Birichin», principale pubblicazione periodica in lingua piemontese, per otto anni, dal 1888 fino al 1896, quando gli succede Giovanni Gastaldi (Tito Livido).

Dopo i primi anni di gestione del «Birichin» ne diventa proprietario: ha fortemente pagato per il suo amore per la lingua piemontese, rischiando ogni sua risorsa per dare alla letteratura in piemontese, per dieci difficili anni, un giornale che raccoglie tutte le migliori penne del momento. Carlo Bernardino finisce più volte in carcere, a causa di violazioni delle norme sulla stampa da parte dei suoi collaboratori. Copre le spese di tasca sua e finisce per perdere la casa, al civico 6 di corso Casale.

Per anni, tiene in piazza Solferino un negozio dove vende, ripara e noleggia biciclette, oltre a tenere lezioni di ciclismo. Proprio in occasione delle lezioni conosce Arrigo Frusta, che nel libro “Tempi beati” (Torino 1949) lo definisce suo «maestro»: «… il Ferrero … insegnandomi a correre in bicicletta, mi aprì la strada del giornalismo».

Negli ultimi anni di vita, Carlo Bernardino deve vedere il fratello Alfonso colpito da disturbi psichiatrici, motivo di grande sofferenza perché i due fratelli condividono gli stessi ideali sociali. Inoltre, nel 1917, muore in guerra il figlio Bernardino, tenente del Terzo Alpini sul fronte del Carso.

Segnato da tutti questi dolori, Carlo Bernardino scompare il 1° aprile del 1924. È tuttora sepolto nella tomba di famiglia, nel cimitero monumentale di Torino.

I critici e gli storici non si sono molto interessati, in passato, a Carlo Bernardino Ferrero forse perché la sua produzione letteraria, assai copiosa, non appare molto curata dal punto di vista editoriale e tipografico. Presenta però valori di spontaneità e di freschezza meritevoli di attenta considerazione dal punto di vista sociale, popolare e di costume.

L’influenza di Émile Zola è molto forte nelle sue opere. Quella di Carlo Bernardino è una scrittura con una forte componente sociale, nella quale scompare l’accentuato moralismo che sovente prende il sopravvento negli scrittori dell’Ottocento, per lasciare il posto ad un più generico buon senso.

Non sono nascosti gli aspetti più crudi della vita del popolo torinese della fine del XIX secolo. Le disgrazie della povera gente si trovano addirittura esibite, il che, per la mentalità del tempo, equivaleva quasi alla nostra pornografia!

Il torinese di Carlo Bernardino è un dialetto rude e colorito, adatto a rappresentare vita e sentimenti del popolo. Scrive indirizzandosi al sottoproletariato di quei tristi anni torinesi e si esprime con termini che reputa adatti alla comprensione e al consenso di quel pubblico appena alfabetizzato e poco meno che rozzo di sentimenti.

Alcuni battibecchi tra portinaie linguacciute, certi frasari di prostitute, hanno espressioni gergali talmente forti e taglienti che attraggono contro voglia, proprio perché echeggiano il vero linguaggio dei bassifondi torinesi del periodo.

Nelle sue opere si ritrova una fedele illustrazione della Torino di fine XIX secolo e dei suoi costumi. Una Torino scomparsa col progresso sociale ed economico, tanto da non essere più riconoscibile, neppure in qualche residuo, già prima della grande guerra.

Scrive il qualificato studioso Gianrenzo Clivio: «… dal punto di vista linguistico seppe eleggere il registro espressivo più confacente all’ambiente rappresentato, quello del lumpenproletariat, di chi a mala pena lavorando in condizioni e con orari disumani riusciva a nutrire la famiglia, e della malavita che con esso fatalmente coesiste e si frammischia, quasi in rapporto di concorrenzialità o, meglio, di tentazione».

I tre romanzi principali di Carlo Bernardino sono:

 

La cracia, romans dal ver, illustrato da B. Casalegno, Torino, Stab. Tip. C. B. Ferrero, 1890, ripubblicato con il titolo “La cracia. Romans social (Turin 1888)”, da Andrea Viglongo nel 1981. Il romanzo venne pubblicato per la prima volta a dispense in appendice al «Birichin», a partire dal numero del 24 novembre 1888.

I dialoghi ne costituiscono la parte più viva ed interessante. Molto crude certe descrizioni di ubriacature, con minuzie di particolari che anticipano il più stupefacente Steinbeck di “Uomini e topi”.

 

Ij mòrt ‘d fam, romanzo sociale (1891), diffuso in cinquanta dispense bisettimanali e ripubblicato con lo stesso titolo, da Andrea Viglongo nel 1978. Rappresenta la misera vita dei proletari torinesi degli ultimi anni del XIX secolo: “morti di fame” sono gli operai il cui salario non consente una vita decente né la possibilità di risparmiare piccole somme per far fronte a malattie e disoccupazione.

 

La bassa Russia, scene ‘d Pòrta Palass (pubblicato in trenta puntate su ‘L Birichin dal n. 3 del 17 gennaio 1891, fino al n. 36), ripubblicato con il titolo “La bassa Russia”, da Andrea Viglongo nel 1976.

 

Altre opere:

Le banastre, romans social, illustrato da C. F., Torino, Stab. Tip. Ferrero, 1890;

Teofilo Barla: ‘l povr’om doi volte sguater e dop stalè, Torino, Stab. Tip. Ferrero, 1891;

‘L delit d’via dla Palma, in appendice a ‘L Birichin, 1890-1891;

‘L sacagn: novela, Edissiôn dël Giôrnal ‘L Birichin, Torino, 31 p., 1891, BN 1891 8817.

Gian e Gin, sotto lo pseudonimo di Contessa La Grisa, 1891;

Un drama ‘d via San Maurissi, in appendice a ‘L Birichin, 1892;

Il milionario d’ Vanchija, sotto lo pseudonimo di C. Effebi, in appendice a ‘L Birichin, 1894;

Le Neuve, in appendice a ‘L Birichin, 1895;

L’òm dël martel, in appendice a ‘L Birichin, 1900.

 

Il testo di questa commemorazione di Carlo Bernardino Ferrero è tratto in parte dalla pagina di Wikipedia, scritta da Enrico Ferrero, alla quale si rimanda per approfondimenti.

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Articolo pubblicato il 15/01/2019