Dante e l’Islam - seconda parte

Un breve confronto tra le dimensioni infernali descritte nella Divina Commedia e nel Viaggio notturno di Maometto

Nell’articolo precedente abbiamo proposto alcune impostazioni letterarie che potrebbero suggerire l'idea che Dante abbia potuto ispirarsi ad alcune fonti islamiche, per comporre la Divina Commedia.

Entreremo ora maggiormente nel dettaglio per verificarne la autenticità.

Come sappiamo la Commedia di Dante inizia con un primo Canto con funzione di Prologo, prosegue con 33 Canti dedicati all’Inferno, 33 al Purgatorio e 33 al Paradiso.

L’Inferno è rappresentato come un cono rovesciato con l’ingresso situato vicino a Gerusalemme, e giunge fino al centro della Terra.

L’inferno è, a sua volta, composto da una Anti-Inferno e da 9 cerchi concentrici, sempre di diametro inferiore, che terminano nel lago Cocito ove si trova l’Angelo del male: Lucifero.

Nei primi versi del poema l’autore è descritto come smarrito e trasognato… pien di sonno:

 

    Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,  10
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.

(Inferno, I Canto)

 

Successivamente il Poeta incontra tre belve: una lonza, un leone e una lupa, che concordemente la critica associa a tre peccati capitali, Lussuria, Superbia e Avidità.

 

 

  Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,   31
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;

e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ’mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.

Temp’era dal principio del mattino,
e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino

mosse di prima quelle cose belle;
sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle

l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m'apparve d'un leone.

Questi parea che contra me venisse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse.

Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,

questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.

(Inferno, I Canto)

 

Ricapitolando: Dante si trova semiaddormentato nei pressi di Gerusalemme, inizia un viaggio misterioso, all'inizio del quale incontra tre belve che gli ostacolano il passaggio.

 

Nel testo islamico, il Profeta Maometto viene svegliato presso la Mecca dall’Angelo Gabriele e condotto nei pressi del Tempio di Salomone a Gerusalemme. Durante il viaggio incontra due uomini e una donna che cercano di fermarlo per parlargli di un messaggio dedicato a lui e la sua Comunità. Si tratta di un Apostolo del Cristianesimo, un Apostolo dell’Ebraismo, mentre la donna rappresenta la Vita terrena.

 

Maometto non si ferma e prosegue senza farsi influenzare.

Dopo una breve purificazione del cuore, Maometto, viene trasportato a cavallo di Baruck, un puledro dalla testa di donna, in una sorta di viaggio verticale, diretto verso il Trono di Dio.

Leggiamo dal testo:

 

…“Poi Gabriele, la pace sia su di lui, mi condusse alla Roccia ed ecco la Scala calata verso la Roccia giù dalle nuvole del cielo. Mai vidi cosa più bella della Scala! Un gradino è d’oro, un gradino d’argento, un gradino di berillo, un gradino di giacinto rosso. Gabriele mi strinse a sé proteggendomi con l’ala, poi mi baciò tra gli occhi e disse: «Sali, Muhammad»”…

 

Dopodiché Maometto, preceduto dall’Angelo Gabriele ascende verso Dio, incontrando i Profeti che gli aprono, via via, le porte dei vari Cieli. Giunto al quinto Cielo, il Cielo lucente controllato dal Profeta Abramo, Maometto prosegue il suo racconto:

 

…“Vidi una porta sulla quale, in due fasce calligrafiche, rilucevano e scintillavano le parole: Non c’è dio al di fuori di Dio, Muhammad è l’inviato di Dio, siano su di lui la preghiera e la pace. Non appena le ebbi lette il chiavistello cadde, la porta si spalancò e il mio sguardo corse dal quinto cielo fino ai confini della settima terra inferiore…

…C’era una Geenna oscura, intrisa dell’ira di Dio, il fumo saliva. Ed ecco un angelo immenso, spaventoso a vedersi, l’aria incollerita e molto infelice e l’aspetto ribelle. Aveva tra gli occhi una protuberanza tale che se mai si affacciasse con quella sulla terra, tutti perirebbero, fino all’ultimo, e i mari sprofonderebbero, e si frantumerebbero i monti…

