Abbiamo bisogno di futuro

pubblichiamo alcune riflessioni di Armeno Nardini legate all'attualità di questo grave momento storico.

Sovente abbiamo paura del diverso, dell'altro, di colui che non ci assomiglia. In realtà stiamo vivendo un conflitto di tipo filosofico ed esistenziale che contrappone la paura all'amore, La prima cerca di dividere e di farci confrontare sulle differenze, l'amore unisce e valorizza i punti di contatto.

L'esperienza del confronto ideologico, tecnico ed etico diventa fonte di importante arricchimento, tuttavia molte persone sono ancora lontane dall'accettare questa affermazione e si lasciano vincere esclusivamente dalle proprie paure.

Armeno Nardini affronta l'ampio spettro delle problematiche/opportunità, applicabili alle più comuni situazioni che affrontiamo quotidianamente, esprimendo un prezioso parere ricco di spunti per futuri doverosi approfondimenti.

 

ABBIAMO BISOGNO DI FUTURO

di Armeno Nardini

 

Spossati, ma non vinti da questa pandemia, che ha già visto tanti nostri morti sul campo, non ci chiediamo se ce la faremo, perché di questo siamo sicuri; ma, bombardati da metodi diversi di cure mediche con pochissimi risultati positivi, anche se è sempre un gran successo salvare una vita umana, e storditi dalla girandola dei termini di approntamento d’un vaccino risolutore, ci chiediamo con affanno: se non ora, quando?

 

Ecco, ciò che più ci angoscia è la mancanza di sicurezze sul nostro avvenire, tremendamente incerto, per tutti, in termini di vita senza contagi e, per troppi, anche per il progressivo esaurimento dei mezzi di proprio sostentamento: il lungo lock down ha bloccato soprattutto le attività commerciali più minute e questo, infatti, ha chiuso i rubinetti delle liquidità. “Senza soldi - diceva mia nonna Natalina – non si cantano Messe”; e sono state chiuse anche le Chiese! Ma possiamo prevederlo il nostro futuro studiando il passato, come diceva Confucio?

 

Ebbene, in un passato remoto da tener sempre presente, i valori del nostro futuro videro la luce sulle sponde del Tevere, dove il vento della civiltà depositò i pollini dell’Ellade, che diffusero ben presto sul suolo italico quei comuni sentimenti di identità, e quindi di unità, che stigmatizzano una Nazione, come scrisse Ernest Renan, il quale aggiunse che non basta alla Nazione un passato comune, perché occorre anche un futuro comune.

 

Sta a noi, dunque, consapevoli del comune passato, plasmare oggi e perseguire domani il nostro futuro comune, che sembra compromesso dai particolarismi politici decisionali di certi amministratori pubblici, che pare gestiscano a senso unico il potere delle autonomie locali.   

                                                           

Gli Italiani non sono un popolo omogeneo, perché non sono omogenee le condizioni climatiche del nostro Paese, né quelle orografiche e idrografiche, le quali molto condizionano il modo di vivere della gente. Inoltre, le popolazioni transalpine, che scesero lungo lo stivale, lasciarono al nord tracce di civiltà diverse da quelle lasciate al sud dalle popolazioni che lo risalirono, provenendo dal bacino mediterraneo.  

 

Così, i dialetti degli Italiani, i loro simboli, le loro usanze, le loro abitudini, sono tipiche dei luoghi; il loro modi di vestire, di mangiare, di gestire, di ammiccare, di agire, ed anche di pensare, sono diversi da zona a zona.  E diversi sono anche, lungo la linea degli Appennini, i modi degli Italiani di relazionarsi tra loro e con gli altri. Ma gli Italiani, che ai tempi di Roma civilizzarono invadendo e che in seguito civilizzarono i propri invasori, han sempre saputo quanto impoverisce il danaro che si dà senza ritorno mentre lo scambio di valori civili aumenta la ricchezza di chi riceve senza depauperare quella di chi dà.

 

Per questo, nel reciproco baratto delle diversità tra il nord ed il sud, che altrove poteva essere disgregante, gli Italiani hanno trovato un grande valore aggregante ed hanno mostrato al mondo che l’unione delle diversità è compatibile con le diversità nella unità. Gli Italiani furono, in questo, antesignani della globalizzazione, che ha il difetto di mettere continuamente in discussione le peculiarità di ciascuno, ma consegue il pregio di un progressivo smussamento degli angoli di tutti.

La logica del passato giustifica quindi le peculiarità dei “polentoni” e quelle dei “terroni” ed induce a dover riconoscere che sono solo Italiani “diversi”, che le loro diversità sono compatibili con l’unità, che hanno i tratti identitari di una sola Nazione.

 

Orbene, le autonomie amministrative enfatizzate dalle problematiche regionali e municipali di gestione della emergenza pandemica, che ha colpito zone diverse con virulenza diversa, hanno dato l’impressione di anarchie decisionali lesive del senso dello Stato, ma non per questo siamo meno Nazione; infatti, conviviamo da sempre con i nostri difetti di sempre, che spaziano dalla evasione fiscale alla sfrenatezza sessuale.

 

I furbetti del quartierino ci sono sempre stati in questo Paese in cui chi paga le tasse è un fesso, come osservò Giuseppe Prezzolini; in cui abbiamo nobilitato ad escort le prostitute, che erano veramente nobili un tempo, come la Contessa di Castiglione, gettata tra le braccia di Napoleone III da Cavour, i cui appetiti erano insaziabili a tavola come a letto.

 

I vizi non sono mai virtù, ma se son diffusi tra la gente e permangono nel tempo, sono i segni distintivi del carattere di quella gente.  Per questo oggi non siamo meno Nazione di un tempo, perché residuano evidenti in ogni Regione, in ogni Comune, i segni distintivi del carattere del popolo italiano, pur se intorno è mutato il contesto sociopolitico, che legittima qualche cambiamento in quello Stato che un tempo legittimò la nostra Nazione.

 

Per questo abbiamo bisogno di una Italia coesa, che metta da parte le beghe di cortile dalle stridenti stonature  per un discorso corale che esalti l’intensità delle voci concordanti; abbiamo bisogno  di una Europa unita, che dia aiuto agli Stati debilitati, per ridare forza alla propria catena, compromessa dai suoi anelli più deboli; abbiamo bisogno d’un Mondo coordinato nella ricerca scientifica, che proceda veloce nell’approntamento  di cure e vaccini efficaci, cui non giovano affatto le pietre d’inciampo di certe dannose reticenze di alcuni, che minano le agognate attese di tutti. Abbiamo bisogno di questo futuro. Si vales, valeo. 

 

Torino, 25.5.2020 – armeno.nardini@bno.eu

 

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Articolo pubblicato il 27/05/2020