La pietra dei saggi, trattato sull'alchimia interiore – il grande lavoro (terza parte)
Abraham Lambsprinck – Il grande lavoro, dal trattato La Pietra Dei Saggi, 1625

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Gli alchimisti iniziarono a illustrare i loro trattati alla fine del Medioevo, e in modo più sistematico nel Rinascimento. Nel XVI e XVII secolo, troviamo sugli scaffali delle librerie alchemiche autentiche perle, tra le quali il Trattato del filosofo tedesco Abraham Lambsprinck, un’opera del diciassettesimo secolo sull’Alchimia interiore.

Il corpo è ora una foresta sulla terra, è l’elemento terra. Il cervo, consacrato alla dea Diana – la luna – è l’anima, il mercurio volatile, l’immersione nella presa di coscienza, i ricordi, ecc. Le corna del cervo rivolte verso l’alto simboleggiano l’apertura e l’orientamento verso l’esteriore dell’attenzione e del divenire cosciente. Se non v’è nulla di solido, tutte le prese di coscienza scompaiono come un’ebbrezza invasiva subito dimenticata. Un nucleo solido di attenzione, di concentrazione tenace, è necessario; attorno al quale la comprensione e l’intelligenza si organizzano e possono concentrarsi.

L’effetto di essere liberato della prima materia prosegue ulteriormente nella vita emotiva. Si prosegue con i due leoni in una foresta. Il leone maschio è il Leone Rosso, lo zolfo; la leonessa è il Leone Verde, il mercurio. Il leone è il simbolo della vigilanza, il guardiano della porta, ma come re degli animali è anche l’onestà che tutto vede. A questo livello, la vita dei sentimenti è spogliata di tutte le false emozioni che essa ha ereditato dalle influenze del mondo circostante.

Tutta la vita dei sentimenti, con le sue emozioni, è dissolta e come morta.

Ciò che è reale rigenererà e germoglierà di nuovo. La vecchia vita sentimentale, che era un vaso pieno di emozioni contrastanti, è ormai divenuta un’“anima”, uno spazio silenzioso dove si può veramente “sentire”.

Le emozioni bloccano tutto; un sentimento reale nasce ed è una fonte di percezione di qualità, di conoscenza e di delicate sfumature.

Il cane e il lupo rappresentano i nuclei dell’istinto e della volontà. Il cane era una volta un lupo. Ma nel corso del tempo è stato addomesticato e si è adattato all’uomo, al suo mondo di vivere e alla sua cultura. È il guardiano dei beni del suo padrone. È apprezzato per la sua fedeltà, ma è disprezzato per il suo servilismo. Il lupo, invece, è la natura istintiva dell’uomo che non risparmia nulla, mangia tutto, anche la terra se ha fame.

A volte un uomo deve fare delle scelte difficili, soprattutto quando si scontrano con i valori e le opinioni di chi lo circonda. Per scegliere in favore della sua natura originale, un coraggio incosciente è a volte necessario. Il lupo, che viene dall’Oriente dove sorge il sole, è lo zolfo; il cane è il mercurio, consacrato alla luna.

Il lupo, nella tradizione degli sciamani della Siberia, è il custode della razza umana ed è stato addomesticato volontariamente al fine di adempiere questo compito.

Le tre scene di animali nella foresta rappresentano l’elemento terra. La foresta è il corpo, con all’interiore lo spirito e l’anima. Gli animali formano insieme la purificazione della prima materia agendo su tre “centri”, tre modi in cui il mercurio si manifesta: nel pensiero (il cervo e l’unicorno), nel sentimento (il leone rosso e verde), nella volontà (il cane e il lupo).

I tre centri formano insieme un mercurio autonomo: un uomo che ha costruito uno spazio interiore, che ha edificato uno spazio di lavoro interiore o un tempio in se stesso, che può agire in modo autonomo, indipendente dalle influenze del mondo che lo circonda. In questo luogo di vita interiore è possibile rompere i sigilli che sono stati applicati all’anima dagli arconti.

L’Ouroboros indica che un ciclo è terminato. Un processo che ovviamente dev’essere ripetuto molte volte, ma sempre in modo diverso. Nello gnosticismo l’Ouroboros era il serpente del mondo, il "Leviatano", che racchiudeva il mondo materiale, cioè le sfere dei sette pianeti conosciuti del sistema solare. Insieme, questi formano il mondo della materia. Oltre c’è il cerchio dei dodici segni dello zodiaco, in cui si trova il paradiso terrestre del Genesi, con l'albero della vita al suo interno.

Secondo alcuni miti gnostici l’uomo è stato plasmato dagli Arconti dei sette pianeti. Essi hanno creato un umano, una sorta di golem, con argilla e polvere. Questi reggenti del mondo materiale non potevano, tuttavia, creare la vita. Perciò dovevano sedurre con astuzia il “vero creatore”, l’Agathodaimon, affinché una vita gloriosa potesse discendere ai golem creati da loro. Così, l'uomo si svegliò alla vita, dominato tuttavia dalle peculiarità assegnate a lui dagli arconti.

