SARS-CoV-2 e diffusione per via intestinale

Le fognature possono portare il virus? - Osservazioni di un ricercatore

Il Coronavirus (Sars–CoV-2) in questi mesi ha provocato uno sconvolgimento globale nel comparto sanitario, nell’economia, nel comportamento sociale e individuale.

Come succede in tutti gli eventi eccezionali, di cui non abbiamo ancora una conoscenza definitiva, è evidente che in tantissimi cittadini insorgano legittimi sospetti, paure e molte domande per sollecitare ulteriori chiarimenti in merito a questa complessa problematica.

In realtà ci troviamo in una situazione in cui le continue nuove conoscenze del virus, dovute alla comparsa di una complessa sintomatologia extra polmonare, fanno sorgere nuovi interrogativi a cui non sempre è ancora possibile dare una risposta scientifica esaustiva.

Nella fattispecie sorge il problema se il Coronavirus (Sars-Cov-2) possa coinvolgere anche altri organi tra cui l’intestino umano e la sua funzionalità.

Conseguentemente, preso atto che questo evento patologico è stato dimostrato, diventa ineludibile il problema dell’eventuale pericolosità dello smaltimento, attraverso la rete fognaria, dei rifiuti organici contaminati dal coronavirus stesso.

Tuttavia le opinioni in merito sono ancora contradditorie, confermando la complessità del problema, sia dal punto di vista della sicurezza medico-sanitaria, che della eventuale gestione tecnica della sanificazione e bonifica.

Al riguardo ci giungono opportune le considerazioni di Antonio Ponzetto, Professore di Gastroenterologia - Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino, che riporto integralmente.

Buona lettura.

 

SARS-CoV-2 e diffusione per via intestinale - Le fognature possono portare il virus?

Cozze, vongole e telline, un piatto da Re. Ma ben cotte! In Italia lo sanno tutti che i frutti di mare crudi sono un pericolo per le possibili infezioni.

Queste vanno dall’epatite A (l’epatite che si contrae per via alimentare), al colera, di cui ancora si ricorda l’epidemia del 1973 a Napoli, in Campania e a Bari (con una mortalità fra il 5 e 25% dei pazienti), e che portò alla vaccinazione di un milione di persone in soli 7 giorni (1).

Altre infezioni frequenti in passato erano il tifo ed il paratifo dovuti alle Salmonelle.  Tra i virus è diffusissimo il Rotavirus, assai frequente causa di enteriti infantili, agente etiologico di moltissime diarree nei bambini fino ai 5 anni, che in Italia è responsabile di oltre il 60% di tutti i ricoveri al Pronto Soccorso pediatrico.

Tuttavia a questo virus ad RNA non diamo la necessaria importanza, infatti basta dare liquidi al bambino, ed in 3-7 giorni l’infezione passa “da sé”. Eppure a livello mondiale questo virus causa 200- 450 mila morti ogni anno, quasi esclusivamente dove non c’è disponibilità di acqua corrente e sapone (in particolare in Africa).

Il Rotavirus si trasmette facilmente per via oro-fecale, ed i bambini piccini si sa mettono in bocca tutto, e le loro mani non stanno lontane da nulla. Basterebbe poter lavare loro le mani ed il virus (per questa via) non si trasmetterebbe più.

E l’acqua che beviamo? In Cina ed in India si beve il the da millenni, perché l’acqua non bollita era fonte di infezioni, anche mortali. Una delle grandi conquiste della “civiltà” è il rifornimento costante di acqua pulita.

Gli antichi romani –per esempio- sono rimasti famosi per i colossali acquedotti e per le terme. L’acqua corrente pulita e le fognature sono una conquista fondamentale delle società moderne e uno dei requisiti indispensabili per la salute pubblica.

All’insorgere di questa nuova epidemia, ci si è subito domandati: anche questo coronavirus, il cui nome è SARS-CoV-2, che causa la malattia Covid-19, si può moltiplicare anche nell’intestino? Può essere eliminato con le feci, oltre che con la tosse, lo sternuto, lo sputo? Si può trovare nelle acque di scarico (le fognature e le acque reflue)?

