Regione Piemonte. Il reddito di cittadinanza è un fallimento annunciato

In un anno in Piemonte stipulati soltanto 1936 contratti a tempo indeterminato, su una platea potenziale di oltre 60mila persone.

Archiviato referendum ed elezioni regionali, il presidente del Consiglio, cercando di raddrizzare la barca governativa, ha avanzato caute riserve sul funzionamento del reddito di cittadinanza. Recenti fatti di cronaca nera e di malavita organizzata, hanno evidenziato che i più turpi figuri, tutt’altro che in miseria, beneficiano a piene mani del reddito di cittadinanza.

I grillini, seppur moribondi e collerosi, si sono levati uniti contro Conte, per impedirgli di modificare  un provvedimento iniquo, di cui già si sapeva che avrebbe solamente alimentato l’assistenzialismo senza controlli. In Italia e lo affermiamo in un regione che sotto il profilo occupazionale è ancora privilegiata nei confronti di aree depresse del Sud, gli enti pubblici preposti al collocamento sono concettualmente inadeguati ad agire, rispetto alle attuali dinamiche del lavoro. In poche parole non sono in grado di interloquire con le aziende. Sono gestite da burocrati supponenti e crapuloni.

Ciò a scapito di chi cerca lavoro. Se ai burocrati vengono affiancati, come ha previsto l’insana legge patrocinata da Di Maio, giovani disoccupati con il ruolo di Tutor, ma che  non sono in grado di conoscere le dinamiche aziendali, è purea illusione che l’occupazione possa aumentare. Lo Stato con questa trovata regala altri stipendi a persone che, non sanno come muoversi, imbottigliati dalla legislazione obsoleta.

Per quanto concerne il Piemonte, se ne fa interprete l’assessore al Lavoro della Regione Piemonte Elena Chiorino che così sintetizza la questione,” Questa è la prova del flop del puro assistenzialismo al quale vanno invece contrapposte politiche attive, efficaci ed in grado di far incrociare davvero la curva della domanda e quella dell’offerta, creando occupazione”.

I numeri sono impietosi e descrivono ciò che l’assessore regionale al Lavoro sostiene dal primo giorno: il reddito di cittadinanza rappresenta una misura di stampo assistenzialista che, a fronte di un impegno economico imponente, produce risultati che definire modesti è un eufemismo.

E se ciò non bastasse, come hanno recentemente sostenuto anche soggetti qualificati, potrebbe favorire anche il lavoro in nero. Esisterebbe quindi una percentuale di «bisognosi» che avrebbero colto la palla al balzo percependo il reddito e «arrotondando» con lavori i cui proventi non vengono poi dichiarati al fisco. Oltre al danno (per lo Stato) ecco la beffa.

Ma  veniamo ai numeri del Piemonte, che valgono più di tante parole: in un anno circa, con aggiornamento a fine agosto 2020, su una platea di 61.972 «notificati MLPS», ovvero beneficiari facenti parte degli elenchi che Anpal ha notificato alle Regioni in qualità di soggetti trattabili dai Centri per l'impiego, soltanto 8009 hanno attivato un contratto di cui 1936 a tempo indeterminato, che è poi l’obiettivo ultimo del progetto.

E anche se va detto che gli esclusi e gli esonerati sono risultati essere 15,621 (il che restringe la platea), i Centri per l’impiego, gestiti da Agenzia Piemonte Lavoro e recentemente rafforzati con un progetto di nuove assunzioni, sono stati in grado di convocare per il primo appuntamento 49.637 persone, 26.720 delle quali hanno sottoscritto il cosiddetto «PdS» ovvero l’impegno nella ricerca del lavoro.

Di questi 12,463 sono stati convocati per il secondo colloquio. Altri verranno convocati prossimamente anche grazie al suddetto rafforzamento dei Centri: 48 nuovi assunti hanno preso servizio a inizio mese, ma il progetto, fortemente voluto dall’assessore regionale al Lavoro e dal direttore di Apl, Federica Deyme, prevede, in due anni, l’assunzione totale di circa 400 persone per ridare forza a enti che, nell’intenzione della Regione, devono recuperare davvero centralità ed efficacia, diventando davvero un punto di riferimento per i cittadini che cercano occupazione.

L’assessore regionale al Lavoro, pur lodando l’impegno di Apl e dei Centri per l’impiego per far fronte al Reddito di Cittadinanza, ha confermato il suo giudizio negativo sul provvedimento del governo, evidenziando come gli stessi numeri dimostrino il fallimento annunciato. Per l’esponente della giunta regionale le politiche puramente assistenzialiste, non solo non sono utili, ma si rivelano addirittura dannose.

Per l’assessore regionale al Lavoro occorre invece puntare sulle politiche attive - in particolare sull’orientamento e sulla formazione, come la Regione sta facendo da più di un anno - con misure che favoriscano davvero l’occupazione. Riuscirà o vorrà il Presidente del Consiglio porre fine a quest’ignominia?

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 30/09/2020