Napoleone : il primo Presidente della Repubblica Italiana

Nell'anniversario dalla morte del grande condottiero corso riscopriamo una figura fondamentale per l'Unità d'Italia.

Napoleone Buonaparte (registrato erroneamente dai francesi come Bonaparte), tutti lo ricordiamo come un grande generale francese che invase la nostra penisola, depredandola e portando tutto a Parigi.

In realtà fù un personaggio storico ben più complesso. Sicuramente occorre sfatare subito un mito d'Oltralpe, ovvero il fatto che la sua identità culturale fosse francese. Va ricordato infatti che Napoleone non solo ha sempre parlato e scritto in italiano fluentemente (parlandolo da sempre in famiglia), ma scriverà, fino alla fine dei suoi giorni, con un francese un po' sgrammaticato; e in cuor suo, sentirà sempre un profondissimo legame con l'Italia, a tal punto da designare il suo erede, Napoleone II, con il titolo di "Re di Roma". Ponendo al Quirinale la futura sede del suo Impero.

Così come il suo grosso esercito (la Grande Armèe), nelle fasi più cruciali, fu da lui diviso in due grandi gruppi, uno posto sotto il tricolore francese, e l'altro sotto quello italiano.

Se vogliamo, infatti, le attuali Forze Armate italiane, più che eredi dei Savoia, sono eredi del glorioso esercito di Napoleone (in egual misura di quello francese). 

Molti pensano a Napoleone solo come ad un "Imperatore dei Francesi"; pochi, o forse nessuno, lo ricordano invece come primo Presidente della Repubblica Italiana (nel 1802), con tanto di tricolore. Così come, tre anni dopo (nel 1805, nel Duomo di Milano), fu il primo Re d'Italia della storia contemporanea.

Quello dell'Italia fu l'unico caso in cui Napoleone in persona si mise a capo di una "repubblica sorella" o di un "regno fraterno" della Francia imperiale dei lumi. Sui troni d'Europa solitamente amava porre membri della propria famiglia.

Il grande condottiero corso, di aristocratiche origini pisane, aveva un profondo legame con l'Italia. Egli fu forse il primo grande Padre della Patria contemporanea, e sicuramente, se a fine ottocento vi furono i Padri del Risorgimento, lui, ad inizio XIX sec. , ne fu certamente il "Nonno" ed anticipatore. 

 

Ma cosa rappresentò davvero Napoleone per l'Italia e per l'Europa del suo tempo? 

Qualsiasi risposta non può prescindere dalle origini della famiglia Buonaparte, risalenti fino ad una Firenze medioevale dilaniata dal confitto fra guelfi e ghibellini.

Nel XIII secolo un antenato di Napoleone, ghibellino convinto, fu proscritto, costringendo la famiglia all’esilio a Sarzana e a San Miniato, dove rimase fino all’inizio del Cinquecento, quando Guglielmo Buonaparte emigrò in Corsica, allora genovese.
Ugualmente di antica origine italiana, e più precisamente lombarda, era la famiglia della madre di Napoleone, Maria Letizia Ramolino, la futura "Madame Mère" che tanto significò nell’educazione sentimentale dei Bonaparte.

I legami con i luoghi d’origine durarono a lungo, tanto che più di due secoli dopo il padre di Napoleone fu proclamato dottore in diritto all’Università di Pisa con la qualifca di «nobile patrizio sanminiatese, florentino et corso». Del resto, la Corsica, pur con tutte le sue peculiarità insulari che la distinguevano dagli altri Stati italiani (la presenza di un forte movimento indipendentista guidato da Pasquale Paoli) era considerata a tutti gli effetti un territorio italiano. 

L’Italia, non la Francia, era stata fino ad allora il riferimento obbligato per i corsi, a partire dal confitto con Genova. In una lettera a Paoli la sconftta subita dai corsi a opera dei francesi (nel 1769) è ricordata ancora nel 1787 dal diciottenne Bonaparte come una tragedia: «Je naquis quand la Patrie périssait». La nostalgia per la Corsica, sospesa fra le coste italiane e francesi, durò per tutta la vita, così come dell' isola natìa mantenne fino alla fine la concezione del clan familiare italico quale valore imprescindibile, da preservare a qualunque costo.