La risposta è nì. O meglio: si sono rinvenuti frammenti di materiale genetico del virus, l’RNA; ma trovare frammenti di RNA non significa che ci sia il virus completo, e, se anche ci fosse, non significa che sia ancora infettivo. Questo è stato dimostrato per un gran numero di virus, per i quali si è studiata la “Dose Infettante” in laboratorio, cioè qual è il numero di particelle virali COMPLETE necessarie per infettare cellule suscettibili (in cui il virus riesce a penetrare) e permissive (nelle quali il virus riesce a moltiplicarsi).

Meglio ancora: qual è il numero di particelle virali in grado di infettare un modello animale suscettibile? La dose infettante va da pochissimi virus, a migliaia, a volte anche milioni, di particelle virali (per es nel caso dell’epatite B, quella detta da siero). In assenza di dimostrata infettività in vitro o in un modello animale non è possibile dire con certezza che un RNA osservato “è’ infettivo”, ma solo che esiste il rischio di infettività.

Bisogna infine considerare che oggi nella maggior parte dei paesi si provvede (o si dovrebbe provvedere) ad evitare che acque reflue e fognarie vengano a contatto con le acque potabili, le quali del resto sono trattate fra l’altro con molte sostanze che distruggono gli agenti infettivi. È pur vero però che troppo spesso si riscontra sversamento di acque fognarie direttamente in fiumi, laghi, o mari con possibile dispersione di agenti infettivi in queste acque, e conseguente accidentale ed involontaria ingestione da parte di umani o contaminazione di campi coltivati.

Non appena a Wuhan è stato identificato questo nuovo coronavirus SARS-CoV-2, i medici si sono subito domandati se si comportasse come il coronavirus SARS, che causò l’epidemia del 2002-2003: in quel caso dal 10 al 76%dei pazienti avevano sintomi gastrointestinali, cioè diarrea, nausea, vomito.

I primi lavori scientifici pubblicati sul Covid-19 hanno riportato che in alcuni casi i pazienti presentavano i sintomi suddetti, ma solo nel 2-10% dei casi. Le osservazioni si sono ampliate successivamente, ed ora è chiaro che il virus responsabile della malattia Covid è in grado di infettare anche l’apparato digerente, e causa sintomi gastroenterici in oltre la metà dei pazienti ricoverati in ospedale (2). 

Xiao ed i suoi colleghi hanno seguito durante il ricovero 73 pazienti con Covid-19, ed hanno osservato che nel 53,4% di loro si trovavano nelle feci tracce del materiale genetico del virus (2). Questo però non significa che questo materiale genetico sia infettivo.

Più completa è l’analisi del Dr. Lin, che pubblica anche la sintomatologia di 95 pazienti seguiti fino alla dimissione dall’ospedale. All’ingresso solo l’11,6% presentava sintomi gastrointestinali, ma durante il ricovero li sviluppò il 58%: diarrea (24%), nausea (11.9%) ed anche inappetenza (11,9%).

Furono eseguiti i test per la presenza di RNA virale sia sul tratto respiratorio (tampone nasale) sia nelle feci in 65 pazienti: risultarono reattivi al test sulle feci il 52.4% di quelli con i sintomi specifici, ma anche il 39% di quelli senza sintomi gastroenterici (3). Questo significa che sia in chi presenta sintomi –come la diarrea- sia in chi non li presenta, si può ritrovare il materiale genetico del virus nelle feci.

È importante ricordare a questo punto che l’osservazione dell’RNA virale non dimostra né che il virus sia completo, né che sia infettivo. Come detto prima, solo il test di infettività sulle cellule (o in animali suscettibili) è la prova che il materiale genetico è infettivo. Ed infatti Lin e colleghi hanno testato non solo se si trovavano frammenti di RNA del virus, ma hanno ricercato anche le proteine specifiche del SARS-CoV-2. Queste erano poco dimostrabili nell’esofago e molto nello stomaco, come nel retto dei pazienti.

L’osservazione delle proteine virali in grande quantità è un segno di replicazione del virus, mentre la presenza di RNA no; infatti potrebbe trattarsi di materiale genetico per così dire “di passaggio” che non si replica.

