Il bello e il sublime (quarta parte) – L’universo e il fuoco cosmico interiore
Le nozze alchemiche di Ermes e di Erse in una rappresentazione di Giovanni Jacopo Caraglio ispirato a una tessitura di Flamant Willem de Pannemaker, 1570 circa.

Il sublime rappresenta nell’estetica la qualità della grandezza dal punto di vista fisico, morale, intellettuale, metafisico, estetico, spirituale e artistico. Fa riferimento a un tipo di grandezza al di fuori di ogni calcolo, misurazione o imitazione.

 

L’universo è insensibile

Si ritorna così all’apprezzamento della bellezza serena nell’arte. Nella vita emotiva si nasconde una trappola sottile alla percezione del sublime. Come nel Bolero di Ravel con il suo effetto ipnotizzante. È la stessa ispirazione che si fa trascinare dalla disarmonia, dall’ingiustizia, nella giungla della devastazione come nelle composizioni invasive di Galina Ustvolskaya, percepite come “artigli nell’anima”. Questa compositrice ha sofferto sul serio del fatto che alla sua denuncia e al suo “urlo primordiale” il mondo sia rimasto indifferente, indifferente a una vita iniqua persa nella distesa oscura; probabilmente questo grido nasce dall’incapacità dell’autrice di vedere la bellezza dell’universo.

Quella bellezza che ha sconvolto gli astronauti quando hanno visto la terra dall’esterno. Essi hanno provato un’emozione estetica autentica: «Quanto è bella questa nostra Terra, nel mezzo del vasto spazio ci dà un senso di solidarietà e di unità».

La linea sottile verso la sublimità provata emozionalmente va di pari passo con l’accurata riabilitazione dell’apprezzamento per la bellezza.

Nel 1946, il pittore americano Robert Motherwell ritiene che “l’estetica svolge la funzione di un medium”, un mezzo nell’infinito sfondo di emozioni per dare loro la densità di un oggetto osservabile. La percezione della bellezza come incarnazione di una possibilità di trasfigurare ciò che vediamo.

 

Occorrono elementi contrari per sperimentare il sublime?

L’opinione dello scrittore Manfred van Doorn è che la presenza di condizioni discordanti sia necessaria all’esperienza perturbante della sublimità: «L’immensità della profonda tenebra dell’universo, incommensurabile e maestoso, il vuoto dello spazio cosmico, inospitale e terribile, sul cui sfondo si staglia in contrasto il tenue e delicato azzurro del pianeta Terra col suo sottile velo di atmosfera e la sua luce splendente».

Ciò che l’autore descrive o raffigura esprime l’importanza relativa, marginale e insignificante dell’essere umano nello spazio-tempo: «Nato da polvere di stelle ritornerà ad essere polvere di stelle – nell’indifferenza dell’universo». Come nel caso di Ustvolskaya, questa indifferenza dell’universo al suo grido primordiale lo riempie d’angoscia. La descrizione che van Doorn fa del sublime è quella di un’intensa forma di coscienza simile al gioioso stupore che si prova quando sofferenza e piacere sono simultaneamente presenti e trascesi (dominati e vinti) nello stesso istante.

 

Il bagliore improvviso del sublime

Il nostro autore definisce questo istante come un bagliore improvviso del sublime nell’esperienza di unità degli opposti: «Il bagliore improvviso è come un flash emanato da una carica elettrica di sublimità, che si libera quando il contatto tra il positivo e il negativo fa sprigionare una scintilla. Questo paragone fa capire che a noi occorrono elementi contrapposti o polarità contrarie per giungere a sperimentare il sublime. In presenza di uno solo dei due poli la scintilla non viene prodotta».

Gli elementi contrari ben noti, all’origine dell’esperienza del sublime, sono il bello e il brutto, la gioia e l’angoscia, il finito e l’infinito. Serie che van Doorn arricchisce con spazio-tempo, vuoto-pieno, ordine-caos, materia-spirito, soggetto-oggetto, l’io-l’altro, causa-effetto.

Tuttavia, egli pensa che si potrebbe anche trattare della presenza di una bellezza tale che, per poter essere pienamente colta, richiede la partecipazione di tutte le nostre forze. Sembra così che la bellezza sia, a volte, un elemento fondamentale per accedere all’esperienza del sublime.

 

In quale luce la tenebra non può esistere?

Esiste un pericolo nell’affermare che il sublime è condizionato dalla necessità esistenziale di sperimentare gli opposti.

Una moderna tendenza di pensiero della psicologia delle relazioni asserisce che, in virtù delle dinamiche di vita, l’amore necessiti dell’odio come la disperazione della speranza. La cosa più difficile in una relazione è quella di preservare l’amore dell’inizio. Poiché a volte occorre che sia molto buio per ricordare che esiste la luce.

Pitagora testimonia tuttavia di una luce nella quale non può esistere alcuna oscurità. Nessuno che provi una qualche forma di amore desidera l’odio e per un tale amore la speranza è una fase precedente che non dipende da una qualche disperazione. Che amore sarebbe allora quello relativo al sublime?

Quale splendore luminoso, quale calore accompagnano il sublime? Sarebbe lo splendore del fuoco dell’elevazione? Si dice che sia l’Amore impersonale ed infinito ad essere unito a ciò che vi è di nobile nel sublime.

Per trovarsi nello stato di continuità dell’essere, colui che realmente è risvegliato, che è ammesso nell’unità del tutto con una coscienza definitivamente trasformata, non ha bisogno di attriti. È ciò che si verifica quando siamo integrati nella realtà di unità-libertà-amore, in una corrente interiore che non richiede più di essere interrotta. Conservare un tale stato d’amore superiore e sublime non è più un processo che dipende dalle opposizioni. L’amore sublime è l’amore dell’anima immortale, un uccello di fuoco sublime...

 

Il fuoco cosmico interiore

Jan van Ruysbroeck spiega che l’anima sperimenta un calore incredibilmente intenso nel momento in cui si avvicina alle profondità del “senza fondo”. È tale stato che egli qualifica come “sublime”. Il fuoco interiore è da quel momento divenuto fuoco cosmico, un fuoco che unisce il microcosmo al cosmo, un fuoco moderato e inestinguibile. È il fuoco del rinnovamento del divenire nella continuità dell’essere.

La luce di questo fuoco non muta. Questo amore non ha alcun bisogno della presenza dell’odio. Le fiamme dell’odio non hanno alcuna presa sull’Amore, poiché non si trovano sullo stesso livello; l’Amore è di una qualità differente; l’odio e il male non possono mai far parte del sublime, non potendo accedere al suo livello. L’odio e il male possono attecchire nelle nostre profondità, ma non hanno alcuna loro radice nel fondo senza fondo, nell’Ungrund.

 

Articolo tratto dalle pubblicazioni di: Edizioni Lectorium Rosicrucianum

Scuola Internazionale della Rosacroce d'Oro

https://www.lectoriumrosicrucianum.it/

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Articolo pubblicato il 27/05/2019