Nel 1796 la Penisola italica, da secoli priva di una nazione propria, era dominata in massima parte da potenze straniere e divisa in una moltitudine di Stati. 

Insomma, dal '500 una terra spartita dalle potenze europee: l’Inghilterra in primis, per la quale era essenziale ai fini del controllo del Mediterraneo e delle rotte verso l’Oriente; e persino la Russia, in ragione della sua prossimità ai Balcani.

Era impossibile quindi muoversi in Italia senza prima scontrarsi con gli interessi geopolitici europei.

Poi arrivò Bonaparte, che dal marzo 1796 all’aprile dell’anno successivo il generale ventisettenne spazzò la pianura padana da Nizza a Trieste con una strabiliante serie di vittorie sui piemontesi e sugli austriaci, la cui icona senza tempo resta l’immagine del giovane stratega sul ponte di Arcole dipinta da Gros, il viso affilato da eroe romano proteso verso la vittoria. È a Lodi che Napoleone acquisì la consapevolezza di essere un predestinato. Ma non solo per questo l’Italia entrò prepotentemente nella vita di Bonaparte, ormai naturalizzato francese, ma non insensibile ai richiami di una terra che era stata della sua famiglia e che grondava ancora delle memorie delle virtù classiche di Roma antica ravvivate dal Rinascimento.

A questo si aggiungeva il fascino di quell’epoca, di cui si nutriva il neoclassicismo, il quale era vivissimo soprattutto in Francia, dove si accompagnava al modello di virtù repubblicane esaltato soprattutto dai giacobini.

Napoleone entrava trionfante a Milano, e portava nella Penisola il vento della libertà sollevato dalla grande
Rivoluzione. Questo percepivano i combattivi ma minoritari gruppi giacobini attivi 
nel paese, i patrioti, che speranzosi accolsero con entusiasmo le truppe napoleoniche, soprattutto nella prospettiva che apparve loro improvvisamente concreta dell’avvio di un rapido processo verso l’unifcazione e l’indipendenza dell’Italia.

Fu in questo clima di entusiasmo che l'imperatore aiaccino potè edificare prima la Repubblica Cisalpina (una denominazione che rivelava l’importanza attribuita al richiamo di Roma antica rispetto alla quale veniva definita, "al di quà delle Alpi"); e successivamente, la prima Repubblica Italiana della storia.

 

Ma il sistema eretto da Napoleone in Italia non poté che condividere le sorti di quello europeo, travolto nel 1814. La dissoluzione assunse forme diverse, dal linciaggio a Milano del ministro delle Finanze Prina ad opera della populace antifrancese al velleitario tentativo di Murat, pur forte di una base di consenso maturata grazie all’azione modernizzatrice del suo governo, di mantenere il suo Regno e di farne il motore di un processo volto a conquistare l’indipendenza dell’intera Penisola a dispetto delle potenze della Restaurazione, progetto svanito definitivamente (pochi mesi dopo Waterloo) con la sua fucilazione a Pizzo Calabro. 

Tuttavia, pur sconfitto "manu militari", il Bonapartismo non sarà sconfitto dalla Storia. 

Certamente enorme e duratura fu l’eredità che lasciò all’Italia. I sovrani della Restaurazione non poterono, né in qualche misura vollero, annullare i frutti della sua azione modernizzatrice.

Napoleone nell'Italia del Nord e Murat nell'Italia del Sud, ebbero il grande merito di introdurre per primi elementi di modernità giuridica, nonchè il primo tentativo concreto di unità nazionale.
E i patrioti che, poco dopo la caduta di Napoleone(1815), avviarono il Risorgimento (nei vari moti, dal 1820-21 fino al 1848) erano passati, non pochi di persona, attraverso l’epopea napoleonica. Tutti, anche quelli della generazione successiva, comunque ne porteranno, indelebile, il segno.

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Articolo pubblicato il 28/05/2021