Il perdono tra il ri-cord-are e il di-menti-care

Quando possiamo dire di avere davvero perdonato?

Abele e Caino s’incontrarono dopo la morte di Abele.
Camminavano nel deserto e si riconobbero da lontano, perché erano ambedue molto alti.
I fratelli sedettero in terra, accesero un fuoco e mangiarono.
Tacevano, come fa la gente stanca quando declina il giorno.
Nel cielo spuntava qualche stella, che non aveva ancora ricevuto il suo nome.
Alla luce delle fiamme, Caino notò sulla fronte di Abele il segno della pietra e lasciando cadere il pane che stava per portare alla bocca chiese che gli fosse perdonato il suo delitto.
Abele rispose: “Tu mi hai ucciso, o io ho ucciso te? Non ricordo più; siamo qui insieme come prima.”
“Ora so che mi hai perdonato davvero” disse Caino. (
Jorge Luis Borges)

 

Sì, l’unica forma di perdono vero sta nel lasciar andare, nell’imparare a non ri-cor-dare il torto subito o quello che noi consideriamo tale: si tratta di metabolizzare il pensiero attraverso le vie del cuore, cioè fare in modo che la mente (notoriamente mentitrice perché ognuno di noi vive ogni episodio in modo soggettivo quindi non oggettivo in presenza di altri) smetta di elaborare dati legati a una ipotetica realtà contingente e offensiva.

Quante volte siamo stati offesi dal tono di una frase a noi rivolta le cui parole dette in modo meno aggressivo (sempre secondo noi) sono del tutto accettabili?

È la mente, con il suo bagaglio di esperienze più o meno gradevoli, che la fa da padrona mentre noi siamo i suoi servitori…

È l’uso sistematico della funzione trascendente del cuore che ci aiuta a per-donare; cioè donare, attraverso la nostra comprensione, l’accoglienza all’altro.

Ciò che personalmente trovo più difficile è perdonare me stessa: ci ho pensato a lungo, ma l’idea di cadere in un atteggiamento mentale inappropriato mi secca parecchio.

Fortunatamente ho uno spiccato senso dell’umorismo e dopo aver dato mille spiegazioni logiche a miei comportamenti non proprio “perfetti” trovo il modo di vedere la parte ironica delle situazioni e spesso di sorridere dei miei errori. Accolgo queste immagini nel mio cuore e le per-dono. Almeno, ci provo!

D’altra parte tutti ricadiamo più o meno frequentemente e profondamente nei peccati capitali e io da buona “peccatrice” riporto quanto scritto nel mio bambino di carta dal titolo “Virtù dei vizi” che con i contrasti non solo esteriori, ma anche interiori in ogni persona che si viva nella totalità, sono ben presenti.

 

Il vostro orgoglio vi rende sicuri del vostro potere

Il nostro orgoglio ci rende liberi dall’apparire

La vostra accidia vi rende certi dei vostri credo

La nostra accidia ci aiuta a non competere

La vostra invidia vi rende ladri di idee

La nostra invidia ci rende cercatori di verità

La vostra lussuria vi rende preda degli istinti

La nostra lussuria anima solo le nostre notti

La vostra ira grida le vostre ragioni

La nostra ira alimenta il nostro desiderio di giustizia

La vostra gola vi rende ingordi di benessere

La nostra gola ci rende bramosi di sapere

La vostra avarizia vi tiene prigionieri del denaro

La nostra avarizia ci fa trattenere i ricordi dei giorni felici

E tra il “noi” e il “voi” c’è una felice quotidiana alternanza: ognuno di noi alterna le due istanze perché non siamo fatti di pura luce… il nostro corpo proietta ancora un’ombra.

 

La nostra vita dalla nascita si svolge su tre punti focali.

Il nostro primo centro è l’ombelico da cui riceviamo nutrimento materno durante tutta la gestazione; poi nascendo affrontiamo la separazione e il riconoscimento dell’altra, la madre non più in totale unità e il cuore esprime il sentimento di amore.

L’ambiente e l’interazione con gli altri ci obbliga da bambini alla comprensione delle leggi che regolano la vita attraverso il ragionamento e il centro dal cuore viene portato nella mente…

Si tratta di tenere vivi i tre centri in modo equilibrato: il solo ragionamento senza le altre due istanze diventa freddo e non utile all’evoluzione.

 

La mente, quella che trattiene le immagini, è in continuo movimento tra un polo e l’altro per cui non è facile apprendere a far silenzio interiormente, poiché solo scendendo negli abissi profondi della mente, affrontando un simpatico inferno di paure, conflitti e sofferenze, si può intravedere qualche sprazzo di vuoto: un luogo dove è possibile ascoltare la Voce, quella che proviene dal cuore, ma che formula nella mente le parole a noi comprensibili.

Il luogo dove incontriamo il Perdono con la P maiuscola: il perdono delle nostre imperfezioni.

Solo attraverso questa dinamica è possibile raggiungere quell’equilibrio che ci fa vivere senza il bisogno di trattenere dentro di noi immagini di torti su cui rimuginare e ci rende liberi di poter amare senza condizioni a ogni pulsazione del nostro cuore.

Libertà dai condizionamenti della mente e immersione totale nel cuore: attraverso questa forma d’amore incondizionato verso la divinità, perdonando e soprattutto perdonandoci, superando il pesante muro della materia, cogliamo la possibilità di avvicinarci alle sorgenti della vita che - come il Sacro Graal è nascosto per essere protetto nella dimensione terrena - nel momento in cui si disvelano riconnettono l’umanità alla sua vera natura eterna.

Libertà dai dogmi, dagli schemi rigidi, dai condizionamenti della mente sono le uniche vie per poter davvero ritornare a ricongiungerci con il divino amando senza condizioni, perdonando e perdonandoci.

In un periodo storico in cui invece di percepire Dio che si è fatto uomo, abbiamo capovolto il concetto innalzando l’uomo a dio e legandolo sempre più alla ricchezza materiale, non c’è da stupirsi quando vediamo una élite di ricchi che impone leggi prive di rispetto per chi appellandosi alla Costituzione invoca il diritto alla libertà, al lavoro e alla salute, quella vera.

 

Immagine: acquerello di Chiara Rota

 

 

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Articolo pubblicato il 13/05/2021