Il dubbio se le feci fossero o non fossero di per sé infettive era stato chiarito durante l’epidemia di SARS del 2002-2003.  Allora fu osservato che molti pazienti soffrivano di diarrea (fino al 76%), ma il materiale genetico trovato nelle feci non era infettivo, mentre lo era quello preso da biopsie dell’intestino (riportato da 4, nella referenza 53).

Analogamente, la malattia da coronavirus causata dal virus MERS osservata dal 2012 in Arabia Saudita (mortale nel 35% dei casi), si può presentare con dolore addominale, crampi e diarrea e con presenza di RNA virale nelle feci: queste però non trasmettono l’infezione (riportato da 4, referenza 55).

Invece le colture di cellule intestinali in laboratorio infettate con il virus MERS possono tramettere il virus ad un modello di topo che esprime il recettore umano per l’ingresso del virus medesimo.

Come già detto frammenti di virus SARS-CoV-2 si possono trovare nelle fognature (5). I quotidiani e molti commentatori hanno segnalato questa osservazione come se fosse indice di pericolo importante, ma questo non è certo.

Cosa hanno scritto davvero i ricercatori autori del lavoro? Hanno analizzato le fognature di sette città Olandesi e di un aeroporto usando la consueta tecnica che prevede la ricerca di 4 diversi frammenti di RNA virale mediante PCR.

Il 5 marzo 2020 nelle fogne di una singola città fu rinvenuto un solo frammento; questo stesso frammento fu rinvenuto nelle fogne di 6 città il 15 e 16 marzo, ed altri 2 frammenti differenti nelle acque fognarie di 5 città nelle stesse date. 

La conclusione tratta dai ricercatori fu: si può usare l’esame delle acque fognarie per monitorare la presenza dell’infezione nelle città (5). Non si sono azzardati a pronunciarsi sulla reale possibile infettività delle medesime acque fognarie.

Ma a noi, come cittadini, al di là della distinzione se ad essere infettivo sia l’RNA contenuto nelle feci o quello nelle cellule intestinali, interessa di più sapere: le acque fognarie possono essere causa di infezione?

Questo per il virus del Covid-19 non si sa ancora, ma, andando indietro nel tempo, gli studi sull’infezione da SARS del 2002 hanno dimostrato che ciò era accaduto (6).  E’ quindi giustificato il timore ed è auspicabile che siano osservate tutte le possibili cautele anche in questa direzione.

Referenze       

  1. De Lorenzo F, Manzillo G, M. Soscia M, Balestrieri GG. Epidemic of Cholera El Tor in Naples, 1973, Lancet, 1974, 303: 669, DOI:10.1016/S0140-6736(74)93214-0
  2. Xiao F, Tang M, Zheng X, Liu Y, Li X, Shan H. Evidence for gastrointestinal infection of SARS-CoV-2. Gastroenterology 2020  pii: S0016-5085(20)30282-1. doi: 10.1053/j.gastro.2020.02.055.  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/32142773                                                           39/73 stool positive 53%
  3. Lin L, Jiang X, Zhang Z, Huang S, Zhang Z, Fang Z, Gu Z, Gao L, Shi H, Mai L, et al. Gut. 2020 Apr 2; Gut 2020;0:1–5. doi:10.1136/gutjnl-2020-321013 https://gut.bmj.com/content/gutjnl/early/2020/04/02/gutjnl-2020-321013.full.pdf
  4. Ding S, Liang TJ, Is SARS-CoV-2 Also an Enteric Pathogen with Potential Fecal-Oral Transmission: A COVID-19 Virological and Clinical Review, Gastroenterology (2020), doi: https://doi.org/10.1053/j.gastro.2020.04.052
  5.  Medema G, Heijnen L, Elsinga G, Italiaander R. Presence of SARS-Coronavirus-2 in sewage. https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.29.20045880v1
  6. Peiris JSM, Chu C M, Cheng VCC, Chan KS, Hung FN, Poon LLM, et al.  Clinical progression and viral load in a community outbreak of coronavirus-associated SARS pneumonia: A prospective study. Lancet 2003; 361, 1767–1772

 

Antonio Ponzetto, Professore di Gastroenterologia

Dipartimento di Scienze Mediche - Università di Torino

 

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Articolo pubblicato il 14/05/2020