Israele torna al voto

Oggi gli israeliani sceglieranno se rinnovare o meno il mandato al Likud di Netanyahu

In meno di due anni si va nuovamente al voto. Quest’oggi ci sarà la quarta sfida che l'opposizione lancia a Netanyahu, il premier più longevo della storia politica di Israele. Ma finora nessuno è riuscito scalzare il 'Mago', come lo chiamano i suoi sostenitori, che oggi può portare all'incasso anche la cambiale della maggiore campagna vaccinale anti covid al mondo.

 

Per contro invece i suoi detrattori, i quali lo accusano di corruzione, gli manifestano contro.

 

Il leader del Likud Netanyahu si ripropone di prolungare ulteriormente il suo attuale record di 12 anni consecutivi come primo ministro d’Israele.

 

Il problema tuttavia potrebbe riproporsi: la capacità di formare una coalizione di maggioranza in grado di avere alla Knesset, il parlamento israeliano, almeno 61 seggi su 120. E né Netanyahu né i suoi avversari al momento li hanno in tasca. Tutto dunque, come nelle precedenti fasi post voto, è affidato alle capacità di manovra e su questo Netanyahu resta appunto un mago.

Le principali sfide alla sua leadership vengono dal partito centrista “Yesh Atid” di Yair Lapid, dall’ala destra colonialista “Yamina” di Naftali Bennet e dal partito “Nuova Speranza” fondato a dicembre dall’ex ministro del Likud Gideon Sa’ar.

 

In Israele si elegge la Knesset monocamerale di 120 seggi con un sistema elettorale proporzionale a collegio unico nazionale, con liste bloccate e uno sbarramento d’ingresso che è stato progressivamente portato al 3,25% – non ha mai avuto governi monocolore, ma sempre governi di coalizione con la partecipazione di più partiti tali da ottenere la fiducia di almeno 61 parlamentari.

Il Likud, il partito di centro-destra del premier Netanyahu, ha raggiunto un nuovo picco nel sondaggio finale realizzato per i quotidiani Jerusalem Post e Maariv.

Le precedenti elezioni anticipate della Knesset si sono tenute il 9 aprile 2019, il 17 settembre 2019 e il 2 marzo 2020.

Il sondaggio assegna 30 seggi al Likud, tre in più rispetto ai 27 della scorsa settimana. Tutti i principali sfidanti di Netanyahu perdono consensi rispetto al precedente sondaggio.

 

Tuttavia, come nelle elezioni precedenti, anche questa volta il fulcro del problema risulta essere il rapporto astioso che vi è tra i partiti della destra ebraica. Tutto gira attorno ad una questione irrisolta, ovvero se confermare la leadership o meno a Benjamin Netanyahu. Secondo gli ultimi sondaggi israeliani Netanyahu non vedrebbe rivali, ma i numeri risulterebbero comunque insufficienti per riuscire a formare una coalizione solida a governare il Paese. In suo soccorso vengono dunque i partiti ortodossi e ultraortodossi della destra sionista, che insieme aggiungerebbero al blocco di Netanyahu altri 15 seggi. Anche il partito di estrema destra di Bezalel Smotrich potrebbe aggiungere alla coalizione di centrodestra altri 4 seggi, se solo non fosse che la sua presenza in parlamento è messa in dubbio dalla soglia di sbarramento che rischia di non superare.

 

Ed ecco qui arrivare al vero dramma di Benjamin Netanyahu: i partiti di Gidon Saar e di Naftali Bennett, due partiti dichiaratamente di destra e dichiaratamente contro il governo attuale, potrebbero risolvere il tutto aggiungendo rispettivamente 9 seggi alla coalizione del centrodestra, permettendo così al Primo Ministro in carica di continuare a governare indisturbatamente per altri quattro anni. Tuttavia, entrambi sembrerebbero non averne alcuna intenzione.

 

Un altro dramma della politica israeliana è quello della sua sinistra storica. Se il blocco di destra si rappacificasse e unisse le forze, infatti, potrebbe tranquillamente superare i 61 seggi. Quello di sinistra, invece, pare proprio non esserne in grado. Secondo molti opinionisti politici, il blocco di sinistra pare essere in via di estinzione. Il Partito Laburista Israeliano è stato a lungo il partito di centrosinistra dominante in Israele (il partito di David Ben Gurion, Moshe Dayan, Golda Meir, Shimon Peres, Yitzhak Rabin), ma in questi ultimi anni ha visto la sua popolarità calare costantemente.

 

Il vecchio partito di Rabin, oggi sotto la guida di Meirav Michaeli, ottiene nei sondaggi 6 soli seggi. Il partito di estrema sinistra di Nitzan Horowitz, invece, si batte per superare la soglia di sbarramento e ottenere così 4 seggi per entrare in Parlamento.

Ed è proprio la soglia di sbarramento su cui vale la pena soffermarsi un attimo e precisare che, in queste elezioni più che mai, potrebbe fare il bello e il cattivo tempo all’interno della Knesset. Basta infatti che uno dei partiti citati non ricevesse il numero di voti necessari per superare la soglia di sbarramento per vedersi fuori dal parlamento; ed ecco che tutti i blocchi ipotetici formati dai sondaggi verrebbero in un attimo annullati. Gli israeliani potrebbero quindi tornare alle urne per la quinta volta e rieleggere i propri rappresentati con la triste convinzione che nulla li possa ormai salvare dall’instabilità governativa: un prezzo da pagare in nome della democrazia. L’unica, peraltro, in Medio Oriente.

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Articolo pubblicato il 23/03/2021