 

…Io Maometto chiesi:

«Fratello mio, Gabriele, chi è quest’angelo che mi fa accapponare la pelle e mi raggela il cuore?» Rispose: «Amato di Dio, quello è Malik, il guardiano dell’inferno, che Dio ha creato colmo di collera e di furore. Fin da quando Dio lo creò e lo pose a guardia della Geenna, l’odio che egli nutre per i suoi nemici non fa che aumentare. Lui e Azraele, l’angelo della morte, non sorridono mai.

 

Secondo il Libro della Scala l’Inferno viene scorto da Maometto quando raggiunge il quinto Cielo. L’Angelo Malik socchiude la porta e gli permette di vedere in basso, probabilmente sotto terra, il Regno infernale.

 

Tuttavia l’ubicazione dell’Inferno è oggetto di divergenza tra le fonti: alcuni testi, lo situano nel primo cielo mentre altri, lo individuano nel mondo terrestre, sotto la crosta.

Nel Corano, manca una collocazione precisa dell’Inferno, ma le Tradizioni concordano nel localizzarlo al di sotto della crosta terrestre, con un’apertura sita nei pressi di Gerusalemme, presso o al di là del muro orientale del Tempio di Re Salomone.

Sempre nel Corano troveremo che l’Inferno “Ha sette porte e a ogni porta starà un gruppo separato di essi…” (Corano XV, 44).

 

Maometto chiede a Malik di mostrargli qualche scena infernale:

 

Vidi laggiù settantamila mari di liquidi infetti, il cibo dei peccatori, e settantamila mari di bevanda fetida, e settantamila mari di catrame, e settantamila mari di piombo fuso. Sulle coste di ogni mare ci sono mille città di fuoco…

…Vidi serpenti simili a lunghi tronchi di palma, e scorpioni grandi come muli. Vidi settantamila pozzi di freddo pungente. Vidi donne in lacrime, piene di dolore, gridano ma nessuno le ascolta, supplicano ma nessuno ne ha pietà.

 

Chiesi: «Fratello mio, Gabriele, chi sono queste donne?» Rispose: «Sono le donne che si adornano per altri uomini, diversi dal loro marito». Vidi donne che portano calzoni di catrame, al collo catene e chiavistelli. Chiesi: «Fratello mio, Gabriele, chi sono?» Rispose: «Sono le donne che disprezzano il marito e dicono: com’è orribile il tuo viso; oppure: com’è ripugnante il tuo corpo; oppure: com’è nauseabondo il tuo odore.

 

Ma colui che ha creato loro, ha creato anche i loro mariti, Egli è l’unico Dio. Non lo sapevano, forse?».

Vidi donne con il volto in fiamme, la lingua pendula sul petto. Chiesi: «Fratello mio, Gabriele, chi sono?»

 

Rispose: «Sono le donne che, senza un motivo, chiedono al marito di ripudiarle». Vidi donne appese per i capelli, le cervella ribollivano come bolle il cibo in una pentola.

 

Chiesi: «Fratello mio, Gabriele, e queste donne chi sono?» Rispose: «Sono le donne che non celano i capelli agli estranei». Vidi donne appese per i capelli, i seni incatenati con ceppi di fuoco. Chiesi: «Fratello mio, Gabriele, chi sono?» Rispose: «Sono le donne che allattano i figli degli altri senza avere avuto il permesso dal marito».

 

Vidi delle donne con i piedi sulla lingua e le mani sulla fronte. Chiesi: «Fratello mio, Gabriele, chi sono?» Rispose: «Sono le donne che non si comportano bene nell’intimità, non adempiono all’abluzione legale, luride negli abiti e nel corpo, non si lavano dopo il mestruo né quando sono in stato di impurità maggiore; e non rispettano la preghiera tanto da trascurarne l’orario». Vidi donne sorde, mute e cieche che stavano dentro arche di fuoco, e dal loro cervello usciva un muco come quello che esce dal naso. Avevano i corpi putrefatti, mutilati dall’elefantiasi e dalla lebbra…

La descrizione infernale prosegue con descrizioni sempre più violente e terrificanti. Al termine dell'articolo potrete trovare il Link del testo completo.

