Avvenne il 7 ottobre 1571, la battaglia di Lepanto

Per non dimenticare i gesti eroici del passato

Malgrado siano passati quasi cinque secoli, è sempre doveroso ricordare la battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571, uno storico scontro in cui la flotta dell’impero ottomano subì una clamorosa sconfitta a opera della Lega Santa, e dove anche i piemontesi parteciparono con alcune navi comandate dall’ammiraglio Andrea Provana.

Fu una delle più importanti battaglie tra occidente e oriente, tra l’Europa cristiana e l’impero Ottomano musulmano, che ancora una volta cercava di conquistare l’Europa.

Fortunatamente, durante la Guerra di Cipro, i diversi regni europei si erano uniti nella così detta “Lega Santa” per fronteggiare l’invasione mussulmana.

Venezia, l’Impero spagnolo, lo Stato Pontificio, la Repubblica di Genova, i Ducati di Savoia, Ferrara e Mantova, il Granducato di Toscana si erano riuniti a Messina nel Luglio del 1571 agli ordini di Don Giovanni d’Austria, a cui fu consegnato il comando e lo stendardo benedetto dal Papa, nonché una flotta che contava su 209 galee e 6 galeazze. 

Il casus belli fu il voler soccorrere la città veneziana di Famagosta, nell’isola di Cipro, assediata dai turchi.

Cipro era una città veneziana dal 1480 ma nonostante questo la Serenissima pagava un tributo annuo ai turchi.

Sebbene ciò, le motivazioni della battaglia furono molto più grandi e profonde che la difesa di una piccola isola.

Difatti, nonostante gli scambi commerciali frequenti tra Occidente e Oriente, quello che preoccupava i governanti europei era il continuo espansionismo ottomano che puntava all’Europa.

Fu su questo punto che Pio V fece leva per organizzare la “Lega Santa” promuovendo nuovamente lo spirito crociato e la difesa dei confini e dei territori europei, nonché della cristianità.

Il 4 ottobre, con questo spirito di guerra della civiltà europea contro l’invasore mussulmano, la flotta europea sbarcò a Cefalonia.

Nel frattempo, Famagosta si era arresa al comandante turco Lala Mustafà il 1° Agosto, accettando la proposta ottomana di far evacuare i veneziani a Candia in cambio delle chiavi della città.

Ma in seguito a scontri verbali tra Lala Mustafà e Marcantonio Bragadin (senatore veneziano comandante di Famagosta) l’accordo tra la città e i turchi si ruppe e molti comandanti veneziani vennero torturati e uccisi. Lo stesso Bragadin fu scorticato vivo, e la sua pelle fu innalzata sulla galea del Pascià che la condusse a Costantinopoli.

Il 6 ottobre, dopo aver appreso la notizia, le navi cristiane sfidarono il maltempo e arrivarono al porto di Patrasso per intercettare la flotta turca.

Il giorno dopo, il 7 ottobre 1571, Don Giovanni d’Austria schierò le proprie navi per dare battaglia in formazione serrata. Solo 150 metri dividevano le navi. Ai suoi ordini circa 36mila uomini tutti armati di archibugio. Oltre a questi vi erano 30mila galeotti utilizzati come rematori ma anche essi armati di spade e corazze.

La flotta turca invece era reduce da una campagna navale estiva e contava circa 170 galee e una ventina di galeotte.

Tra i turchi si ricorda Mehmet Shoraq, detto Scirocco, mentre il comandante Alì Pascià guidava la flotta dal centro con la sua Sultana su cui sventolava il vessillo verde con scritto il nome di Allah.

La tattica di Don Giovanni fu quella di lanciare come esche le 6 galeazze, grandi come “castelli in mare da non essere da umana forza vinti” per usare le parole di Alì. 

Con il vento a favore i turchi iniziarono l’arrembaggio ma improvvisamente, leggenda vuole, che alle ore 12 il vento cambiò sgonfiando le vele ottomane mentre quelle europee presero vigore spingendo le navi della Lega all’assalto.

Seguirono una serie di scontri che coinvolsero alcuni eroi come il veneziano Barbarigo che si dice abbia alzato la celata dell’elmo per guidare al meglio i propri soldati e che fu ferito ad un occhio da una freccia nemica.

Ma anche Miguel de Cervantes (l’autore del Don Chisciotte), che si imbarcò insieme con il fratello Rodrigo.

Nella battaglia, Cervantes, nonostante la febbre, combatté con valore, ma ricevette tre colpi di archibugio, due al petto, il terzo alla mano sinistra, di cui perse l’uso.

Lo stesso Don Giovanni fu ferito ad una gamba ma riuscì a non cedere grazie all’aiuto del Marchese di Santa Cruz e Marcantonio Colonna.

Fu quindi assaltata l’ammiraglia del capo ottomano Alì Pascià che cadde combattendo. 

La sua testa fu esposta vittoriosamente dagli spagnoli contro il volere di Don Giovanni.

Morto il comandante le navi turche batterono in ritirata, mentre le navi cristiane furono mandate in tutte le capitali della Lega ad annunciare la grande vittoria.

L’intera Cristianità esultò di gioia alla notizia della vittoria, che pur non portando vantaggi in termini di conquiste territoriali, salvò nuovamente l’Europa dalla minaccia della dominazione musulmana.

Inoltre, fu la dimostrazione che l’Europa unita poteva difendere i propri confini. Come bisognerebbe fare ai giorni nostri. Per questo è importante ricordare la storia.

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Articolo pubblicato il 07/10/2019