È compito dell'adepto imparare a distinguere la differenza tra la gloriosa vita reale e le catene che lo tengono prigioniero degli arconti. Questi pensieri provengono dai rituali dei morti dell’antico Egitto, in cui l'anima del defunto abbandonava le sfere terrene attraversando le sfere degli arconti di guardia alle porte che conducono al “cielo” (l’Ogdoade). Di ogni porta, un arconte era il responsabile. Bisognava conoscere il nome del guardiano della porta, ciò che egli rappresentava e prendere le distanze dalle proprietà negative di quella sfera, rompendo così il sigillo.

L’Ouroboros rappresenta il confine tra il mondo di soggezione alla materia, e il mondo superiore, il cerchio dello zodiaco e il luogo del Paradiso.

Nella prima rappresentazione dell’elemento aria c’è un albero con un nido. È l’albero dei filosofi, la versione alchemica dell’albero della vita del paradiso. Nel nido ci sono due uccelli: uno può volare ed elevarsi per cercare ispirazione nei mondi superiori, l’altro è ancora nel nido con le ali contratte. Egli si assicura che il primo ritorni di nuovo nel nido. L’uccello volante è il Mercurio, quello che non vola è lo Zolfo. Insieme producono “l’uovo filosofico”, da cui è nato il “Filius Philosophorum” il giovane Ermes, il nuovo uomo interiore.

L’elemento aria apre una sfera sottile e intelligente nella regione mentale. Questa sfera deve essere aperta ed esplorata prima che possa funzionare. Per entrare all’interno di questa sfera si deve in pratica abbandonare il proprio corpo, allo stesso modo che si lasciano le scarpe fuori della porta prima di entrare in un luogo sacro. Per la mente così purificata e per la coscienza chiara, ciò che si svolge in questo luogo è molto tangibile e intenso.

Le cose che possono essere definite astratte nel mondo ordinario sono qui molto concrete, dirette e sperimentate. È una sfera di comprensione senza parole. Qui è appreso il linguaggio degli uccelli. La lumaca sotto l’albero simboleggia la nuova relazione: il livello materiale è come una lumaca che striscia lentamente sul terreno.

Si prosegue con due uccelli che si affrontano: l’uccello rosso è posto al di sopra del bianco. Qui si completa il lavoro sulla pietra bianca e inizia il grande lavoro della pietra rossa. Nel testo questi uccelli si mutano prima in due colombe bianche e poi in Fenice.

Le due colombe bianche simboleggiano la purezza, la spiritualità, la leggerezza e il candore. Le colombe non hanno la cistifellea e quindi non hanno la malinconia che lega l’anima alla terra. Le colombe sono per eccellenza gli abitanti simbolici dell’elemento aria.

La Fenice attua il collegamento e la transizione tra l’aria e il fuoco. Secondo Lattanzio, la Fenice abita uno spazio senza malattia o morte o altre alterazioni. Questo luogo è sempre verde e l’acqua della vita scorre in abbondanza. Dopo mille anni, la Fenice intuisce che è giunto il tempo di morire per rinnovarsi. Lascia il Paradiso e vola verso la terra, in un paese il cui nome si riferisce a lei: La Fenice, situata nell’odierna Siria.

Qui giunta, fa il suo nido nella palma più alta utilizzando solo erbe aromatiche, poi si adagia nel nido per morire. Questo processo è così intenso che lei si infiamma in una combustione spontanea e brucia completamente. Rimane solamente una specie di verme bianco, un bruco che dopo tre giorni diventa una nuova Fenice. Questa prende il volo verso il Paradiso, per i mille anni a venire. La Fenice si muove nell’elemento aria, ma sviluppa l’intensità dell’elemento successivo: il fuoco.

La realizzazione di questa parte del lavoro è simboleggiata dal Re, il “Signore delle Foreste”, che ha preso possesso del suo trono. I suoi piedi poggiano sul drago, un pesce è il suo bracciolo, la scala che conduce al suo trono di forma cubica comprende sette scalini che rappresentano i metalli. Il processo è passato dalla fase nera a quella bianca, attraverso i sette colori della coda del pavone, la “Cauda Pavonis”.

Queste fasi sono ultimate, la “Piccola Opera” è compiuta, la pietra cubica bianca è formata. Ciò che poi segue è la “Grande Opera” sulla “Pietra Rossa”. La piccola opera è il lavoro di un individuo su se stesso, il microcosmo. La Grande Opera sulla Pietra Rossa è lavorare in un contesto più ampio con il macrocosmo, o il “cosmo superiore”.

 

Articolo tratto dalle pubblicazioni di: Edizioni Lectorium Rosicrucianum

Scuola Internazionale della Rosacroce d'Oro

https://www.lectoriumrosicrucianum.it/

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Articolo pubblicato il 29/08/2019