 

Torniamo invece a Maometto, al punto in cui chiede all’Angelo notizie sull'origine e sulla struttura dell’Inferno:

 

Allora io gli dissi: «Tu dici il vero, ma ora ti chiedo di rispondere a una mia domanda». E lui disse: «Lo farò volentieri».

«Dimmi dunque com’è fatto l’inferno, e come sono fatti gli angeli che vi stanno e che vita vi conducono.» E subito prese a narrare: «Sappi, Maometto, che non appena creò l’inferno, Dio accese su di esso un fuoco che bruciò per settantamila anni, finché quel fuoco divenne tutto rosso. E poi sopra quel fuoco ne accese un altro per un tempo pari a quello, finché divenne tutto bianco. E dopo sopra quel fuoco ne accese un altro che durò per altri settantamila anni, finché divenne tutto nero, e più di ogni altra cosa oscuro.

 

E quel fuoco arde sempre in se stesso con una forza mirabile, ma senza gettare alcuna fiamma. Quanto agli angeli infernali, dei quali domandi, sappi che Dio li ha creati dal fuoco e che nel fuoco si nutrono. E se uscissero dal fuoco per un’ora soltanto, ne morirebbero, non potendo vivere senza di esso: così come i pesci senz’acqua. E come i pesci Dio li fece muti e sordi, e mise nei loro cuori tanta durezza e crudeltà che nessuno varrebbe a ridirlo: essi infatti non sanno far altro che torturare crudelmente e affliggere i peccatori. E Dio li fece muti e sordi affinché non udissero le voci e i lamenti dei peccatori che tormentano.

 

E li fece tanto crudeli affinché, se accadesse loro di vedere in qualche peccatore segni di pentimento, non ne tenessero alcun conto e non ne avessero pietà alcuna. I peccatori, oltre la pena del fuoco dell’inferno, ne hanno un’altra amarissima: perché gli angeli infernali li torturano e li battono ferocemente con enormi magli di ferro, a causa della loro grandissima crudeltà, come dice Dio nel Corano: “Ponemmo nell’inferno i nostri angeli forti e duri e crudeli affinché compissero e osservassero quel che noi comandammo; ed essi ci obbediscono in tutto”. E quando il tesoriere mi ebbe riferito tali cose, io e Gabriele lo lasciammo con non poco spavento. E proseguimmo oltre, fino a giungere al primo cielo, che è detto della luna.

 

Molto interessante, a mio avviso, il passaggio nel quale Malik descrive Dio che accende tre fuochi per nutrire gli Angeli infernali.

 

Tre fuochi di colori differenti: Rosso, Bianco e Nero.

Troveremo questa identica sequenza di colori nel XXXIV Canto dell’Inferno dantesco, riferita ai colori delle tre facce presenti sulla testa di Lucifero.

Si tratta di una sequenza che descrive, invertendoli, i colori delle note fasi alchemiche, Nero, Bianco e Rosso, Nigredo, Albedo e Rubedo.

 

Si potrebbe ipotizzare che una sequenza alchemica descritta al contrario, associata ai due ambienti infernali, possa rappresentare una sorta di contro iniziazione o di percorso associato alla dimensione demoniaca, una sorta di inversione simbolica del processo che, se condotto correttamente, dovrebbe portare alla Vera Luce.

 

 

 

 

Nel prossimo articolo metteremo a confronto le strutture topografiche descritte nella della Divina Commedia e nei testi arabi.

 

Per chi desiderasse approfondire rimandiamo al seguente Link:

https://iris.unive.it/retrieve/handle/10278/31579/21096/viaggio_notturno.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 07/11/2020